Evo 2: l'IA che legge i genomi e definisce il futuro delle coltivazioni

Nelle mani giuste può contribuire a salvare vite e nutrire il pianeta ma in quelle sbagliate potrebbe diventare un’arma.

di Nunzio D’Agostino
  • 23 April 2025

Immagina di aprire un libro antico, scritto in un linguaggio misterioso fatto non di parole, ma di lettere – A, T, C, G – ripetute all'infinito in combinazioni che sfuggono alla nostra piena comprensione. Questo libro è il DNA, una lunga sequenza di basi azotate che racchiude le istruzioni fondamentali per costruire e far funzionare ogni essere vivente. Un testo tanto ordinato quanto enigmatico, di cui abbiamo imparato a decifrare soltanto alcune frasi. Il resto? Un intricato codice ancora da interpretare, un poema biologico scritto dalla natura nel corso di miliardi di anni.
L’intelligenza artificiale (IA), creatura moderna di silicio e logica, ha dimostrato una sorprendente affinità con ogni forma di testo. Che si tratti di parole pronunciate dagli uomini o di quelle scritte dalla vita stessa nel linguaggio del DNA, l’IA entra in scena non solo come un lettore instancabile, ma come un interprete lucido e visionario. In questo vasto universo di lettere e simboli, decifra alfabeti e strutture, osserva, confronta, riconosce.
Il cuore pulsante dell’intelligenza artificiale è la cosiddetta macchina di apprendimento, un’entità che si comporta come un allievo curioso e tenace. All’inizio del suo cammino, questo allievo si trova spaesato di fronte a un sapere complesso e ancora indecifrabile. Le domande che gli vengono poste gli appaiono come enigmi senza chiave, e le sue risposte, spesso imprecise, sono tentativi incerti di orientarsi in un mondo che ancora non conosce. Ma ogni errore che commette non è una sconfitta: è un’occasione per imparare. Ogni correzione ricevuta è una lezione, ogni fallimento un passo avanti. A poco a poco, l’allievo inizia a riconoscere regolarità e schemi, a collegare i concetti, ad affinare il proprio sguardo. Con pazienza, attraverso la riflessione e la ripetizione, costruisce una comprensione sempre più profonda del mondo che lo circonda.
Allo stesso modo, la macchina di apprendimento si nutre di dati come se fossero esperienze vissute. Li analizza, li osserva, li scompone e ricompone. Individua schemi ricorrenti, scopre relazioni invisibili, e da esse apprende. Con ogni nuova informazione ricevuta, affina le sue capacità, fino a trasformare l’incertezza iniziale in padronanza. È un processo che richiama da vicino il percorso di ogni allievo: imparare dagli errori, migliorarsi con l’esperienza, crescere attraverso l’incontro con ciò che non si conosce. E quando ha imparato abbastanza, questa mente artificiale riesce a compiere ciò che un tempo sembrava impossibile: rispondere a domande complesse, intuire soluzioni, e generare previsioni.
Nel mondo dei linguaggi naturali, l’IA è oggi in grado di comprendere il significato profondo, di tradurre da una lingua all’altra, di sintetizzare pagine intere in pochi pensieri, e di generare nuovi racconti coerenti e sensati, come farebbe un narratore esperto. Ma è nella biologia, e in particolare nello studio del DNA, che questa intelligenza mostra forse il suo volto più visionario. Laddove la vita si esprime attraverso un alfabeto di sole quattro lettere, l’IA analizza le biosequenze, individua regioni funzionali, prevede mutazioni, confronta il DNA di specie diverse. In questo antico manoscritto che è il DNA, essa riconosce i capitoli che si ripetono, le correzioni a margine, le evoluzioni dello stile. E nel farlo, contribuisce in modo straordinario a decifrare quel libro misterioso che è il codice della vita.
Uno dei risultati più impressionanti della simbiosi tra biologia e tecnologia è Evo 2, un avanzatissimo modello di intelligenza artificiale generativa, sviluppato dall’Arc Institute in collaborazione con NVIDIA e prestigiosi centri di ricerca come Stanford e UC Berkeley, e rilasciato al pubblico il 19 febbraio 2025. Evo 2 è un vero e proprio oracolo bioinformatico: è stato allenato su più di 9,3 trilioni di nucleotidi (lettere), provenienti da oltre 128.000 genomi, un compendio vivente dell’intero albero della vita, dagli esseri umani ai batteri. Questo gigantesco corpus ha donato a Evo 2 una comprensione profonda del linguaggio genetico. Non solo sa leggere le sequenze codificanti - quelle che producono le proteine - ma comprende anche le regioni più criptiche e inaccessibili del genoma: le sequenze non codificanti, che regolano l’attivazione dei geni, come direttori d’orchestra invisibili. Il risultato? Una macchina capace di prevedere mutazioni, riscrivere porzioni di genoma, generare nuove sequenze di DNA, e persino progettare microrganismi da zero.
Sebbene le potenzialità di Evo 2 siano spesso accostate alla medicina e alla biologia sintetica - dalla scoperta di varianti genetiche legate a patologie allo sviluppo di terapie personalizzate, fino alla progettazione di organismi bioingegnerizzati - il suo impatto promette di andare ben oltre questi ambiti, aprendo scenari inaspettati anche nel mondo dell’agricoltura.
Nel campo dello studio dei genomi vegetali, Evo 2 potrebbe rappresentare una svolta epocale. Dove un tempo il miglioramento genetico era affidato a processi lunghi, incerti e costosi, oggi l’IA rende possibile immaginare un futuro in cui la genetica agraria diventi quasi una scienza esatta. Con Evo 2, sarà presto possibile analizzare in profondità il DNA delle piante, prevedere con grande accuratezza la loro resistenza ai parassiti e agli stress ambientali, identificare alleli rari nascosti nelle varietà selvatiche o tradizionali, integrare dati genomici e fenotipici con una precisione quasi chirurgica, simulare incroci virtuali e selezionare preventivamente le combinazioni genetiche più promettenti. Una vera e propria bussola scientifica per orientarsi in un mare di informazioni genetiche.
Evo 2 si presenta come una risorsa preziosa per la comunità scientifica: rilasciato come software open-source, è liberamente accessibile, modificabile e integrabile in diverse piattaforme e pipeline bioinformatiche. Questa natura aperta non è solo una scelta tecnica, ma un invito alla collaborazione: consente ai ricercatori di tutto il mondo di personalizzarlo secondo le proprie esigenze, combinandolo con altri strumenti per esplorare i dati genomici con una precisione e una profondità senza precedenti. Sebbene non abbia ancora avuto l’occasione di applicare direttamente Evo 2 nelle mie ricerche e di sperimentarne appieno le potenzialità, sono fermamente convinto che si tratterà di uno strumento rivoluzionario per la comunità scientifica. Rimando ad una prossima comunicazione, in cui spero di poter condividere i risultati concreti e le nuove prospettive emerse da un utilizzo più approfondito della piattaforma.
Eppure, come ogni strumento potente, anche Evo 2 porta con sé ombre e interrogativi. Le sue capacità generative -la possibilità di generare DNA artificiale o modificare quello naturale - pongono seri dilemmi etici e di biosicurezza. Se nelle mani giuste Evo 2 può contribuire a salvare vite e nutrire il pianeta, in quelle sbagliate potrebbe diventare un’arma. I suoi stessi creatori, pur evitando accuratamente di includere genomi patogeni nel processo di addestramento, mettono in guardia: la natura open-source del modello apre le porte anche a usi non regolamentati, esperimenti pericolosi, o peggio, intenzionalmente dannosi.
Il progresso scientifico, come il fuoco, illumina e riscalda, ma può anche bruciare. Sta a noi scegliere di alimentarlo con consapevolezza, responsabilità e visione.