Ionomica e lipidomica per migliorare la nutrizione delle piante, l’esempio dell’olivo e dell’olio

di Silverio Pachioli
  • 09 April 2025

Mentre i termini di genomica e proteomica sono ormai entrati nel nostro lessico quotidiano, ancora non risultano ben diffusi i concetti di lipidomica e di ionomica.
La lipidomica studia la componente lipidica cellulare (lipidoma), la sua funzione e le interazioni spaziali e temporali tra le varie molecole lipidiche al fine di determinare i cambiamenti dinamici dei lipidi durante le perturbazioni fisiologiche o patologiche (Reverberi M., 2022). L’influenza sulla composizione lipidica di membrana nelle piante di fattori ambientali avversi, come ad esempio la carenza di nutrienti (in particolare azoto e fosforo), lo stress termico (es. caldo, freddo), l’eccessiva salinità e la siccità è stata ampiamente dimostrata. Ad esempio, la carenza di azoto può comportare una diminuzione del contenuto di fosfolipidi, un aumento di alcuni galattolipidi, un aumento degli acidi linoleico e linolenico e una diminuzione dello stearico e dell’oleico. Ciò appare di estremo interesse poiché, ad esempio, una variazione del contenuto lipidico delle membrane può alterare la termostabilità fotosintetica durante l’innalzamento di temperatura, con gravi ripercussioni sulla fisiologia della pianta (es. attività dei fotosistemi).
Lo ionoma è la composizione di tutti gli elementi inorganici, compresi i nutrienti, di un organismo. La ionomica è lo studio della composizione elementare degli organismi e dei cambiamenti in questa composizione in risposta a stimoli fisiologici, stato di sviluppo e cambiamenti genetici.  La ionomica ha permesso, con successo, la scoperta di geni cruciali, nonché dei percorsi responsabili della regolazione delle concentrazioni di nutrienti minerali e oligoelementi nelle piante responsabili della tolleranza agli stress biotici e abiotici. Questi geni possono essere utilizzati per creare colture ad alto valore nutritivo e con una maggiore resistenza agli stress ambientali attraverso l'editing genomico o l'ibridazione molecolare.
Lo stato nutrizionale dei vegetali può svolgere un ruolo decisivo nel determinare la suscettibilità o la resistenza verso i patogeni e/o le avversità abiotiche.
Gli elementi minerali sono direttamente coinvolti nei sistemi di protezione come componenti strutturali e/o regolatori metabolici; essi attivano, principalmente, gli enzimi coinvolti nella sintesi di metaboliti di difesa (callosio, glucosinoalti, fitoalessine, lignina, fenoli, ecc.). Indirettamente modificano l’attività microbica, la composizione degli essudati radicali e il pH della rizosfera.
I macroelementi primari (azoto, fosforo e potassio), i tre macronutrienti secondari (calcio, zolfo e magnesio) e i micronutrienti (boro, manganese, ferro, zinco, rame e silicio) sono particolarmente importanti per lo sviluppo armonico della pianta e per la resistenza alle malattie. L’azoto, nelle forme NH4+ o NO3-, può stimolare/ridurre la crescita del patogeno e/o influenzare l'elicitazione e la distribuzione delle sostanze di difesa secrete dalle piante. La nutrizione azotata influenza favorevolmente anche i sistemi antiossidanti delle piante che svolgono un ruolo chiave nelle risposte endogene di difesa (es. foto-ossidazione). Gli enzimi antiossidanti includono superossido dismutasi (SOD), catalasi (CAT), ascorbato perossidasi (APX), glutatione reduttasi (GR) e POD (perossidasi). Questi riducono i ROS e li rendono meno tossici per le membrane cellulari delle piante.
Allo stesso modo il potassio è fondamentale per la crescita e il metabolismo delle piante e contribuisce alla sopravvivenza in situazioni di stress biotici, in particolare mediante la sua azione su diversi sistemi enzimatici. Svolge un ruolo cruciale nella sopravvivenza delle piante coltivate in condizioni di stress ambientali. L’elemento è essenziale per molteplici processi fisiologici, come la fotosintesi, la traslocazione dei fotosintati verso gli organi sink, il mantenimento del turgore cellulare e l'attivazione di enzimi in condizioni di stress. Una sua carenza causa una grave riduzione della fissazione fotosintetica della CO2 e un’alterazione della ripartizione e dell'utilizzo degli elaborati fotosintetici. Tali disturbi provocano un surplus di elettroni inutilizzati che vengono trasferiti verso l’ossigeno stimolando la produzione di ROS (Reactive Oxygen Species). Fondamentali risultano anche le sue funzioni ormoregolatrici nelle colture: regola la conduttanza stomatica e l’assorbimento di acqua; ottimizza l’efficienza nell’utilizzo dell’acqua delle colture (Water Use Efficiency-WUE).
In generale, un particolare nutriente può avere impatti opposti su diverse avversità e in ambienti diversi, ossia può aumentare l'incidenza di una malattia, ma allo stesso tempo può diminuire quella di altre. Nell’olivo, un’eccessiva applicazione di concimi azotati può aumentare l’incidenza delle infestazioni di Saisettia oleae e Palpita vitrealis, probabilmente per una variazione della composizione dei succhi cellulari e/o a causa dell’emergenza di numerosi nuovi germogli teneri facilmente attaccati dai due fitofagi. Anche il silicio sembra ridurre nell’olivo l’incidenza degli attacchi del cicloconio, oltre a migliorare i tassi fotosintetici e la tolleranza allo stress idrico in condizioni di siccità.
Il contenuto di acidi grassi liberi è un parametro primario per la qualità dell'olio extravergine d'oliva, determinandone il valore di mercato e l'idoneità al consumo umano. Inoltre, esiste una frazione di microcostituenti, i due acidi grassi polinsaturi essenziali (PUFA) linoleico (C18:2 omega-6) e linolenico (C18:3 omega-3), fitosteroli, squalene, tocoferoli e composti fenolici, che sono ampiamente riconosciuti per il loro contributo alla salute dei consumatori e alla conservazione dell’olio. Su questi componenti influiscono principalmente la cultivar, la zona di produzione (clima e terreno), l’annata, la produzione, le tecniche colturali e i processi di trasformazione delle olive. La fertilizzazione può modificare la composizione dell’olio di oliva, ma risulta spesso difficile derivare una relazione diretta a causa delle molteplici e complesse situazioni ambientali e varietali e delle interferenze (sinergia-antagonismo) fra le altre tecniche colturali applicate all’oliveto, in particolare con l’irrigazione. La maggior parte degli studi sugli effetti della concimazione sulla qualità degli oli di oliva sembra essere in accordo che eccessi di azoto possono ridurre la concentrazione dei composti fenolici, fondamentali per gli aspetti sensoriali conferiti agli oli e per la shelf-life. Ciò, secondo il modello della competizione proteica, sarebbe legato all’amminoacido fenilalanina che fluisce preferenzialmente nella sintesi proteica piuttosto che verso la sintesi dei fenilpropanoidi.
I tocoferoli (soprattutto α-tocoferolo) e i pigmenti (clorofille e carotenoidi) sembrano avere una tendenza opposta. L’azione dell’azoto sulla composizione in acidi grassi sembra essere legata alla cultivar. In alcuni casi la frazione dei polinsaturi aumenta, mentre tende a diminuire in modo considerevole quella dell’acido oleico.
Per quanto riguarda l'applicazione di fosforo è stata riportata una minore influenza sulla qualità, sebbene sia stata osservata una diminuzione dei polifenoli in risposta a un'elevata fertilizzazione fosfatica, probabilmente perché un'elevata disponibilità dell’elemento ha aumentato l'accumulo di azoto. Il ruolo del potassio sembra essere controverso, con un effetto minore o nessun effetto sui componenti quali i polifenoli o il contenuto di acidi grassi.
Riguardo ai microelementi é stato dimostrato che un'applicazione ottimale di boro migliora la resa e la composizione degli acidi grassi, il contenuto totale di fenoli e i principali composti volatili.
In generale, date le difficoltà di trovare tendenze chiare nella risposta delle variabili misurate ai trattamenti con fertilizzanti, sono necessarie ulteriori prove sul campo, in particolare negli oliveti irrigui.