Guerra commerciale globale: l'Europa si svegli!

di Lorenzo Frassoldati*
  • 12 March 2025

Tra dazi annunciati, minacciati, rinviati, applicati e poi sospesi, la guerra commerciale globale è solo agli inizi. E nessuno sa quando e come finirà. Grande è la confusione sotto il cielo, diceva Mao. Se Trump alza i toni verso l’Europa su dazi e altro, se le minacce crescono di intensità oltre la buona educazione e i tradizionali rapporti di partenariato, un vantaggio c’è per l’Europa: metterla con le spalle al muro, togliere qualunque alibi per una reazione altrettanto decisa (e magari sgarbata). Ormai l’abbiamo capito, il messaggio è chiaro: Trump non vede altro interesse che quello del suo Paese, ed è deciso a perseguirlo costi quello che costi. L’Europa dovrà adeguarsi sulla stessa linea: pensare in prima battuta al proprio interesse, senza sconti per nessuno. Però, i margini di manovra esistono ancora per il nostro Paese. Una fase della globalizzazione, del mercatismo sfrenato, del multilateralismo comunque è finita. E’ alle porte un ciclo nuovo di scelte unilaterali dove chiaramente la nuova amministrazione USA vuole dare le carte per fare in primo luogo il proprio interesse e trovare compromessi (dopo trattative) con le altre economie.
Non c’è dubbio che tutto questo apre scenari inquietanti: le guerre commerciali hanno sempre causato tensioni fra Paesi, rallentamenti dell’economia, sicuramente spinte inflazionistiche. Tutto si confonde e si mischia a causa degli scenari geopolitici in evoluzione. Di due o tre cose si può essere certi: se cessa la guerra ai confini orientali dell’UE è un bene per tutta l’economia del Vecchio Continente, possono riprendere i commerci e il rallentamento dei costi di produzione darà respiro alle imprese. L’Europa dovrà definire una strategia comune consentendo alle imprese di poter continuare a produrre ed essere competitive e il tema delle molecole degli agrofarmaci è strategico e decisivo. Se l’Europa vuole tornare ‘amica’ delle imprese (come dice) deve consentire alle imprese di poter disporre dei mezzi di tutela dei raccolti, altrimenti senza prodotto si rischia di parlare di niente.
Giustamente il neopresidente di Confcooperative Fedagripesca, Raffaele Drei, ha chiesto una moratoria di 5 anni “in tema di fitofarmaci per contenere il gap competitivo che si sta acuendo tra la nostra agricoltura e quelle extra-UE dalle quali stiamo subendo effetti pesanti a causa di normative radicalmente diverse”. Serve una nuova PAC ‘rigenerata’ che dia nuovo slancio alle politiche dell’aggregazione (sistema OP) e che colpisca davvero (e non per finta) le pratiche sleali ai danni del mondo produttivo e che crei un terzo ‘pilastro’ per coprire e risarcire le catastrofi legate ai cambiamenti climatici. E serve andare avanti senza tentennamenti sulla rivoluzione tecnologica ‘buona’ delle TEA per rispondere alle sfide dei cambiamenti climatici. Ricordandosi che se serve una nuova PAC, vuole dire che con la PAC esistente l’Europa ha fallito, “la semplificazione a lungo invocata non è mai arrivata e spesso gli agricoltori si trovano a ricevere indicazioni operative quando i giochi, nei campi, sono già fatti”, ricorda il prof. Giorgio Cantelli Forti, presidente Accademia nazionale di Agricoltura.
L’Europa deve voltare pagina, finora ha sbagliato tutto. Questo è il vero problema di adesso, ancor più della paura dei dazi.

*direttore di Corriere Ortofrutticolo e corriereortofrutticolo.it