Il ferro è un
micronutriente essenziale per numerose funzioni biologiche di tutti gli esseri
Eucarioti e per buona parte dei Procarioti.
Le piante, per
assimilare l’elemento, hanno sviluppato due strategie, note come Strategia I e Strategia II. Tutte le dicotiledoni e le piante “non Graminacee” si
servono della prima tipologia, anche chiamata “strategia di riduzione”; le
Graminacee utilizzano, invece, il meccanismo della strategia II, nota come
“strategia di chelazione”. Questa prevede due fasi: la chelazione del metallo e
il trasporto all’interno della pianta.
In condizioni
di carenza di ferro le piante Graminacee rilasciano fitosiderofori, nella
rizosfera, che chelano l’elemento e lo trasportano, attraverso trasportatori
specifici, nella pianta.
Proprio come
per le piante, anche per patogeni il ferro risulta elemento essenziale. Una
volta che un agente patogeno (fungo, batterio) infetta la pianta, questa è la
sua unica fonte di ferro, che viene prelevato principalmente mediante
siderofori (catecolati, carbosilati, idrossimati). Sebbene il ferro sia
necessario si patogeni per infettare le piante ospiti e per proliferare al loro
interno, un eccesso può minacciare la sopravvivenza degli stessi, soprattutto
nella fase avanzata dell’infezione.
È
stato dimostrato che quando le piante sono “affamate” di ferro o in terreni
ferro-carenti, subiscono meno danni dal fungo necrotrofico Botrytis cinerea e da alcuni batteri.
Tutto ciò ha
portato a ipotizzare due possibili strategie utilizzate dalle piante per
difendersi dagli agenti patogeni. La prima prevede il sovraccumulo di ferro nei
punti dell’infezione; la seconda consiste nel privare i patogeni dell’elemento,
con una conseguente significativa limitazione della crescita di questi.
Il ferro
accumulato in eccesso sopprime drasticamente la crescita dei patogeni
attraverso un’esplosione di specie reattive dell’ossigeno (ROS), prodotte
principalmente attraverso la reazione di Fenton, che portano all’ossidazione di
biomolecole importanti, quali lipidi, proteine, DNA, con danneggiamento delle
strutture cellulari e, infine, morte cellulare dei microrganismi stessi.
Gli effetti
antifungini e antibatterici di alcuni sali di ferro (II) sono noti e già ampiamenti
dimostrati, così come appaiono interessanti prove effettuate su alcuni insetti
di importanza agraria.
Il concetto è
sempre lo stesso, ossia “innescare” la perossidazione lipidica di membrane
cellulari presenti in tutti i microrganismi e, in gran quantità, anche negli stadi
giovanili (uova e larve) degli insetti.
Inoltre, le
diverse specie reattive dell’ossigeno avviate dal ferro possono fungere da
induttori, a loro volta, dei sistemi di difesa endogeni della pianta ai
patogeni.
Interessanti
lavori sono stati già svolti su diverse malattie del riso (es. Magnaphorte orizae), Botrytis cinerea, alcuni funghi del
complesso dell’esca della vite, batteriosi, ecc.
Lo studio dei
fenomeni di ferroptosi e cuproptosi apre scenari affascinanti nella difesa
delle piante. Alcune prove, portate avanti anche dallo scrivente, hanno permesso
di verificare l’efficacia di diversi sali di ferro, in particolare su botrite e
su alcuni insetti parassiti di piante frutticole.