L’anno che si è da poco concluso e quello appena iniziato sono uniti da una stessa condizione: l’incertezza. Nel 2024, mese dopo mese, ci si è resi conto che essa dominava lo scenario politico ed economico del mondo. Dopo un inizio che sembrava promettere un seguito migliore con l’aggiustamento delle maggiori difficoltà, il trascorrere dei mesi ed il complicarsi delle irrisolte questioni sul tappeto metteva in evidenza che lo scenario non solo non migliorava, ma si presentava sempre più complesso e, appunto, incerto. L’avvio del 2025 conferma il quadro, ma allo stesso tempo fa comprendere che il mondo si trova nella condizione di non potersi fermare alle diagnosi, ma deve iniziare a compiere alcune scelte a lungo rinviate. E deve farlo in fretta, perché il tempo scorre rapido e il rischio è un’ulteriore complicazione e un’incertezza sempre più ardua da sciogliere. I tempi sono maturi.
La singolare coincidenza di un sorprendente anno elettorale con oltre metà della popolazione mondiale al voto e, di fatto, quasi tutte le democrazie inclusi Ue, Gran Bretagna e, da ultimi, gli Usa, più che una curiosità del calendario si è rivelata l’occasione per una sorprendente svolta nelle opinioni politiche di questa parte del mondo. Agli altri fattori di incertezza si è aggiunto anche quello degli orientamenti politici in evoluzione. Un intreccio difficile da sciogliere che impone di non rinviare oltre le scelte.
Per quanto attiene l’economia il mondo e, per la parte che la riguarda, l’Italia, si trovano di fronte a quello che emblematicamente appare un particolare tetraedro di ambiti di scelte.
Il primo dei 4 vertici di questa figura tridimensionale è l’economia mondiale. La ripresa che era iniziata dopo il periodo della pandemia e della successiva fase di recupero, presto fermata dall’incombente minaccia della fiammata inflazionistica e poi dalle politiche monetarie adottate per contrastarla è stata soffocata e solo a partire dal 2022 sembrava potersi rimettere in movimento. Ma in quel momento, con l’aggressione russa all’Ucraina e la conseguente guerra che ne è nata, la prima sul suolo europeo dopo quasi 80 anni, una nuova crisi ha colpito l’economia mondiale. La guerra si è estesa dall’ambito militare a quello economico e produttivo, in particolare sul piano delle commodity strategiche, energetiche e agricole e, più in generale, con la riduzione degli scambi. L’atteso rimbalzo non vi è stato ed anzi le previsioni per il 2025 e il 2026 indicano una crescita modesta. Ciò vale per l’economia mondiale e per quella italiana.
Il secondo vertice è costituito dal pericolo immanente di una ripresa dell’inflazione resa più vivace da misure di politica economica che, intese a stimolare la ripresa soprattutto dei settori industriali in sofferenza, a partire dal comparto dell’automotive, possano provocare una generalizzata risalita del sistema dei prezzi, con ciò riavviando la spirale inflazione-deflazione a breve distanza dalla precedente. I problemi si complicano per le dinamiche dei prezzi delle materie prime energetiche che attraversano una fase molto complessa sia sul versante dei prezzi sia su quello della bilancia domanda/offerta. Il tutto reso ancora più complesso dalle politiche green che colpiscono questo settore in maniera potenzialmente molto rilevante.
Il terzo vertice riguarda la rilevante crescita del debito pubblico della maggior parte dei Paesi che nelle diverse crisi attraversate hanno fatto abbondante ricorso all’indebitamento per la realizzazione delle rispettive politiche di contrasto delle crisi che si sono succedute negli ultimi anni, sia pure con modalità diverse e fini strettamente collegati alle caratteristiche dei rispettivi sistemi economici. Gli stessi Paesi Ue hanno allargato le maglie della precedente politica monetaria dell’Ue, rigidamente collegata ai parametri dell’area euro, rafforzando, in parallelo, la sorveglianza comune sui programmi di rientro di quella che ormai è la maggioranza dei Paesi euro. In questo contesto merita una considerazione la situazione del debito italiano che ha di recente toccato la soglia dei 3.000 miliardi, un record, ma che va considerata alla luce della comprovata possibilità di rimborso da parte del Paese e del rapporto con il Pil che è migliorato nell’ultimo triennio. Va vista in questo senso la manovra recente del nostro Paese, approvata dall’Ue, che prevede un rientro già per il 2027 nei parametri di tolleranza europei.
Il quarto vertice è rappresentato dal quadro internazionale che ha subito un forte contraccolpo con l’esito delle elezioni Usa vinte da D. Trump e dai repubblicani con un margine di ampiezza superiore alle aspettative più favorevoli e caratterizzata da una serie di provvedimenti di comportamenti che sembrano indicare la possibilità che il Trump 2 possa essere una versione accentuata del Trump 1. Al di là di alcuni provvedimenti “bandiera” e di dichiarazioni adottate a fini interni, il risultato Usa va inquadrato in un movimento del consenso popolare diffuso anche nelle altre occasioni elettorali dei maggiori Paesi chiamati al voto, compresi quelli dell’Ue. Mentre questo fenomeno sarà affrontato e valutato dai politologi, sul piano economico interessa comprendere in quali direzioni e con quali strumenti esso potrà prendere corpo, al di là delle dichiarazioni dei primi momenti.
L’immagine del tetraedro indica che la complessità del quadro generale è caratterizzata da un fitto intreccio di collegamenti dei principali aspetti che deve ancora chiarito e che richiederà di essere affrontato in maniera coerente attraverso nuove politiche e la correzione, ove necessaria, di quelle in essere.
Il mondo agricolo è profondamente coinvolto in questi processi e deve esserlo ancora di più alla luce delle transizioni che sono state avviate e che sembrano bisognose di un’approfondita riconsiderazione che vada alla base stessa dell’impostazione dell’economia, per lo meno nei Paesi più avanzati. Il modello accentuatamente green seguito negli ultimi decenni viene fortemente rimesso in discussione dall’orientamento espresso dagli elettorati dei diversi Paesi. Fermiamoci al caso italiano, ad esempio, che è quello di un Paese in cui la crescita economica, pur essendo in atto, ha tassi molto ridotti. Essa risente di una situazione in cui, per la natura stessa della nostra economia basata essenzialmente sul settore manifatturiero, si rileva una serie di vincoli politici e legislativi che si rivela in contrasto con le sue caratteristiche strutturali. Ciò e avvenuto anche per una generica adesione di una parte importante dell’opinione pubblica ad una linea di politica economica anti industriale e antiproduttivistica che si estende anche all’agricoltura nel quadro del crescente ambientalismo. Un ambientalismo che però trascura una serie di problemi immediati come la manutenzione e conservazione di un territorio geologicamente fragile che è necessaria e prioritaria, ma che viene posposta ad obiettivi generici di lungo periodo. per molti aspetti è ciò che avviene per l’economia. La confusione dei piani temporali e delle priorità è simile, ma i vincoli di bilancio ed il contenuto generale del tetraedro indicano che i salti in avanti non sono possibili. Occorre una manovra delle risorse che senza trascurare le diverse urgenze permetta di conservare riserve intangibili per destinarle a stimolare con investimenti produttivi i diversi settori produttivi senza sentirsi schiavi di ideologie che sembrano non tenere conto della realtà del presente. Soltanto la crescita del Pil nazionale e mondiale e un’oculata gestione degli incrementi di produzione creati dal miglioramento della produttività in tutti gli ambiti, a iniziare da quello agricolo possono consentire una ripresa solida dell’economia mondiale a partire anche da quella agricola.
Occorre la forza di sottrarsi a mode ed ideologie effimere e vaghe, ma assai diffuse, e di agire con coraggio e determinazione seguendo le leggi fondamentali dell’economia. Non si può distribuire ricchezza se prima non la si produce e se non si stimola la produttività con l’immissione di innovazione frutto di ricerca, sviluppo scientifico e trasferimento di tecnologie ai settori produttivi.
(Foto ANSA)