Si può tornare indietro dalla resistenza batterica acquisita agli antibiotici (AMR)?

di Mauro Antongiovanni
  • 29 January 2025

Quando, negli anni Cinquanta, ci si accorse che somministrare antibiotici agli animali allevati, specialmente monogastrici, portava migliori prestazioni produttive, si cominciò ad usarli diffusamente. Gli antibiotici si potevano usare, oltre che per combattere gli agenti patogeni, anche come promotori di crescita e di produzioni zootecniche. Siccome la pratica dava buoni risultati senza apparenti problemi, venne naturale esagerare. D’altro canto, in medicina umana e veterinaria era prassi comune somministrare antibiotici, spesso solo a scopo preventivo, tanto per stare tranquilli.
Ben presto ci si accorse, però, che i batteri patogeni si difendevano divenendo resistenti all’azione degli antibiotici, con conseguenze talvolta tragiche per i pazienti, umani ed animali.
Al momento attuale, come ci avverte Fabian Brockotter con un interessante articolo del 30 dicembre scorso sulla rivista specialistica “All about Feed”, alcuni studi informano che i microrganismi patogeni divenuti resistenti, in parte originati dalle attività zootecniche, potrebbero uccidere quaranta milioni di persone nel mondo di qui al 2050. Ma, per fortuna, sembra che la antibiotico-resistenza possa attenuata o, addirittura, eliminata, facendo minor uso di antibiotici, in generale. Si hanno già dei segnali positivi in questo senso e tutto ciò sembra attribuibile al ridotto uso di antibiotici, specie se non necessario.
È ovvio che, in certi casi, l’impiego di antibiotici è inevitabile: le patologie più gravi vanno combattute sia in medicina umana che veterinaria, anche per la sicurezza di tutti.
L’organizzazione mondiale per la sanità ha identificato, fra le altre cause dell’insorgenza della AMR, la cattiva gestione delle attività zootecniche: gli animali sono maggiormente suscettibili di ammalarsi se stressati, tenuti in cattive condizioni igieniche o, paradossalmente, se sottoposti ad inutili e controproducenti terapie o trattamenti antibiotici. Se si riduce il più possibile la somministrazione di antibiotici agli animali allevati, si sta osservando un lento ripristino della perdita di AMR da parte di molti microrganismi.
Secondo uno studio promosso dal governo olandese, nei Paesi Bassi nel periodo 2009-2022 si è registrata una diminuzione di quasi l’80% delle vendite di antibiotici, in generale. Nell’ambito di questo studio, condotto dai veterinari dell’Università di Wageningen, è stato effettuato uno screening annuale, sempre sullo stesso tipo di batteri. Si è potuto osservare, fin dal primo anno della ricerca, che la AMR andava diminuendo negli allevamenti che avevano ridotto l’impiego massiccio di antibiotici: nel 2014 il 66% delle carni di pollo contenevano batteri resistenti a tutti i tipi di penicillina. Dieci anni dopo, nel 2024, tale percentuale è scesa sotto il 18%. Ancora, dieci anni fa l’80% dei batteri E. coli risultavano resistenti alla ampicillina. Nel 2019 la percentuale dei batteri resistenti risultava dimezzata.
I ricercatori olandesi affermano che, al momento attuale, molti antibiotici rimangono un valido ed efficace presidio terapeutico sia in ambito veterinario che umano.
Ecco una buona notizia che ci deve far riflettere e ben sperare sulle scelte future dell’homo, troppo spesso insipiens.