Nuovi orizzonti nella valorizzazione dei sottoprodotti delle filiere forestali

Proprietà antiossidanti, antibatteriche e antivirali nell’estratto ottenuto dalla corteccia e dai rametti di abete rosso.

di Maurizio Lambardi, Francesco Meneguzzo
  • 29 January 2025

I sottoprodotti della gestione del bosco, come rametti, cortecce e parti di tronco, rappresentano risorse abbondanti, concentrate e assicurate da filiere consolidate. Per esempio, residui della lavorazione del castagno sono utilizzati da secoli per produrre estratti ad elevato contenuto di tannini, a loro volta impiegati soprattutto nella concia delle pelli e, più recentemente, come integranti dell’alimentazione animale e in agricoltura. Finora, cortecce e rametti di conifere sono rimasti pressoché inutilizzati in quanto nessuna tecnica di estrazione ne ha consentito un impiego conveniente, nonostante ne siano note da tempo le interessanti proprietà biologiche a favore della salute umana. Già i Vichinghi, ad esempio, utilizzavano parti di abete rosso, macerate in una bevanda alcolica simile alla birra, in funzione curativa e di prevenzione dello scorbuto durante le lunghe navigazioni. Oggi, la situazione è destinata a cambiare rapidamente.
Uno studio coordinato dall’Istituto per la BioEconomia del Cnr e dall’Istituto Luke di Helsinki, in Finlandia, cofinanziato per la parte italiana dai progetti ‘On Foods’ (NextGenerationEU) e ‘Nutrage’ (Cnr) e pubblicato sulla rivista Separation and Purification Technology, ha infatti confrontato la nuova tecnica di estrazione di cortecce di abete rosso mediante cavitazione idrodinamica con la più consolidata estrazione in acqua calda, trovando che la prima era sei volte più efficiente. La tecnica di cavitazione idrodinamica prevede la ricircolazione della miscela composta soltanto da acqua e dal sottoprodotto forestale, in un circuito idraulico chiuso costituito da una pompa centrifuga e un “reattore”, per esempio in forma di tubo Venturi, in cui, accelerando, l’acqua va in depressione e bolle a qualsiasi temperatura. Le bolle di cavitazione, trascinate dal flusso, in pochi millesimi di secondo implodono sotto l’azione della pressione esterna, generando microambienti dotati di altissime densità di energia, in grado di distruggere le membrane cellulari vegetali ed estrarre in acqua tutti i composti bioattivi. Gli estratti così ottenuti dalla corteccia di abete rosso, in forma di polvere secca, hanno rivelato elevati livelli di attività antiossidanti e antivirale rispetto a due diversi tipi di virus, nonchè una straordinaria attività antibatterica nei confronti di diversi ceppi resistenti agli antibiotici. Nello stesso studio, condotto per mezzo di un impianto pilota in grado di trattare decine di kg di corteccia in meno di 20 minuti, a temperatura ambiente, è stato progettato un sistema tecnologico innovativo e completo per la lavorazione di trentamila tonnellate di sottoprodotti in un anno, prospettandone l’immediata applicabilità industriale.
In precedenza, insieme allo stesso Istituto Luke, erano stati lavorati con la medesima tecnica della cavitazione idrodinamica i rametti di abete rosso e abete bianco, al fine di utilizzare gli estratti per la funzionalizzazione del pane integrale. Le proprietà antiossidanti del pane ne risultarono significativamente aumentate, così come la durata di conservazione, anche grazie alle importanti proprietà antibatteriche conferite dagli estratti di conifere. Ulteriori analisi, condotte insieme al Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa nell’ambito di un progetto finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e dal Comune di San Marcello Piteglio (PT), hanno rivelato ex vivo una straordinaria capacità neuroprotettiva degli estratti di rametti di abete rosso.
Questi risultati aprono la strada ad una nuova branca della bioeconomia forestale, focalizzata su prodotti potenzialmente importanti per la salute umana e utilizzabili per il miglioramento degli alimenti o la realizzazione di integratori: prodotti innovativi e potenzialmente di altissimo valore, in grado sia di contribuire al miglioramento della salute pubblica, sia a restituire valore alla gestione forestale e a creare know-how e occupazione qualificata nelle industrie di trasformazione, auspicabilmente collocate nelle stesse aree interne e forestali.

Foto: Rifugio Levi Molinari, Val di Susa (TO)