In questo gran parlare di energie e di materie prime rinnovabili, forse qualche soluzione può essere cercata proprio sulla porta di casa: è il caso della ginestra che si trova, con i suoi arbusti spontanei perenni, nelle valli italiane e specialmente nel Mezzogiorno, nelle quali un mare di fiori gialli accoglie, da maggio a ottobre, i viaggiatori. Sembra che il Sole, dopo aver fatto crescere la pianta, abbia voluto, per sovrappiù aggiungere i carotinoidi, per rendere ancora più belli e splendenti i suoi fiori, e un attraente profumo.
La ginestra ha molte virtù ecologiche: è una leguminosa e come tale cresce fissando direttamente l’azoto atmosferico, senza bisogno di apporto di concimi azotati sintetici. Con le sue radici, ha un effetto stabilizzante sulle scarpate e sui fianchi delle valle e fornisce un contributo diretto e gratuito alla difesa del suolo contro l’erosione che continua a distruggere ricchezza provocando frane e alluvioni. Almeno una parte dei costi e dei dolori provocati dalle frane e dalle alluvioni, specialmente nel Mezzogiorno, avrebbero potuto e potrebbero essere evitati se si ricoprissero i fianchi delle valli con le piante che trattengono il suolo, come appunto la ginestra o la robinia. La ginestra è una interessante fonte di fibre tessili naturali rinnovabili; lo sapevano i Fenici, i Cartaginesi, i Greci e i Romani; la sua utilizzazione è però rimasta limitata per molti secoli a livello artigianale e familiare. Nel periodo dell’autarchia furono approfondite le conoscenze sulla coltivazione della ginestra e furono perfezionati i sistemi di produzione delle fibre. Nel 1940 funzionavano una sessantina di ginestrifici, soprattutto in Toscana, con una produzione di 700.000 tonnellate all’anno. La disponibilità delle fibre di iuta di importazione ha fatto declinare la produzione di fibre di ginestra che sembra risorgere grazie ad una nuova attenzione della moda per oggetti “ecologici” come scarpe, borse, tessuti. Con i perfezionamenti tecnici già disponibili e con quelli che possono essere sviluppati, la ginestra può avere un ruolo economico e merceologico importante, con prospettive di occupazione nel Mezzogiorno.
Non sono certo il solo ad amare e ammirare la ginestra. Giacomo Leopardi (1798-1837) nel 1836, osservandola sulle falde del Vesuvio, le ha dedicato una celebre poesia: ”Tu, lenta ginestra/che di selve odorate/ queste campagne dispogliate adorni”, riconoscendo la paziente resistenza della pianta nelle condizioni avverse di una arida natura, nel nome della forza della vita. E Gabriele d’Annunzio (1863-1938), nella poesia “La pioggia nel pineto”, chiama le ginestre “fulgenti /di fiori accolti”. La ginestra deve essere stata amata anche da tutti gli abitanti delle valli italiane se se ne si trova così diffuso il nome in tanti paesi e villaggi. Un nome tristemente noto è quello di Portella della Ginestra, dove i banditi di Salvatore Giuliano tesero un agguato ai contadini che celebravano pacificamente e festosamente il primo maggio del 1947, uccidendone undici, fra cui due bambini. Gli altri sono nomi gioiosi come quelli di due paesi in provincia di Benevento e di Potenza, di Ginestra degli Schiavoni anch’essa in provincia di Benevento, del torrente Ginestra nel bacino idrografico del Calore, etc.
(Foto di F. Ferrini)
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