Il Consiglio dell'Ue, su impulso della Commissione Europea, ha adottato la decisione di presentare, a nome dell'Unione europea, una proposta di modifica del livello di protezione del lupo previsto dalla Convenzione internazionale sulla Conservazione della Vita Selvatica e degli Habitat naturali in Europa, adottata a Berna nel 1979 e giuridicamente vincolante. Nello specifico, si prospetta di abbassare la tutela del lupo declassandolo da “specie faunistica rigorosamente protetta” a “specie faunistica protetta”. La proposta sarà presentata alla 44esima riunione del Comitato permanente della Convenzione di Berna, responsabile della valutazione dello stato di conservazione delle specie, che si terrà a dicembre 2024 (Fonte AGI).
Percorriamo brevemente le principali tappe che hanno portato all’attuale stato protettivo del lupo.
Il primo grido di allarme sulla minaccia di estinzione del lupo è stato lanciato dall'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), un’organizzazione internazionale non governativa, fondata nel 1948 e che riunisce governi, associazioni, scienziati ed esperti di tutto il mondo per promuovere la protezione della biodiversità e la gestione sostenibile degli ecosistemi. Nel 1964, la IUCN ha incluso questo mammifero nella propria Lista Rossa, ovvero nel più autorevole indicatore dello stato di salute della biodiversità mondiale minacciata di estinzione.
Tra i primi accordi internazionali che si sono interessati alla protezione del lupo va menzionata la Convenzione di Washington, rivolta al commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione (CITES: Washington, 1973), recepita in Italia con legge 19 dicembre 1975, n. 874. Nello specifico, detta convenzione protegge il lupo in quanto “specie potenzialmente minacciata”, tramite diverse misure, graduate a seconda della localizzazione della popolazione, della specifica pressione a cui è soggetta e dello stato di conservazione locale. Sempre restando nel contesto internazionale, un ulteriore atto giuridicamente vincolante a tutela del lupo, nato sotto l’egida del Consiglio d’Europa, è la Convenzione di Berna del 19/9/1979, recepita dall’Italia con L. 5 agosto 1981, n. 503, che introduce un livello di tutela che, oggi, il Consiglio vorrebbe modificare In questo accordo internazionale il lupo è stato inserito nell’allegato II (specie strettamente protette), per cui è stabilita una protezione speciale ed è proibita specificamente la cattura, l’uccisione, la detenzione ed il commercio. Eventuali deroghe al suddetto regime di protezione sono ritenute possibili per casi particolari a condizione che non ci siano altre soluzioni e che sostanzialmente non sia pregiudicato lo stato di conservazione.
Spostandosi dal quadro internazionale a quello europeo, la tutela del lupo è stata sancita dalla Direttiva Habitat (92/43/CEE), recepita dall’Italia con DPR dell’8 settembre 1997, n. 357, la quale ha inserito il lupo negli allegati B (specie la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione) e D (specie prioritaria, di interesse comunitario che richiede una protezione rigorosa). L'art. 12 della direttiva europea ha stabilito un regime di rigida tutela della specie con il divieto di qualsiasi forma di cattura e di uccisione deliberata nell'ambiente naturale. Inoltre l'art. 16 della suddetta Direttiva ha previsto, ai fini della prevenzione di danni gravi agli allevamenti, alla fauna, nell'interesse della sanità e sicurezza pubblica, la possibilità di deroga ai divieti di abbattimento e cattura del lupo. In Italia il DPR 357 del 1997, che ha recepito la direttiva Habitat, prevede l'attuazione della deroga dietro autorizzazione del Ministero, sentito il parere dell'Infs -Istituto nazionale fauna selvatica- (oggi Ispra), recependo le condizioni già contenute nella Convenzione di Berna, cioè che non esistano altre soluzioni praticabili e che la deroga non pregiudichi lo stato di conservazione sufficiente delle popolazioni di lupo.
Approdando infine al quadro normativo italiano, dopo un lungo periodo in cui il lupo è stato considerato un animale nocivo, soprattutto per i danni arrecati agli animali in produzione zootecnica, nel 1971 è stato approvato il DM 23 luglio, cosiddetto “decreto Natali”, il primo provvedimento normativo con il quale, il lupo è stato depennato dall’elenco delle specie nocive e inserito in quello delle specie protette.
Bisogna dire che all’epoca era in vigore la Legge n. 1420 del 1923 Provvedimenti per la protezione della selvaggina e l’esercizio della caccia. Questa legge all’art. 18 c. 3 prevedeva per gli animali nocivi e feroci l’utilizzo anche di lacci, tagliuole e bocconi avvelenati.
Un successivo provvedimento, del 22 novembre 1976, ha vietato – a tempo indeterminato – su tutto il territorio nazionale l’esercizio venatorio a carico del lupo nonché l’uso di bocconi avvelenati per il controllo degli animali predatori selvatici.
Guardando al diritto vigente, anche la Legge quadro sulla caccia n. 157 del 1992 si colloca nel quadro disciplinare tracciato dalla Convenzione di Berna e dalla Direttiva Habitat. Nell’ambito del generale obiettivo di tutela della fauna selvatica nella sua globalità, considera il lupo tra le specie “particolarmente protette” in quanto a rischio di estinzione per cui ne vieta la cattura e l’eventuale abbattimento o detenzione è soggetta a procedimento penale. In quell’epoca in Italia si stimava che la popolazione di questo predatore, fosse ridotta a circa un centinaio di esemplari concentrati in Abruzzo e in Calabria. In tutte le altre regioni il lupo si considerava eradicato.
Da una stima sugli attacchi a livello nazionale (BERZI 2019), realizzata attraverso l’analisi degli indennizzi erogati, è emerso che nel periodo 2015-2019 i casi di predazione in Italia sono stati oltre 18.000, interessando un numero di almeno 25.700 capi. Si tratta di un danno di per sé notevole che non esprime l’impatto economico reale tanto da aver fatto registrare la chiusura di non poche attività.
Dati forniti dall’AGI riportano una generale crescita delle popolazioni di lupo in tutto il continente europeo tanto è vero che si stima il raddoppio delle consistenze negli ultimi 10 anni (da 11.193 nel 2012 a 20.300 nel 2023). Secondo la suddetta fonte si stima che negli Stati Ue i lupi uccidano almeno 65.500 capi di bestiame ogni anno.
Gli studi condotti di recente dall’ISPRA, aggiornati al 2020-2021, hanno evidenziato consistenze della popolazione di lupi e tassi di crescita più che ragguardevoli. Inoltre, la presenza di questo predatore è continua sull’intera dorsale appenninica mentre presenta una discontinuità nell’arco alpino. E’ stato stimato che l'Italia all’epoca del suddetto censimento ospitava oltre 3300 lupi di cui, poco meno di 1000 nella Regione alpina e oltre 2300 nella Regione Italia peninsulare, corrispondenti a oltre il 15% a livello Ue. Si tratta di stime, peraltro contestate in alcuni ambienti che le considerano molto al di sotto della realtà e che, ciò nonostante, non rispecchiano i valori medi presenti in altri Paesi dell’Unione Europea in considerazione anche del fatto che, contrariamente a quanto avviene in alcuni Paesi dell’Ue, in Italia non risulta che ci siano aree in cui sono state adottate “azioni in deroga” ai divieti di abbattimento e cattura stabiliti per le specie di cui agli allegati B e D del DPR n. 357/1997.
Va osservato anche che secondo i dati forniti dagli studi condotti dall’Ispra esiste una distribuzione delle popolazioni di lupo estremamente eterogenea sul territorio nazionale. La conferma viene dal progetto LIFE WOLFALPS secondo il quale al 2015 nell’area alpina la consistenza di lupi era di 23 branchi di cui 18 interamente in Piemonte, 3 tra Piemonte-Liguria, 1 tra Piemonte-Valle d’Aosta, ed 1 tra Veneto-Provincia di Trento (Lessinia). Di questi 23 branchi, 4 erano transfrontalieri con la Francia. Erano inoltre presenti almeno 5 coppie e 3 individui solitari campionati stabilmente. Secondo Coldiretti Cuneo, sono circa 600 i lupi sulle Alpi piemontesi, pari a quasi il 70% degli esemplari presenti nel Nord Italia, con il maggior numero di branchi ed individui rilevati in Provincia di Cuneo. L’ irregolare distribuzione sul territorio italiano giustifica la concentrazione delle predazioni di animali in produzione zootecnica in determinate zone e i conseguenti rapporti conflittuali con gli allevatori a fronte degli ingenti danni causati.
Negli ultimi 10 anni quindi si stima che le popolazioni di lupi abbiano fatto registrare il raddoppio delle proprie consistenze. In Italia è emersa una non trascurabile incidenza di ibridi con il cane, con le conseguenti ripercussioni genetiche della specie. Un tema da affrontare al più presto per la minaccia che ciò rappresenta ai fini della salvaguardia del lupo.
L’approvazione del 26 settembre 2024 da parte del Consiglio UE riguardante lo status protettivo del lupo, in attesa dell’approvazione del Comitato permanente della Convenzione di Berna che si riunirà a dicembre 2024, è stata valutata positivamente dalle Organizzazioni di categoria del mondo agricolo in aperto contrasto con le associazioni ambientaliste.
Noi auspichiamo che, in una ottica di protezione di questa specie per le innegabili funzioni ecologiche che svolge, finalmente si possa realizzare un piano di gestione del lupo in modo da trovare un bilanciamento tra istanze diverse, limitare i conflitti con le attività zootecniche e con le aree urbanizzate.
Si tratta di un progetto ambizioso per un Paese fortemente antropizzato, impegnativo, ma non impossibile che esige opportuni interventi normativi da parte del legislatore, nazionale e regionale, nella più ampia prospettiva di definire un equilibrio tra le specie faunistiche sul territorio.