Come nasce un nuovo piatto o una nuova tendenza gastronomica? Per il caso e la necessità, come tutte le cose direbbe l’antico filosofo greco Democrito di Abdera (470 a. C. circa – 350 a. C circa). Da qui una serie quasi infinita di leggende e di storie inventate, come quella del pastore che nella regione di Kaffa della lontana Etiopia si accorge che le capre che si nutrono di bacche rosse non dormono ma saltellano ben sveglie e prova anche lui ad assaggiarle, sperimentando il loro effetto eccitante e stimolante, inventando l’uso del caffè. Oppure, altra storia immaginaria, che nella città di Port Mahon (Isole Baleari) assediata dalle truppe francesi del duca di Richelieu, nel 1756 un cuoco per evitare di accendere i fuochi durante la notte, bersaglio facile del nemico, decide di preparare una salsa fredda per condire le carni inventando la maionese.
Pur non negando l’esistenza del caso e della necessità, singolarmente o associate, la creatività culinaria e gastronomica rimangono una materia che inizia ad essere indagata da quando il cibo e la cucina sono oggetto di ricerche antropologiche e non più solo semplici curiosità e la creatività in cucina inizia a far parte di una più ampia famiglia di processi creativi. Questo avviene quando la gastronomia non è più in secondo piano tra le scienze sperimentali e nelle discipline umanistiche dell'estetica e di altre branche della filosofia non è più vista quasi ostile. A questo riguardo basta ricordare gli insulti di Platone ai cuochi e ai contadini ne La Repubblica, dove il cibo è una sorta di male necessario, e meno se ne parla meglio è.
Oggi il gusto inizia a essere considerato non più un senso minore senza alcuna attinenza con la condizione umana o un senso primordiale, animale e privo di una sia pur minima rilevanza scientifica o estetica e quando le categorie tradizionali del gusto – salato, dolce, amaro, acido, umami e loro combinazioni –consentono la costruzione di modelli teorici concettualmente rilevanti. Tuttavia molto importanti erano e rimangono alcune idee se non pregiudizi sulla creatività gastronomica, in un contrasto tra tradizione e innovazione e quando si pensa che la creatività innovativa troverebbe campo soprattutto nella cucina delle classi alte e ricche in una inutilità gustativa o visiva, quindi estetica, dei cuochi o che la creatività sia uno strumento di vendita della industria del cibo e della grande distribuzione alimentare.
Dobbiamo invece riconoscere che tutta la tradizione non è altro che il risultato di una sterminata serie di invenzioni frutto della creatività umana delle quali solo un piccolo numero ha avuto successo divenendo consuetudine. Inoltre la creatività che vi era e ancora oggi avviene nelle cucine familiari di ogni ceto e che continua a verificarsi nelle cucine dei cuochi e nei laboratori delle industrie e sugli scaffali della grande distribuzione è alla base del dinamismo di una cucina viva, in cambiamento ed evoluzione. Ma soprattutto importanti sono le nuove conoscenze sulla creatività che ci arrivano dalle neuroscienze.
In un recente passato vi era l’idea era che la creatività trovasse sede soprattutto nell’emisfero destro del cervello, mentre le attività razionali avessero sede principalmente l’emisfero sinistro. Oggi, quando conosciamo la complessità del cervello, l’idea semplicistica di una lateralizzazione destra della creatività non è confermata. Attualmente sappiamo invece che le sempre più numerose diverse aree cerebrali sono attivate a seconda della natura del processo creativo in atto e soprattutto che molte sono le regioni cerebrali che si attivano nei processi cognitivi come quelli della memoria, attenzione, controllo, monitoraggio delle prestazioni e altre. In particolare si è visto dove il nostro cervello colloca e ordina le memorie dei cibi (Meenakshi Khosla, N. Apurva Ratan Murty, Nancy Kanwisher - A highly selective response to food in human visual cortex revealed by hypothesis-free voxel decomposition - Curr Biol S0960-9822 (22), 1286-6, 2022) e questo avviene nella stessa parte del cervello dove vi sono neuroni specializzati sensibili al cibo, insieme alle altre quattro popolazioni di neuroni che rispondono specificamente a volti, corpi, luoghi e parole e dove si memorizzano anche scene di vita e parole. Questa vicinanza potrebbe spiegare come tra queste diverse entità vi siano relazioni, rapporti e ricordi che facilitano le innovazioni.
Attualmente dobbiamo pensare che la creatività sia il prodotto di una complessa interazione tra processi cognitivi ordinari ed emozioni, con il maggiore coinvolgimento della corteccia prefrontale che gioca un ruolo chiave nelle funzioni esecutive che includono la creazione di strategie, la pianificazione, il controllo delle emozioni, l'attenzione, la concentrazione, l'autocontrollo degli impulsi anche in un modello ACR (A=ampliamento, C=collegamento, R=riorganizzazione). La creatività non è per questo una proprietà unica, ma il risultato della complementarietà tra deduzione e intuizione, tra ragione e immaginazione, tra emozione e riflessione, tra pensiero divergente e pensiero convergente. Questo processo inoltre si svolge in più fasi e in diversi modi di pensare, senza dimenticare che il legame fra creatività ed emozioni è molto complesso in quanto regolato anche dall’interazione fra attivazione emotiva, motivazioni e piacere. Quest’ultimo soprattutto importante per le creazioni che riguardano i sensi quali la pittura (vista), la musica (udito) e la cucina e gastronomia (gusto e olfatto).
Fin dall’inizio la cucina è il luogo in cui una serie di materie prime sono sottoposte a tecniche subendo cambiamenti fisici e chimici per ottenere il prodotto finale, divenendo una delle prime tecniche umane, applicate dopo o più o meno contemporaneamente alla lavorazione della pietra. Da sempre la cucina si basa sull'esperienza pregressa dove le ricette e le tecniche sono il prodotto di tentativi ed errori. I primi sforzi di costruire una scienza della cucina iniziano XIX secolo con ricercatori come Denis Papin (1647 – 1712), Nicolas Appert (1749 – 1841), Friedrich Accum (1769 – 1838) e Louis Pasteur (1822 – 1895), mentre Anthèlme Brillat-Savarin (1755 - 1828) inizia a individuare le relazioni tra i sensi del gusto e dell'olfatto e la lavorazione degli alimenti. Nel XX secolo Nicholas Kurti (1908 – 1998) con passione sostiene una relazione scientifica tra le tecniche e la gastronomia e nella sua conferenza The Physicist in The Kitchen (1969) dimostra il ruolo del sottovuoto e delle microonde. Harold McGee con il libro McGee on Food and Cooking: An Encyclopedia of Kitchen Science, History and Culture (1984) sviluppa le conoscenze sulle basi tecnico-scientifiche delle preparazioni alimentari. Alla fine del secolo Hervé This e Gilles de Gennes, rispettivamente cuoco e ricercatore fisico-chimico il primo e premio Nobel per la fisica il secondo, con le loro sperimentazioni sviluppano la cucina in una scienza basata su tecniche e di laboratorio. Davide Cassi con la Cucina o Gastronomia Molecolare sviluppa i rapporti tra la materia soffice della quale sono composti la maggior parte degli alimenti e la cucina (Cassi D., Bocchia E. - Il gelato estemporaneo e altre invenzioni gastronomiche - Sperling & Kupfer, 2005).
Con le Scienze Sensoriali e la Psicologia della Percezione e con nuove prospettive in gastronomia s’iniziano a studiare gli abbinamenti tra i cibi dove, connettendo l'analisi statistica con le Scienze Cognitive, si elaborano metodologie atte a scoprire quali alimenti si combinano bene e quali no, superando anche associazioni tradizionali. Contemporaneamente si inizia a pensare che la gastronomia sia uno spazio di creazione e progettazione nelle quali il cuoco cerca di risolvere problemi mal definiti seguendo anche nuove strade per trovare buone risoluzioni facendo innovazione usando la propria creatività, anche in una cucina tecno-emozionale dove creare un equilibrio tra arte e scienza (P. Arenós, E. Jardí - Los genios del fuego: quiénes son, cómo crean y qué cocinan 10 chefs de vanguardia - Ediciones Península., Barcelona, 1999).
La creatività non è un meccanismo generico perché è molto complessa e agisce soprattutto in un ampio e articolato insieme di fattori e condizioni, per cui il suo studio non può sperare di trovare meccanismi che funzionino in qualsiasi contesto. Possiamo solo studiarla come un processo per individuare dei modelli formali identificando i meccanismi che la aiutano o la ostacolano, dedicando più tempo al processo creativo e alleggerendo il carico cognitivo derivante da altre attività. Questo anche per la creatività in cucina e gastronomia, dove non sono importanti solo le condizioni loro intrinseche, ma anche quelle che a loro sono attorno. Proprio per questo nei momenti di transizione sociale, come quello in cui stiamo vivendo, vi è un aumento a volte quasi esplosivo della creatività dalla quale potranno anche scaturire nuovi gusti e nuove tradizioni.