A Bassano del Grappa (VI) si trova il Giardino Parolini, dal 1930 giardino pubblico comunale, che nel 1800 fu uno dei più importanti Orti botanici privati italiani ed europei. Iniziato con le collezioni negli anni 1803-1805 da Alberto Parolini (1788-1867) su un terreno adiacente alla casa paterna, crebbe progressivamente sia in dimensioni (arrivando a 22.000 mq) che in ricchezza di collezioni. L’impostazione fu, soprattutto da un rifacimento del 1817, di un giardino paesaggistico secondo i nuovi canoni del giardino all’inglese con l’inserimento intelligente di molti spazi orticoli (in senso stretto) per le raccolte di erbacee. Sopravvisse alla morte del fondatore, come Orto botanico, fino ad inizio 1900 grazie alla dedizione della figlia Antonietta ma venne donato, già impoverito, assieme agli edifici padronali, al Comune dal nipote Alberto Agostinelli Parolini nel 1908 e divenne giardino pubblico comunale nel 1930.
Per tutto il 1800 fu un vero Orto botanico in rete con altri Orti botanici italiani ed europei (sia pubblici che privati). Fortissimi i legami con il mondo scientifico europeo e tra questi si segnala l’appartenenza alla Società di Orticultura di Londra. Non stampò mai un catalogo delle collezioni ma da notizie desumibili da lettere scambiate con suoi contemporanei si stima che coltivasse circa 9000 specie diverse. Il suo Index seminum, inviato in tutta Europa dal 1834 al 1872, arrivò a proporre circa 3000 specie scambiabili. I punti di forza erano le Conifere, le Pteridofite, le succulente e le piante alpine. Con collezioni di specie alpine partecipò alle rassegne floreali che a metà 1800 si svolgevano all’Orto botanico di Padova. La sua fama portò a visitarlo molti studiosi europei. Tra questi Alexander von Humboldt nel 1820, che poi presentò Parolini come socio all’Accademia delle Scienze di Parigi. La stima che godette è comprovata anche dal battesimo di piante con il suo nome e tra queste si segnala addirittura l’istituzione di un genere (Parolinia) e di molte specie (ad es., Pinus parolinii – ora in sinonimia con Pinus brutia).
Divenuto “pubblico” quando già aveva iniziato la sua decadenza, venne progressivamente trasformato in verde cittadino con l’abbandono delle collezioni, destinato a spazio per eventi cittadini di svariate identità, pur conservando per qualche decennio un certo decoro e una dignitosa manutenzione. Poi dagli anni Settanta-ottanta del Novecento andò incontro a progressivo abbandono con proliferazione esplosiva di piante selvatiche e infestanti che occuparono buona parte degli spazi e ad un progressivo impoverimento anche del patrimonio arboreo. Vari tentativi di sodalizi di cittadini non riuscirono ad invertire la tendenza fino alla prima edizione nel 2011 della manifestazione “Di rara pianta”, promossa dal Rotary Club Bassano Castelli e curata dallo scrivente, che diede avvio ad un progetto di restituzione parziale. Tra gli interventi una radicale pulizia, recupero spazi, indagini fitosanitarie, rinnovo di alcune collezioni sia secondo tradizione (Conifere) che secondo criteri didattici innovativi (Querce e Aceri) in relazione a progetti specifici attuati per diversi anni (corsi per insegnanti, itinerari educativi). Grazie alle successive edizioni della manifestazione “Di rara pianta” (ovvero rassegne del florovivaismo di qualità) è stato possibile riallacciare rapporti con l’Orto botanico di Padova sia per consulenze che per avere in dono parti di collezioni di erbacee (Mente, Iris ed altre) o legnose. Sempre grazie a “Di rara pianta” è stato ripristinato uno spazio ad Orto di erbacee con aiuole per farne sia spazio di ortoterapia che di incontri culturali (ad es. con alcune piante afferenti alle tre religioni monoteiste). Sempre in questi ultimi anni sono state in parte restaurate anche le due serre. Resta invece da affrontare una porzione di restauro delle “case Parolini” che potrebbero essere destinate a servizio del rinnovato giardino. Attualmente la gestione è affidata alla municipalizzata SIS senza che però abbia avuto una dotazione di personale (giardinieri) e di adeguate risorse. Nonostante questo nuovo “attivismo”, prevalentemente associativo, molto resta però da fare per ridare vita e dignità ad uno dei luoghi che nell’ ‘800 fu un protagonista della cultura botanica.