Nel deserto del Sahara e nella zona dei Tassili vi sono pitture e incisioni rupestri che vanno da 11.000 a 8.000 a. C. e dove sono raffigurati numerosi bufali, immagini dal significato magico-religioso per propiziare la caccia di quell'animale certamente anche mangiato. In epoca storica e in Mesopotamia, intorno al 2300 a. C., nell'impero accadico fondato da Sargon in un sigillo in oro, cristallo di rocca e pasta vitrea è raffigurato l’eroe babilonese Gilgamesh che combatte con un bufalo, animale probabilmente destinato ai sacrifici e con questi le sue carni sono mangiate. In Italia nella campagna romana e nell’isola di Pianosa, nell’arcipelago toscano sono stati ritrovati resti fossili di bufali ma non abbiamo prove o indizi consistenti che nell'antica Roma si mangiassero bufali. È Paolo Diacono (? – 799 d. C.) che per primo nella Historia Longobardorum narra che i Longobardi arrivano in Italia nel 568 d. C. portando in Italia dei bufali. Secondo altri sono i Re Normanni che intorno all’Anno Mille diffondono il bufalo nell’Italia meridionale a partire dalla Sicilia, dove era stato introdotto dagli Arabi. La prima attestazione sicura della presenza del bufalo in Italia è nei documenti dell’Abbazia di Farpa (Lazio) nel XII secolo e successivamente in epoca angioina (XIII secolo) in un decreto del re Carlo I d’Angiò (1226 – 1285) in cui si ordina di restituire un bufalo domito, cioè da lavoro.
Per quanto riguarda la carne di bufala è certo che alcuni decenni dopo la caduta dell'Impero d'Occidente il medico bizantino Alessandro di Tralles o Tralliano (525 - 605 d. C.) vieta la carne di bufalo e di maiale agli ammalati da podagra (gotta), malattia dei ricchi che evidentemente mangiano la carne di bufalo, per cui possiamo ritenere che i signori bizantini la consumavano. In tempi a noi più vicini il cuoco segreto di papa Pio V (Antonio Ghisleri 1504 – 1572) Bartolomeo Scappi (1500 – 1577) nella sua Opera consiglia per cucinare in più modi i testicoli di vari animali, fra cui di bufaletto e se questi animali sono castrati per migliorarne la carne, evidentemente questa è poi utilizzata, se non per la mensa del papa, perlomeno per quella dei potenti. Ma perché se i bufali sono macellati per il popolo minuto, il cuoco del papa si occupa dei loro testicoli per il Papa? Certamente per il loro pregio gastronomico.
Agli inizi dell'Ottocento Vicenzo Corrado (1736 – 1836) scrive il libro di alta cucina Il Cuoco Galante (1773) dove nei Pranzi Giornalieri propone sette ricette a base di bufala, tre di carne magra, tre di mammella e una di fegato. Nel "Breve ragguaglio sulla agricoltura e sulla pastorizia del Regno di Napoli" redatto da Guglielmo Gasparrini (1803 – 1866) e altri pubblicato nel 1845 sono ricordati i bufali precisando che la carne degli animali inferiori a un anno è tenera e buona da mangiarsi. Nell’Ottocento a Napoli e a Roma la carne bufalina è venduta normalmente e nel 1863 il medico Errico De Renzi (1839 – 1921), nel suo saggio "Sull'alimentazione del popolo minuto di Napoli" e basandosi su dati ufficiali delle dogane, scrive che a Napoli sono regolarmente macellati dei bufali- Già nel 1874 iniziano gli studi sulle carni di questo animale (Zoccoli F. - Sulle carni bovine e bufaline e su quelle degli altri animali da macello, Napoli 1874).
Nel Novecento il poeta, cuoco, giornalista e paroliere italiano Adolfo Giaquinto (1846 – 1937) nella "Cucina per malati e convalescenti" (1902), dopo essersi lamentato che in tutti i trattati di gastronomia e igiene alimentare è completamente trascurata la carne bufalina, ne fa un panegirico e ne segnala i punti di vendita in Roma indicandone la strada (via Merulana, vicolo D'Ascanio, via Calatafimi, via Servio Tullio, via Gaeta e via Principe Amedeo), ritenendola anche più sicura di quella bovina. I bufali sono tra gli animali dei quali gli ebrei possono alimentarsi, quelli residenti a Napoli e a Roma sono consumatori abituali di carne di bufali adulti e di bufalotti (annutoli) e gli ebrei romani sono soliti consumarla nel primo giorno dell’anno.
Già in passato esistono pareri discordanti circa le caratteristiche qualitative e di sapidità della carne di bufalo adulto e giovane, probabilmente legate alle caratteristiche di allevamento dei soggetti destinati al macello. Per alcuni la carne del bufalo è dura e di sapore che tende al selvatico, mentre per altri la carne del bufalino di un anno (annutolo) è eccellente e non si si distingue da quella di vitello. In Italia il maggior consumo di carne di bufalo di alta qualità si ha in Campania e negli ultimi anni è cresciuta la quota di carne acquistata per il consumo diretto mentre nella ristorazione, purtroppo, la carne di bufalo è a volte spacciata per quella di bisonte, perché il bisonte americano è chiamato “baffalo”. Nel mondo il consumo di carne di bufalo è diffuso, oltre che nei Paesi asiatici, in Brasile, Colombia e Argentina e nei migliori ristoranti di Buenos Aires la carne di bufalo è proposta come carne alternativa di alta qualità.
Odiernamente le caratteristiche di appetibilità della carne di bufalo e del manzo ottenute da gruppi di età identici risultano quasi simili e la carne di bufalo spesso ottiene punteggi migliori. In molte occasioni le caratteristiche organolettiche della carne di bufalo hanno una tenerezza simile a quella del manzo con il vantaggio di un ridotto contenuto di colesterolo. Non manca infine l’uso della carne bufalina per la produzione di salumi con caratteri simili a quelli di carne bovina.
Attualmente in Italia vi sono circa duecentomila e cinquecento allevamenti di bufale con la presenza di circa quattrocento e trentamila animali. Circa in tre quarti delle bufale e la metà degli allevamenti sono in Campania, in particolare nelle province di Caserta e Salerno e non indifferente è la produzione di carne e frattaglie di bufala che non sono adeguatamente considerate e usate in alimentazione e nella odierna gastronomia, tanto che in buona parte sono usate in alimentazione animale, soprattutto del cane e del gatto. Carni e frattaglie dimenticate sono oggi quelle di bufala e fanno parte dell’odierno abbandono in cucina di carni di sapori ben definiti, come quelle di animali selvatici. Carne e frattaglie di bufala sono oggi da ricuperare in cucina e in gastronomia, ricordando anche Bartolomeo Scappi che cucina i testicoli di bufalo per Papa Pio V.