L’evoluzione della meccanizzazione può essere significativamente espressa attraverso l’esame dell’evoluzione della macchina principe dell’agricoltura, cioè del trattore.
All’inizio degli anni ‘80 del secolo scorso il trattore, costruito con una tecnologia prettamente meccanica, da macchina per la trazione, grazie alla presa di potenza e all’attacco a tre punti, diventa centrale mobile di potenza nei lavori agricoli.
Nel 1980 l’immatricolazione dei trattori era pari a 66.000 unità per una potenza media di 45 kW, mentre gli occupati in agricoltura erano circa 3 mln. Quindi una forte presenza di manodopera e una meccanizzazione, in conformità col trattore, poco evoluta tecnologicamente, la cui gestione non richiedeva particolare competenza.
Alla fine degli anni ‘80 l’elettronica inizia ad interessare le macchine agricole. L’immatricolazione era intorno alle 40.000 unità, mentre la potenza media saliva a 50 kW e gli occupati in agricoltura scendevano a poco più di 2 mln. L’incidenza della manodopera è ancora elevata, si registra un incremento della potenza dei trattori immatricolati, senza che vi siano state innovazioni significative.
E’ negli anni ‘90 che avviene il passaggio dalla cosiddetta agricoltura 2.0 all’agricoltura 3.0. Questo grazie alla meccatronica applicata alle macchine agricole, cioè al connubio tra meccanica, informatica ed elettronica e alla digitalizzazione, che portano: allo sviluppo della sensoristica di prossimità e da remoto; all’introduzione dei dispositivi per la geolocalizzazione satellitare (GPS, RTK); a software sempre più evoluti grazie alla crescente disponibilità di dati e di informazioni acquisite. Si tratta di informazioni fornite, non solo dai sensori a terra o montati sulle macchine, ma anche da altre fonti, come, ad esempio, le immagini multispettrali di Sentinel-2 del programma Copernicus (disponibili ogni 4 giorni), o quelle ottenute dai droni, ecc. Dai dati acquisiti si ricavano informazioni che servono, ad esempio, per creare le mappe di prescrizione, ed anche per ottenere gli indici di vegetazione, quali l’indice di vigoria, l’indice di stress idrico, l’indice della clorofilla, ecc. Tutte informazioni di supporto alle decisioni che consentono di attuare una corretta smart farming.
Il trattore non è più solo una centrale mobile di potenza ma è diventato, grazie alle ECU (Electronic Control Unit) installate, una centrale mobile di acquisizione e di emissione dati, connessa con i dispositivi satellitari, con i droni, con altre macchine e con il centro operativo aziendale e di servizio assistenza. In sintesi, un sistema meccatronico complesso, che funge da hub tecnologico per la raccolta, la trasmissione e il ricevimento delle informazioni necessarie, non solo per la sua gestione e per la telediagnosi, ma anche per quella del processo produttivo.
Tutto ciò ha portato all’agricoltura di precisione che consente, come sappiamo, di effettuare operazioni sito specifiche in funzione della variabilità, nello spazio e nel tempo, del suolo, della coltura e anche della singola pianta. interventi quali quelli, per fare degli esempi, della guida assistita o autonoma, o del rateo variabile, realizzato attraverso le mappe di prescrizione o in real time, e applicato, alla concimazione, ai trattamenti, ecc e tanto altro.
Negli ultimi 4-5 anni, con l’introduzione dell’intelligenza artificiale (IA), l’evoluzione è divenuta sempre più rapida e ha portato verso l’agricoltura 4.0, la cui corretta attuazione richiede però adeguate competenze e personale formato e qualificato.
Nel 2023 l’immatricolazione dei trattori è scesa a 17600 unità, con un calo di circa il 13% rispetto al 2022, la potenza media è sensibilmente cresciuta rispetto a quella di fine anni ‘80, mentre gli occupati sono scesi sotto il mln.
Il mercato dell’agricoltura 4,0, secondo l’Osservatorio smart agrifood del Politecnico di Milano, nel 2022 è stato di 2100 mln di euro, con una crescita del 31% rispetto al 2021, quando l’incremento era stato del 23%. Ad essere interessata però è soltanto l’8% della superficie coltivata, cioè circa 900mila ettari. Nel 2021 era il 6%. Il 65% del valore di mercato riguarda macchinari connessi con sistemi di monitoraggio e controllo di mezzi e attrezzature. Nel 2023 il mercato ha raggiunto 2500 euro (+19%), ma la superficie interessata elevatasi al 9%, ha avuto solo un lieve incremento. Siamo lontani dalla situazione dei paesi avanzati.
Il futuro della meccanizzazione agricola andrà verso l’agricoltura 5.0 e sarà sempre più indirizzato su soluzioni basate sulla digitalizzazione, l’elettronica avanzata e l’intelligenza artificiale (IA), quali: Internet of Things (IoT), Robot agricoli, Trattori a guida autonoma, Droni impiegati in singole operazioni.
L’architettura di una soluzione IoT in agricoltura, consiste in una rete di sensori di varia natura, posizionati sul terreno coltivato, che trasmette dati via web a una piattaforma cloud di interscambio dati, attraverso una infrastruttura di rete, con la quale è possibile controllare da remoto (pc, tablet, smartphone) tutti gli elementi legati alla coltivazione.
L’intelligenza artificiale oggi rappresenta il più grande strumento per la creazione di macchine intelligenti, in grado di simulare il comportamento dell’uomo. Le cosiddette machine learning infatti, non sono altro che una componente dell’IA. Si tratta di macchine capaci di apprendere in modo autonomo in base ai dati ricavati dall’esperienza di campo. Con queste macchine, nel settore agricolo è possibile, ad esempio, l’identificazione automatica di specie infestanti sulla base dei loro parametri di forma, al fine di fare eseguire il diserbo selettivo direttamente dalla macchina. Discorso analogo può essere fatto per altre operazioni. L’intelligenza artificiale abbinata alle macchine autonome, ha creato i robot agricoli denominati farmbot. Questi sono ormai divenuti una realtà e sempre più sono i prodotti presentati dalle case costruttrici, in attesa della loro piena commercializzazione. Ricordiamo, a titolo esemplificativo, che all’ultima Agritechnica una startup bolognese ha esposto un farmbot di dimensioni contenute dedicato a vigneti e frutteti. La macchina, ad azionamento completamente elettrico, ha cingoli in gomma ed è dotata di presa di potenza e sollevatore a tre punti, in modo da consentire diversi accoppiamenti. La modalità di guida può essere quella radiocomandata o autonoma. Quest’ultima ha due modalità: in campo aperto e in filari. La navigazione in pieno campo è affidata ai dispositivi satellitari (GPS e RTK) oltre che a camere per la visione, mentre quella in filari fa riferimento a camere e a sensori diversi.
I droni vengono oggi non solo impiegati per il monitoraggio e l’acquisizione di informazioni ma anche per svolgere diverse operazioni. Dai droni utilizzati in pieno campo nella lotta contro la piralide e da quelli impiegati in serra per la cattura di insetti, si passa ai droni impegnati a eseguire specifiche operazioni di precisione. Purtroppo la legislazione europea non consente di effettuare i trattamenti fitosanitari coi droni, equiparandoli erroneamente con quelli aerei convenzionali.
Sul tema, l’Accademia dei Georgofili il 27 marzo ha organizzato una giornata di studio sull’aggiornamento tecnico-normativo nell’impiego dei droni per la difesa fitosanitaria delle colture, proprio per fare chiarezza in questo settore, sotto l’aspetto operativo e legislativo, attraverso l’intervento di tutti gli attori interessati.
Per il futuro è prevedibile che le innovazioni immateriali, quali i software realizzati con algoritmi basati sull’intelligenza artificiale, prevarranno su quelle materiali, favorendo la produzione di macchine intelligenti, sempre più in grado di apprendere in modo autonomo. La forza motrice sempre più è orientata all’elettrico, per cui crescerà il consumo di energia elettrica in agricoltura. Un pensiero va fatto su l’autoproduzione, in particolare da fotovoltaico, sui tetti e non in pieno campo, e da agrivoltaico.