Pagliai – Il suolo è uno degli ecosistemi più complessi in natura e uno degli habitat più variegati sulla terra: esso contiene una miriade di organismi diversi, i quali favoriscono e partecipano ai cicli globali che rendono possibile la vita. Sebbene il suolo ospiti il maggior numero di comunità di organismi sulla Terra, tale biodiversità rimane per la maggior parte ignota all’uomo poiché si trova sotto la superficie del suolo, cioè sotto i piedi. Non c’è dubbio che l’avvento delle tecniche molecolari hanno consentito un autentico salto di qualità nelle conoscenze della quantità, qualità e funzionalità delle comunità di microrganismi del suolo.
Mocali - Hai perfettamente ragione. Per lungo tempo non è stato possibile comprendere a fondo le caratteristiche biologiche del suolo per la mancanza di adeguati strumenti. È relativamente semplice, ad esempio, caratterizzare piante ed animali in base alle loro caratteristiche fenotipiche. Sfortunatamente la maggior parte degli organismi del suolo non è visibile ad occhio nudo, sia perché questi vivono nel terreno, sia per le loro dimensioni spesso microscopiche. Essi rappresentano un mondo “invisibile” difficile da decifrare per lungo tempo, praticamente fino all’avvento delle tecniche molecolari, sviluppatesi enormemente negli ultimi vent’anni, e basate principalmente sullo studio del DNA estratto dal suolo. Attraverso di esso, infatti, è possibile ottenere preziosissime informazioni sugli organismi presenti nel suolo e, in una certa misura, capirne anche il potenziale funzionale. In pratica si tratta della più grande rivoluzione scientifica per lo studio della biodiversità del suolo.
Pagliai – Il suolo nasconde un numero straordinario di forme di vita, un’intricata rete di interazioni che coinvolge un’enorme quantità di biomassa vivente. Alla luce anche delle recenti acquisizioni ci puoi dare qualche dato?
Mocali – Tanto per avere un’idea, stime di pochi mesi fa indicano che i suoli ospitano circa il 60% della biodiversità del pianeta. Numeri incredibili! E dobbiamo tener presente che questi organismi interagiscono tra loro, col suolo e con le piante in modo differente attraverso il tempo e lo spazio, rendendo il tutto enormemente più complicato di quanto potessimo immaginare. I microrganismi, in particolare, le forme di vita più antiche del pianeta, riescono anche a vivere insieme o all’interno di altri organismi più grandi, comprese le piante, contribuendo direttamente a regolarne la fisiologia o le risposte agli stress ambientali. Il corpo umano stesso ospita più cellule microbiche che cellule umane! Non è un caso che si parli sempre più spesso di “olobionte” (cioè un organismo che vive in simbiosi con altri organismi) o del concetto di “One health”, ad indicare che, quando parliamo del “nostro” organismo, anziché pensare esclusivamente all’insieme delle cellule che condividono il DNA umano trasmesso dai nostri genitori, sia più corretto considerare con questo termine anche il complesso ecosistema che comprende tutte le cellule con un DNA “extra” umano che ci permettono di sopravvivere e prosperare in salute. Stessa cosa per il suolo, che deve essere considerato e studiato come un vero e proprio organismo vivente.
Pagliai – Pensando alla crisi climatica in atto e ai sui impatti sul suolo si può affermare che i microrganismi sono essi stessi vittima dei cambiamenti climatici: basti pensare alla loro perdita con l’erosione del suolo causata dai violenti nubifragi, alle condizioni di asfissia durante gli allagamenti per non parlare poi dei lunghi periodi di siccità che ne rallentano la loro funzionalità.
Mocali – I cambiamenti climatici stanno mettendo a dura prova molte realtà produttive in vaste aree del mondo. Anche i microrganismi del suolo ne risentono, ovviamente. Anzi, sono molto sensibili a qualsiasi cambiamento ambientale, tant’è che spesso vengono utilizzati come indicatori per la qualità del suolo. Tuttavia, la loro incredibile capacità adattativa gli consente di sopravvivere anche in condizioni estreme e di contribuire a ripristinare la corretta funzionalità dei suoli colpiti. Certamente questo può richiedere del tempo ma anche ambienti estremi come il deserto del Gobi o i ghiacciai dell’Antartide custodiscono microrganismi capaci di resistere e sopravvivere in quei luoghi. Quello che è importante comprendere è come questi microrganismi del suolo possano contribuire al meglio a mitigare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici per la salute del suolo e i suoi servizi ecosistemici. Negli ultimi anni stanno destando molto interesse i cosiddetti bio-prodotti a base di microrganismi (bioinoculi) che hanno dimostrato di essere in grado di rispondere a particolari esigenze del suolo e delle colture in condizioni di stress. Naturalmente, l’efficacia di questi prodotti dipende dalla tipologia di suolo, di contesto e soprattutto degli organismi nativi presenti nel suolo di interesse. Una strada in salita ma che offre enormi potenzialità nella lotta ai cambiamenti climatici.
Pagliai – Proprio nell’ottica del contrasto ai cambiamenti climatici quali sono le prospettive future nello studio della biodiversità del suolo?
Mocali - Gli organismi del suolo possono giocare un ruolo di primaria importanza nel contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici sul suolo. Basti pensare che il turnover del C nel suolo, nonché il flusso dei gas serra (GHG) sono regolati direttamente dai microrganismi del suolo. Inoltre, la capacità dei microrganismi del suolo di supportare le piante in condizioni di stress abiotici è ben nota. Comprendere “chi-fa-cosa” è quindi fondamentale per una ottimale gestione del suolo. Ad esempio, ci sono già esperienze concrete (es. progetto H2020 Excalibur) che dimostrano come l’utilizzo di bioinoculi microbici mirati possono favorire la risposta di colture come pomodoro o fragola nei confronti di svariati stress abiotici. In uno scenario mondiale in cui le temperature aumentano e le precipitazioni diventano meno frequenti ma più abbondanti, è importante arricchire i suoli con microrganismi capaci di favorire una buona struttura del suolo per ridurre fenomeni come l’erosione. Ad esempio, le cosiddette “croste biologiche” sono un ottimo esempio di come i microrganismi del suolo possono contribuire nella protezione e rigenerazione di suoli sottoposti ad elevate temperature. Altri organismi, come ad esempio le micorrize, possono invece interagire a livello rizosferico per promuovere l’efficacia radicale per l’approvvigionamento idrico o dei nutrienti, aiutando così le colture a superare periodi di stress idrico. In generale, ritengo che le comunità microbiche del suolo (microbiota) possano giocare un ruolo chiave nel promuovere la salute del suolo anche in ottica di cambiamenti climatici. La creazione di microbiota artificiali con funzioni specifiche potrebbe aprire la porta ad applicazioni impensabili fino a pochi anni fa. Credo quindi che il futuro dell’ecologia microbica e delle biotecnologie sia garantito.