Fa piacere quando accade che una pubblicazione di informazioni e novità in campo zootecnico, diffusa a livello internazionale, quale è All about Feed, segnali un lavoro prodotto da nostri colleghi italiani. È successo numero del 5 febbraio con “Preserving global land and water resources through the replacement of livestock feed crops with agricultural by-products”, (Nature Food, 2023, 4: 1047-1057).
Gli alimenti di origine animale rappresentano un’importante fonte di proteine nobili nella nostra dieta, ma le attività zootecniche sono messe in discussione perché accusate di inquinare, di usare ampie frazioni di terreno agricolo e grandi risorse di acqua.
Lo studio dimostra come la sostituzione con sottoprodotti agricoli dell’11-16% delle colture intensive, come quelle dei cereali attualmente usate per produrre alimenti per gli animali, può portare a far risparmiare fino a 27.8 Mha di terreno e fino a 19.6 km3 di acqua delle falde (blue water) e 137.8 km3 di acqua piovana utilizzata dalle piante (green water). Secondo i citati ricercatori milanesi, il risparmio di risorse naturali, come l’acqua ed il suolo, è una strategia appropriata per la loro sostenibilità. Ciò comporta che le produzioni animali possano competere, in quanto a sostenibilità, con quelle vegetali.
I sottoprodotti agricoli presi in considerazione nello studio hanno riguardato le crusche di cereali, la polpa di barbabietola, le melasse, i distillers e il pastazzo di agrumi.
La prima osservazione ha riguardato la disponibilità alimentare per l’uomo, che migliorerebbe in molti paesi dove l’impiego dei sottoprodotti agricoli porterebbe ad una più larga scelta di alimenti, insieme al maggior apporto di calorie, con diete più ricche, più sane e sostenibili. Anche per quanto riguarda l’alimentazione animale, l’uso di ingredienti alternativi a quelli classici porterebbe al miglioramento della sostenibilità con la riduzione dell’impatto ambientale, non solo a livello locale.
La seconda osservazione è stata quella che, limitando la necessità di importare mangimi e materie prime dall’estero, si ottiene la positiva conseguenza di benefici economici e sociali: la produzione di certi alimenti per gli animali comporta il colpevole ricorso alla deforestazione selvaggia e l’utilizzo di grandi volumi di acqua, con il conseguente effetto sulla concentrazione dei gas serra e sulla biodiversità. Nell’articolo si aggiunge che la diminuzione della domanda dei cereali risponde anche, in questo momento, alle carenze produttive conseguenti al conflitto russo-ucraino, alla pandemia da Covid 19 ed alle ultime condizioni atmosferiche dovute al cambiamento climatico. Verificare le potenzialità di alimenti non comunemente usati per gli animali in alternativa a quelli convenzionali è una sfida da raccogliere, secondo gli autori.
Si conclude osservando che, proprio perché le attività zootecniche sono considerate responsabili di una significativa fetta dell’impatto globale sull’ambiente, la ricerca si deve concentrare su di una “smart animal nutrition” che ci permetta di ottenere la stessa quantità e qualità di proteine animali, ma con un “carbon foot print“ più basso, per dirla con gli autori. In questo senso i sottoprodotti agricoli devono dare una mano.
Dobbiamo osservare che, dall’esame della letteratura scientifica e tecnica internazionale più recente, l’invito dei colleghi milanesi ad utilizzare alimenti alternativi per i nostri animali in produzione viene largamente accolto, sempre motivato dalla necessità di fare “qualcosa” per migliorare la incresciosa situazione del nostro pianeta. Purtroppo lo stesso non avviene in altri settori come quello dei trasporti, dell’industria, della deforestazione o della produzione di energia. L’indice accusatore viene troppo spesso teso verso la zootecnia, che impiega fonti energetiche prevalentemente rinnovabili (gli alimenti degli animali) e troppo poco spesso verso tutte le altre attività che impiegano fonti fossili (petrolio, carbonio) proporzionalmente in maniera più massiccia.
Quanto può essere sostenibile un futuro in cui non ci sarà da mangiare per tutti anche, fra le altre cose, per l’indisponibilità dei terreni agricoli tappezzati di pannelli fotovoltaici, ma ci sarà ampia disponibilità di automobili elettriche alimentate da batterie altamente inquinanti?