Nel suo intervento alla COP 28, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato che la sfida che dobbiamo affrontare è quella di garantire “healthy food” per tutti. Quindi non solo cibo “safe”, sicuro dal punto di vista igienico-sanitario, ma anche “healthy”, un cibo che abbia valore salutistico e sia benefico per la nostra salute.
Questa è una distinzione molto importante e seria.
Per secoli alimenti contaminati da microrganismi patogeni o produttori di tossine hanno rappresentato una delle principali cause di morte nella popolazione umana. Oggi abbiamo a disposizione molti mezzi chimici e fisici che ci aiutano a conservare adeguatamente il cibo, riducendo così i rischi di sviluppo di agenti patogeni e tossinogeni. Inoltre, molti sistemi di gestione agronomica sono in grado di produrre cibo limitando o escludendo l’uso di pesticidi e erbicidi, i cui residui chimici possono permanere negli alimenti ed essere attivi come mutageni, cancerogeni o interferenti endocrini. Tutto questo grazie anche agli studi che hanno portato alla formulazione di nuove leggi e regolamenti in Europa, dove ormai “food safety” significa sicurezza sanitaria, integrità e salubrità degli alimenti che mettiamo in tavola tutti i giorni.
Ma il concetto di “healthy food” va ben oltre la sicurezza alimentare e ci riporta direttamente alle parole del medico greco Ippocrate: “lascia che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo”.
Cibo, cioè, che rappresenti un fattore di protezione della nostra salute.
Molti studi epidemiologici hanno dimostrato che frutta e ortaggi possono prevenire malattie cardiovascolari e metaboliche e patologie infiammatorie, poiché contengono quantità elevate di sostanze antiossidanti, attive contro i radicali liberi, o capaci di detossificare sostanze cancerogene. Nel 2004, il Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti d’America (USDA) ha identificato e classificato, in base al loro potere antiossidante, più di 100 cibi diversi, tra cui molta frutta fresca e secca, ortaggi e cereali.
Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che la qualità funzionale delle colture alimentari e il loro contenuto in molecole ad alto valore salutistico varia al variare delle pratiche agronomiche e dei processi ecologici del suolo che stanno alla base della loro produzione. Così sono importanti l’uso di cover crops e green covers, di biofertilizzanti e biostimolanti, ma anche la qualità ambientale e la salute del suolo. Per esempio, una meta-analisi condotta nel 2014, che ha analizzato 343 studi pubblicati su riviste scientifiche internazionali, ha dimostrato che le piante coltivate con metodi organici contenevano concentrazioni più elevate di antiossidanti: dal 19% in più di acidi fenolici al 51% in più di antocianine. Per quanto riguarda qualità e salute del suolo, è noto che alcuni microrganismi benefici che vivono associati alle radici - endofiti, simbionti e rizosferici - inducono sostanziali cambiamenti nel metabolismo secondario delle piante, incrementando la produzione di composti biologicamente attivi, tra cui carotenoidi e polifenoli.
E’ dunque importante conoscere dove e come il cibo è stato prodotto, al fine della sua diversificazione e caratterizzazione.
La sfida di Giorgia Meloni per la produzione di “healthy food” è un obiettivo che il comparto agro-alimentare italiano può con successo perseguire nel prossimo futuro, in primo luogo utilizzando tutte le tecnologie disponibili per produrre un cibo ricco di sostanze capaci di promuovere la nostra salute e di contrastare gli xenobiotici di origine industriale e ambientale a cui siamo quotidianamente esposti. Un cibo che può acquisire un alto valore aggiunto attraverso azioni di marketing mirate a informare il numero sempre crescente di consumatori che, in tutto il mondo, sono interessati a conoscere e acquistare cibo funzionale, ad alto valore nutraceutico.