Le coltivazioni "biologiche" sono sorte e si sono diffuse nella seconda metà del secolo scorso, riscuotendo un crescente successo. I motivi erano diversi e basati sulla migliore qualità dei prodotti, in quanto esenti da trattamenti chimici e sottoposti a controlli severi sul rispetto delle tecniche e di quant'altro richiesto per tutelare anche l'ambiente. Si sollevarono subito diverse perplessità e i Georgofili ne discussero con autorevoli studiosi. Negli Atti di un apposito Convegno sono riportati i testi delle Relazioni. Ricordo che il prof. Filippo Lalatta, dell'Università di Milano, fu il primo a manifestare il proprio parere negativo, a cominciare dall'adozione del termine "agricoltura biologica" (carpito anche a noi che siamo tutti organismi biologici) giustamente ritenuto accattivante per i consumatori, ma prospettando altrettanto motivatamente i facili rischi di speculazioni e le difficoltà di efficienti servizi di controllo.
Lunedì 10 ottobre alle ore 21.30 sulla rete RAI 3, la trasmissione "REPORT" ha indicato in 18 milioni gli italiani che preferiscono cibo "biologico", nonostante che abbia prezzi più alti. Anche il Corriere della sera ha segnalato, il 10 mattina, questa inchiesta di REPORT, in particolare per quanto riguarda il grano biologico e le frodi connesse. La conduttrice dell'articolata trasmissione televisiva, Milena Gabbanelli, ha guidato un efficiente insieme di interviste e sopralluoghi, a cominciare dal normale grano (cioè non biologico) che viene venduto come "BIO" certificato, trasformato poi in pasta, destinata a finire sulle tavole di ignari consumatori di vari Paesi.
"Un produttore della provincia di Foggia, avrebbe improvvisamente aumentato i suoi terreni, solo grazie ad un certificato falso. Secondo gli inquirenti, sarebbe passato da 11 a 675 ettari, arrivando così da una produzione di grano duro convenzionale di 50 tonnellate a ben 30.500 tonnellate. Gli Enti certificatori si sono accorti della contraffazione solo dopo 6 mesi. Ma, a causa di questo ritardo nell'accertare la frode, il grano era già diventato pasta, era stato venduto e mangiato".
"Quattro grandi mulini italiani, tra quelli specializzati in 'biologico', hanno ritirato dal mercato soltanto il 5% del prodotto, con un danno di 700.000 euro. Uno di essi avrebbe spiegato che, se avesse dovuto richiamare tutto, avrebbe avuto un danno 20 volte maggiore (44 milioni), cioè avrebbe dovuto chiudere."
"Nel porto di Ravenna, la Magistratura ha scoperto 2.000 tonnellate di granaglie proveniente da India, Kazhakystan, Ucraina e Moldavia. Ma triangolando da Malta e Romania, la merce arriva in Italia come 'biologica' certificata".
"La Guardia di Finanza ha scoperto che a volte le strutture certificatrici sono di proprietà di consorzi di imprese composti dalle stesse aziende da certificare".
La situazione denunciata è molto preoccupante. Occorre quindi una tempestiva verifica per tranquillizzare al più presto tutti i consumatori e i nostri agricoltori in buona fede, che intendono perseverare con il "BIO". Bisogna riesaminare il sistema dei grandi castelli creati per il controllo e la certificazione, al fine di assicurare le ambite caratteristiche attribuite ai prodotti. Un impegno a tutti i livelli deve offrire anche garanzie e responsabilità personali.