Fare la pianta non è un mestiere facile. Provate a pensare quanto debba essere difficile sopravvivere in un ambiente ostile senza potersi spostare. Immaginate di essere una pianta, circondata da insetti, erbivori, predatori di ogni specie. E non potete scappare. L’unica maniera per sopravvivere è essere indistruttibili; essere costruiti in modo interamente diverso da un animale. Essere una pianta, appunto.
Per eludere i problemi relativi alla predazione, le piante si sono evolute secondo una strada unica e insolita, sviluppando delle soluzioni così lontane da quelle prodotte dagli animali da essere per noi l’esempio della diversità. Organismi così differenti da noi animali che, per quanto ci riguarda, potrebbero benissimo essere degli alieni. Molte delle soluzioni sviluppate dalle piante, sono il perfetto opposto di quelle prodotte dal mondo animale.
Ciò che negli animali è bianco, nelle piante è nero, e viceversa: gli animali si spostano, le piante sono ferme; gli animali sono veloci, le piante lente; gli animali consumano, le piante producono; gli animali generano CO2, le piante fissano CO2; e così via fino alla contrapposizione decisiva. La più importante, secondo me, e la più sconosciuta: quella tra diffusione e concentrazione. Qualunque funzione che negli animali sia affidata ad organi specializzati, nelle piante è diffusa sull’intero corpo. E’ una differenza fondamentale di cui è difficile comprendere appieno le conseguenze. Una struttura così diversa è uno dei motivi per cui le piante paiono così diverse. L’avere in comune con quasi tutti gli animali un cero numero di organi fondamentali ce li rende vicini e comprensibili. Lo stesso non avviene con le piante. Ma perché i vegetali non hanno sviluppato gli organi singoli e specializzati che si sono dimostrati così utili nel mondo animale? La risposta è banale: pur essendo efficienti nello svolgere le loro funzioni, gli organi sono un punto debole.
Sfortunatamente lo sappiamo: un difetto, un danno qualunque a uno dei nostri organi vitali sono sufficienti a fermarci. Una pianta dotata di organi sarebbe soggetta a soccombere davanti al più ridicolo dei predatori, Un bruco che mangiasse un pezzettino di un organo vitale sarebbe sufficiente a ucciderla. Ecco perché le piante non hanno organi singoli: perché sono costruite per resistere. Attenzione, il fatto che non posseggano gli organi non vuol dire mancare della funzione che quell’organo esplica. La pianta, infatti, respira senza polmoni, si nutre senza bocca, vede senza occhi, sente senza orecchie e, infine, comunica, risolve problemi, ricorda e impara senza avere un cervello né strutture specializzate, cui siano demandati tali compiti.
Le piante sono un modello diverso da quello animale, per molti versi opposto. Un’alternativa di cui tenere di conto. Il nostro approccio verso la progettazione, infatti, è sempre stato quello di una sostituzione, espansione o miglioramento delle funzioni umane. In pratica, l’uomo ha sempre tentato di replicare l’essenziale dell’organizzazione animale nella costruzione dei suoi strumenti. Prendiamo in computer – il simbolo stesso della modernità. E’ progettato su schemi ancestrali: un processore in rappresentanza del cervello che ha la funzione di governare l’hardware, e poi dischi rigidi, Ram, schede video e audio. Ossia, la banale trasposizione dei nostri organi in chiave sintetica. Tutto quello che l’uomo progetta tende ad avere, in maniera più o meno palese, questo disegno di fondo: un cervello calcolatore che governa degli organi attuatori. Addirittura, le nostre società sono costruite su questo stesso arcaico disegno.
Le piante sono un modello alternativo e inesplorato. Non hanno un’organizzazione centralizzata, tutto in loro è diffuso e prodotto a partire da moduli. La loro costruzione è la quintessenza della modernità: un’architettura modulare, cooperativa, distribuita e senza centri di comando, in grado di resistere perfettamente a predazioni catastrofiche e ripetute senza perdere la funzionalità. Le piante sembrano, da questo punto di vista, organismi molto più moderni degli animali e noi faremmo bene a tenerne conto per progettare il nostro futuro.
(da Corriere della Sera, 15/9/2016)
In the mind of plants
It is not easy to be a plant. Try to imagine how difficult it is to survive in an adverse environment without being able to move. Imagine you are a plant surrounded by insects, herbivores, predators of all sorts. And you cannot escape. The only way to survive is to be indestructible, to be entirely different from an animal. That is, to be a plant. To escape the problems of predation, plants have evolved following a unique and unusual path. They have developed solutions so different from those produced by animals as to become, in our eyes, an example of diversity. Many of the solutions developed by plants are the exact opposite of those produced by the animal world. For example, any function that is entrusted to specialized organs in animals is diffused all over the body in plants. It is a fundamental difference whose consequences are difficult to fully understand. Why have vegetables not developed the individual specialized organs that have proved to be so useful in the animal world? The answer is banal. Even if organs are efficient in performing their functions, they are a weak point. Unfortunately, we know that any imperfection, any damage to one of our vital organs is enough to stop us. A plant with organs would be overcome even by the smallest predator; a caterpillar, which ate a small piece of a vital organ, would be enough to kill it. That is why plants do not have individual organs, because they are made to resist. Be careful, as the fact that they have no organs does not mean they lack the functions of those organs. The plant, actually breathes without lungs, feeds without a mouth, sees without eyes, hears without ears, and finally communicates, solves problems, remembers and learns without those tasks being delegated to either a brain or specialized structures,. Plants seem to be much more modern organisms than animals and we should pay attention to that in planning our future.