1. Una proposta di legge, e la riscoperta dell’agricoltura
Il Senato ha approvato, e la Camera dei deputati sta esaminando, la proposta di legge per il riconoscimento della figura dell’agricoltore custode dell’ambiente e del territorio
(v. https://documenti.camera.it/leg19/pdl/pdf/leg.19.pdl.camera.1304.19PDL0045190.pdf).
Il testo, all’art. 1, muove dal richiamo al nuovo testo dell’art. 9 della Costituzione, quanto alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, e tuttavia segna una significativa novità rispetto alla recente riforma costituzionale.
La Legge cost. 11 febbraio 2022, n. 1, che ha modificato gli artt. 9 e 41 della Costituzione, invero, non ha neppure nominato l’agricoltura e l’uso dei suoli, quasi che la tutela dell’ambiente e della biodiversità possa prescindere dall’utilizzazione dei suoli e delle altre risorse naturali ai fini della produzione agricola ed alimentare.
L’omissione in sede di riforma costituzionale non è in realtà sorprendente, perché di agricoltura, e più in generale di attività destinata alla produzione di cibo e di uso dei suoli per tale attività, non si era parlato nell’ambito del dibattito che ha accompagnato la recente riforma della costituzione.
D’altro canto – come è noto – la parola agricoltura non compare più nel testo vigente della costituzione, in esito alla riforma del 2001 (introdotta con L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 1, che ha modificato il Titolo V della Parte II, fra l’altro riscrivendo l’art. 117 cost.), che ha cancellato dall’elenco delle materie nominate nell’art. 117 cost. quella dell’agricoltura e foreste.
Anche quando, in questi ultimi anni, si è riaperto il confronto su eventuali riforme costituzionali, agricoltura e produzione agricola sono rimaste totalmente assenti dal dibattito.
La stessa ampia legge di riforma costituzionale del 2016, approvata dal Parlamento ma bocciata in sede referendaria, non prevedeva la reintroduzione della materia agricoltura e foreste nel testo dell’art. 117 cost., pur aggiungendo all’elenco delle competenze dello Stato “le disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare”, in qualche misura anticipando l’attenzione alla food security riemersa dopo la pandemia di Covid-19 e lo scoppio della guerra in Ucraina.
L'aspetto paradossale è che, successivamente alla riforma del 2001, la nostra Corte costituzionale è dovuta intervenire più volte in controversie tra lo Stato e le Regioni, nelle quali si discuteva di questioni che le Regioni rivendicavano come di propria competenza esclusiva collocandole in una materia, l’agricoltura, non nominata espressamente nell’art. 117 cost., e come tale rientrante – almeno ad una prima lettura – nella previsione del 4^ comma, in forza del quale «Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato».
La Corte costituzionale, in un’articolata serie di sentenze, ha motivatamente respinto tale lettura, ricostruendo un quadro di principi e regole, ed un articolato contesto, nel quale collocare l’agricoltura. Le pronunce della Corte in materia sono numerosissime, a conferma dell’insostenibilità della scelta operata nel 2001. Basti dire, per ricordare qualche numero significativo, che dal gennaio 2002 al luglio 2019 sono oltre 400 le pronunce della Corte, che hanno investito questioni che in vario modo riguardano l’agricoltura, con un’impressionante dimensione del contenzioso costituzionale in argomento. Nella grande maggioranza dei casi la Corte ha respinto i ricorsi regionali contro leggi statali, che avevano previsto interventi nazionali attraverso l’esercizio di funzioni di politica economica ovvero attraverso attività di monitoraggio e vigilanza, ricostruendo la disciplina dell’agricoltura come essenzialmente unitaria e condivisa, a livello nazionale e comunitario.
Il tempo è galantuomo, e sta oggi maturando la consapevolezza che cancellare agricoltura e foreste dall’elenco delle materie nominate in costituzione, e non inserirla esplicitamente nel testo riformato degli artt. 9 e 41 della Costituzione, è stata una scelta davvero paradossale, per un paese come l'Italia, che rivendica da sempre la ricchezza della propria agricoltura e vanta nelle statistiche ufficiali la capacità di esportazione dei prodotti agroalimentari, sottolineando il primato quanto al numero di Prodotti del territorio riconosciuti in sede europea come DOP o IGP.
2. Le novità della proposta di legge
La proposta attualmente all’esame della Camera dei Deputati prevede l’introduzione di una specifica figura di “agricoltori custodi dell’ambiente e del territorio”, in essa comprendendo tutti gli imprenditori agricoli, singoli od associati, e le società cooperative del settore, che si occupano di una o più delle attività di:
a) manutenzione del territorio attraverso attività di sistemazione, di salvaguardia del paesaggio agrario, montano e forestale e di pulizia del sottobosco, nonché cura e mantenimento dell’assetto idraulico e idrogeologico e difesa del suolo e della vegetazione da avversità atmosferiche e incendi boschivi;
b) custodia della biodiversità rurale intesa come conservazione e valorizzazione delle varietà colturali locali;
c) allevamento di razze animali e coltivazione di varietà vegetali locali;
d) conservazione e tutela di formazioni vegetali e arboree monumentali;
e) contrasto all’abbandono delle attività agricole, al dissesto idrogeologico e al consumo del suolo;
f) contrasto alla perdita di biodiversità attraverso la tutela dei prati polifiti, delle siepi, dei boschi, delle api e di altri insetti impollinatori e coltivazione di piante erbacee di varietà a comprovato potenziale nettarifero e pollinifero.” (art. 2 della proposta).
Il testo prevede poi la creazione di elenchi regionali ove iscrivere tali agricoltori, accordi e protocolli intesi a valorizzare le attività soprarichiamate, l’istituzione di una Giornata nazionale e di altre iniziative celebrative e di valorizzazione (v. gli artt.3-10 della proposta).
In realtà, già alcuni anni fa la Legge n. 194 del 15 dicembre 2015, rubricata “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare”, aveva introdotto norme per la tutela del territorio rurale con il dichiarato fine di valorizzare le ricorse locali; ed in questo ambito aveva previsto la figura degli “agricoltori e allevatori custodi” (art. 2 della L. n. 194/2015), nonché diverse iniziative di promozione, ivi inclusa “l’istituzione di comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare” (art. 13 della L. n. 194/2015).
Gli interventi previsti dalla legge del 2015 e dalla proposta di legge attualmente in discussione sono molto simili, ma ciò che segna la novità della proposta rispetto al testo vigente da alcuni anni è l’approccio adottato. La legge del 2015, richiamata la Convenzione di Rio de Janeiro del 1992 sulla tutela della biodiversità, dichiarava sin dal titolo ed individuava quale proprio oggetto e finalità stabilire “i princìpi per l'istituzione di un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, finalizzato alla tutela delle risorse genetiche di interesse alimentare ed agrario locali dal rischio di estinzione e di erosione genetica” (art. 1 della L. n. 194), con ciò sottolineando l’attenzione alle risorse genetiche locali (art. 2), ed in tale ambito individuava gli agricoltori custodi e gli allevatori custodi in ragione del loro impegno per tali produzioni locali.
La proposta attuale muove dal nuovo testo dell’art. 9 della Costituzione e valorizza sin dal titolo la figura dell’agricoltore come “custode dell’ambiente e del territorio, che concorre alla protezione del territorio stesso dagli effetti dell’abbandono delle attività agricole nonché dello svuotamento dei piccoli insediamenti urbani e dei centri rurali e dal rischio idrogeologico.” (art. 1 della proposta).
Ne emerge un soggetto, l’imprenditore agricolo, che non è considerato solo in ragione del legame con le varietà colturali, animali, e vegetali locali (pur richiamate dall’art. 2), ma è valorizzato nel complesso di tutte le sue attività, riconosciute come essenziali per la protezione dell’intero territorio.
Particolarmente significativa a tal fine appare l’ampia formula contenuta all’art. 2, lett. e) della proposta, ove viene dichiarata idonea a far assumere la qualità di “agricoltore custode” lo svolgimento di attività di “e) contrasto all’abbandono delle attività agricole, al dissesto idrogeologico e al consumo del suolo;”.
Si tratta di formula assai ampia, che prescinde dalla dimensione locale, e che in realtà può essere applicata a tutte le imprese agricole, ovunque operanti, nella misura in cui – con il loro stesso agire quotidiano – mantengono in vita attività agricole, operano contro il dissesto geologico, destinano il suolo ad attività di coltivazione che non ne determinano il consumo.
3. Quali prospettive?
Sicché, pur presentando elementi in comune con precedenti interventi legislativi, rimasti di fatto privi di esiti operativi (interventi che inducono ad interrogarsi sull’utilità di pratiche legislative spesso rivolte più alla comunicazione che all’effettività), la proposta di legge attualmente in discussione in qualche misura conferma la necessità di rileggere l’art. 9 della Costituzione, pur nel testo di recente novellato, ponendolo in relazione con quanto dispone l’art. 44 della Costituzione, lì ove assegna alla legge il “fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo” oltre che “di stabilire equi rapporti sociali”.
D’altro canto, di “sviluppo razionale della produzione agricola” parlava già l’art. 39 TCEE, e parla oggi l’art. 39 TFUE, lì ove individua le finalità della Politica Agricola Comune.
Nel tempo presente, sviluppo razionale della produzione agricola, di tutta la produzione agricola, significa necessariamente che l’intera attività agricola deve muovere nel senso di contrastare l’abbandono delle attività agricole, il dissesto idrogeologico, ed il consumo del suolo.
Non è una peculiarità di alcuni “agricoltori custodi”, ma è un dato che deve essere riconosciuto all’attività agricola in quanto tale, che si svolge secondo canoni di razionalità e di sostenibilità, come previsto anche dalle ultime riforme della PAC in applicazione dal gennaio del 2023.
La proposta di legge, al di là delle singole disposizioni, induce insomma a riflettere sull’urgenza di una lettura dell’attività agricola, che la valorizzi quale primo ed essenziale strumento di compiuta coerenza con ogni progetto di garanzia dell’ambiente e del territorio.