Sibaritico è definizione di ricchezza e di una raffinatezza molle, lasciva e voluttuosa con lussi e piaceri anche della tavola come quelli degli abitanti della città di Sibari, una delle più importanti città della Magna Grecia sul mar Ionio tra i fiumi Crati (Crathis) e Coscile (Sybaris). Fondata alla fine dell'VIII secolo a.C. da un gruppo di Achei provenienti dal Peloponneso Sibari si sviluppa rapidamente grazie alla fertilità del suo territorio dove si coltivano olive, frumenti, frutta e olio. I sibariti amano la cucina del buon cibo, organizzando spesso banchetti a spese dello Stato.
Ateneo di Naucrati, storico greco del III secolo d. C. è probabilmente consultatore della Biblioteca di Alessandria e nella sua opera giunta a noi I Deipnosofisti o I dotti a banchetto citando circa settecento autori e duemilacinquecento opere ci dà un’idea della cucina che vi era a Sibari. È però soprattutto lo storico greco Filarco (… - circa 215 a. C.), nato Naucrati in Egitto ma considerato ateniese, che nel venticinquesimo libro della sua Storia, ci permette di ritenere che i sibariti amano particolarmente il pesce di mare del quale la città è ricco e che nel loro lusso hanno leggi per le quali le donne possono partecipare ai loro banchetti e che coloro che intendono invitarle alle sacre feste devono farlo un anno prima, affinché possano avere tutto quel tempo per procurarsi indumenti e altri ornamenti in modo adeguato e degno dell'occasione, e così venire al banchetto al quale sono invitate. Inoltre a Sibari vige una legge per la quale se un pasticcere o un cuoco inventa un piatto particolare ed eccellente a nessun altro artista è permesso di farlo per un anno e solo chi l'ha inventato ne ha il diritto con il profitto che ne derivava dalla fabbricazione per quel tempo. In questo modo tutti i cuochi della città sono indotti a cercare sempre nuovi piatti contribuendo a far eccellere la cucina sibaritica, che per questo diviene famosa, per il primo e forse unico esempio registrato di un diritto della proprietà intellettuale per un piatto di cucina.
In uno dei passaggi più famosi di Deipnosofisti racconta di un re che ha voglia di acciughe mentre è lontano dal mare e il suo cuoco ne prepara un sostituto intagliando scaglie di rapa in piccoli pesci e friggendole con sale e semi di papavero e deliziato dall'ingegnosità del cuoco, il re esclama: il cuoco e il poeta sono simili: l'arte di ciascuno sta nella sua mente! Cuoco poeta della cucina? Mentre i cuochi di Sibari brevettano le loro ricette, i filosofi greci classici discutono se la cucina deve essere considerata una tekhne nel significato di un abile mestiere o di un’arte, o una semplice empereia o di una abilità di preparare i cibi. La preparazione e le modificazioni dei cibi e la nutrizione sono già precisi interessi nel mondo greco classico, anche se quelle che ora definiamo tecnologie alimentari, iniziando dalla cottura sul fuoco, sono una caratteristica distintiva della nostra umanità e anche di altre specie preumane che ci hanno preceduto. Nel mondo greco antico della parola techne nella preparazione del cibo ne parla Platone (428/427 a. C, - 348/347 a. C.) nel Dialogo Gorgia dicendo che la cucina non è una forma d'arte, ma è solo un modo per gratificare i piaceri delle persone e un modo per mascherare la realtà di ciò con cui si ha a che fare, usando la cucina come metafora dell'inganno perché i cuochi nascondono le materie prime trasformandole.
Oggi assistiamo a richieste sulla possibilità di brevettare nuove pietanze, alimenti, ricette oppure nuovi metodi di lavorazioni di alimenti e pietanze, ma questo non è facile se non è impossibile perché secondo il Codice della Proprietà Industriale “Possono costituire oggetto di brevetto per invenzione le invenzioni, di ogni settore della tecnica, che sono nuove e che implicano un’attività inventiva e sono atte ad avere un’applicazione industriale”. Perché una ricetta oppure un alimento siano brevettabili devono essere ovviamente nuovi. Inoltre una insolita unione di più ingredienti non può essere considerata inventiva e quindi brevettabile se l’effetto finale è semplicemente quello di avere un gusto diverso dato dalla sovrapposizione dei gusti dei singoli alimenti. Infine per la brevettabilità di una ricetta o di un nuovo preparato alimentare è necessaria un’applicabilità industriale quindi ripetibile e che la sua corretta realizzazione non sia legata alla maggiore o minore bravura o abilità di chi la esegue. Quindi non è possibile brevettare una ricetta.
Una forma alternativa al brevetto potrebbe essere, in alcuni casi, una sua protezione mediante il Diritto d’Autore che tuteli l’aspetto estetico finale, ad esempio la composizione del piatto e solo se si possa riconoscere valore artistico ad essa, come avviene per i quadri o le sculture d’arte, anche queste non brevettabili. In che non sembra facile.