“Il consumo di suolo continua a trasformare il territorio nazionale con velocità elevate e crescenti. Nell’ultimo anno, le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 76,8 km2, il 10,2% in più del 2021. Si tratta, in media, di più di 21 ettari al giorno, il valore più elevato degli ultimi 11 anni, in cui non si erano mai superati i 20 ettari.
La crescita delle superfici artificiali ha interessato 2,4 metri quadrati di suolo ogni secondo ed è stata solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali, (che ha riguardato 6 km2, per lo più associati al recupero di aree di cantiere o di altro suolo consumato reversibile), facendo risultare ancora lontano l’obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto, che, negli ultimi dodici mesi, è invece risultato pari a 70,8 km2 (19,4 ettari al giorno, 2,2 m2/secondo) di cui 14,8 km2 di consumo permanente. A quest’ultimo valore vanno aggiunti altri 7,5 km2 passati, nell’ultimo anno, da suolo consumato reversibile (rilevato nel 2021) a permanente, portando nell’ultimo anno a una crescita complessiva dell’impermeabilizzazione di 22,3 km2.”
Questo paragrafo è tratto dal Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2023” dell’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale (ISPRA). Si ricorda che con consumo di suolo si intende l’incremento della copertura artificiale del suolo, copertura che lo rende impermeabile.
Già negli anni passati, quando viaggiavamo al ritmo di 2 metri quadrati al secondo di consumo di suolo, avevamo definito questi dati allarmanti e avevamo auspicato fortemente un’inversione di tendenza. Cosa dire alla luce dei dati attuali? Nemmeno la recente pandemia, che ha bloccato tutto in Italia, è riuscita a frenare questo fenomeno!
Il consumo di suolo riguarda tutte le Regioni d’Italia e gli incrementi maggiori, in termini di consumo di suolo netto avvenuto nell’ultimo anno, riguardano Lombardia (con 908 ettari in più), Veneto (+739 ettari), Puglia (+718 ettari), Emilia-Romagna (+635), Piemonte (+617). Anche la Toscana che, da tempo, ha assunto il consumo di suolo zero quale principio ordinatore delle politiche di governo territoriale non è riuscita a mantenere questo impegno sebbene detto consumo sia di entità inferiore alle suddette Regioni.
Eppure è stato ampiamente riconosciuto e sottolineato che il ritmo impressionante con cui si ripetono le catastrofi ambientali, dalle Marche (2022), a Ischia (2022), alla Romagna (2023), tralasciando le precedenti, dipendono, oltre che dalla crisi climatica in atto con eventi estremi ma non più eccezionali, anche dalle ampie superfici impermeabilizzate (suolo consumato), fiumi o corsi d’acqua tombati, ecc. Nonostante questo e nonostante i proclami di invertire la tendenza si continua imperterriti a cementificare.
Anche le recenti piogge violente (ma ormai piove così) di questi ultimi giorni hanno causato forti disagi e danni dalla Liguria alla Toscana (in precedenza in Lombardia, ecc.).
Sono ancora negli occhi di tutti le drammatiche immagini di questi giorni degli allagamenti, degli ingenti danni e della perdita di vite umane in seguito ai violenti nubifragi (bombe d’acqua) del 2 e 3 novembre u.s. che hanno colpito gran parte della Toscana, in particolare Campi Bisenzio, Prato, Quarrata, ecc.
Aree ad alta densità abitativa e quindi fortemente cementificate; si parla anche di ottocento ettari allagati nella zona di Campi Bisenzio a conferma che con piogge di quella violenza (190 mm in tre ore) l’acqua non si infiltra; da notare anche che nelle aree ancora agricole l’intensificazione culturale degli ultimi cinquant’anni e l’eccessiva compattazione dall’uso di macchine agricole sovradimensionate rispetto alla fragilità del suolo hanno ulteriormente ridotto la capacità di infiltrazione dell’acqua. Occorre con urgenza un piano di messa in sicurezza del territorio e un ripensamento del modello di sviluppo agricolo. Pochi giorni prima era stata duramente colpita Follonica con forti allagamenti in aree densamente abitate e, quindi, altamente cementificate, a conferma non più dell’eccezionalità di questi eventi ma della regola.
Si precisa che la modalità di uso del suolo e la gestione del territorio è una questione politica e non tecnico-scientifica. La ricerca ha solo il compito di sviluppare scenari e prevedere quali cause e impatti possono accadere quando differenti opzioni sono attuate. Anche in questo caso, nei report scientifici e nelle analisi degli studiosi del suolo fin dal secolo scorso, nelle loro conclusioni si indicava, quale sfida del futuro, la corretta gestione del suolo e delle risorse idriche e si leggeva che l’impermeabilizzazione del suolo (soil sealing) avrebbe aumentato il rischio di esondazioni: ora possiamo dire che questa è un’altra sfida persa!
Il dramma è che questa sfida non la hanno persa solo i ricercatori ma la popolazione e, soprattutto, le future generazioni!