La scomparsa del prof. Cesare Intrieri (17.10.2023), già ordinario di Viticoltura, emerito dell’Università di Bologna, ha privato il mondo viticolo di una “istituzione”: per 50 anni ha fatto scuola, come docente, ricercatore e divulgatore. Per lui l’aula accademica era un luogo solenne e la “lezione” era una sintesi ben documentata delle conoscenze da trasmettere agli studenti che ne subivano fascino e dedizione.
La ricerca era il suo principale impegno, quasi un bisogno di realizzazione personale, che affrontava quotidianamente, non temendo di andare contro corrente, di sollevare contrarietà; la sua tenacia, sorretta da grande autostima, gli consentiva di raggiungere i massimi obiettivi o di indicare traguardi possibili. Era un appassionato cultore della fisiologia della vite, nella sua complessità.
Era un grande ricercatore creativo; voleva coniugare le forme d’allevamento della vite con l’approccio alla meccanizzazione integrale dei vigneti per abbattere le operazioni manuali che impegnavano l’intera stagione, dalla potatura alla vendemmia; nutriva il desiderio di essere co-attore della rivoluzione coinvolgente l’intero processo, tanto da cimentarsi nella progettazione e realizzazione di prototipi di potatrici e vendemmiatrici, essenziali per una viticoltura integralmente meccanizzata, che ha segnato il passaggio alla modernità, molto più di quanto non sia avvenuto in frutticoltura.
Intrieri è stato il docente che nella formazione selettiva plasmava l’allievo a sua somiglianza cosicché poi ne rivendicava l’immagine fino a rendere talvolta conflittuale il successivo rapporto operativo e di pensiero fra docente e discepolo. È merito dei suoi principali allievi, Oriana Silvestroni, Stefano Poni e Ilaria Filippetti, aver dimostrato di saper cogliere al meglio i suoi indirizzi formativi rivelando una spiccata, originale identità professionale.
Ci teneva molto a dimostrare la validità dei suoi insegnamenti, sempre supportati da dati sperimentali, tanto da seguire personalmente le applicazioni di aziende viticole in varie regioni.
Era orgoglioso dei suoi modelli di vigneti meccanizzati allevati a cordone libero, che salvaguardavano la qualità dell’uva e sono quindi compatibili con i disciplinari dei vini DOC dei principali vitigni.
Era un instancabile studioso, che sapeva unire l’attività di insegnamento a quella di sperimentatore, con sapiente lungimiranza e con una progettualità permanente.
La notorietà e la fama del prof. Intrieri hanno superato i confini nazionali e l’ambito accademico italiano per irradiarsi nel mondo. Il prof. Intrieri aveva stabilito rapporti collaborativi fin dall’inizio degli anni ‘70 con i maggiori scienziati ed esperti di viticoltura, quali i proff. Shaulis, Kliewer, Smart e Carbonneau.
Chi scrive aveva stabilito con lui una permanente collaborazione, parte della quale era la revisione e lo scambio di commenti sui nostri principali scritti prima che fossero destinati all’Editore.
Di seguito una breve carrellata dei suoi principali temi di studio e di ricerca.
La carriera
Laureato all’Università di Pisa nel 1964, nel 1965 entrò all’Università di Bologna, per abbracciare da subito la formazione viticola, sotto la guida del prof. E. Baldini; dal 1969 divenne libero docente e incaricato di insegnamento della disciplina.
Nel biennio 1972-1974 usufruì di borse di studio NATO e CNR, all’Università di California (Davis).
Dal 1974 fu titolare della cattedra di Viticoltura dell’Università di Bologna.
Dal 1975 diventò responsabile della Sezione Viticoltura e poi dal 2000 al 2005 direttore del CRIVE (Centro di Ricerche Viticole ed Enologiche dell’Università di Bologna) che poi si trasformò in Centro Interdipartimentale di cui Intrieri fu vicedirettore dal 2005 al 2008 (anno di collocamento a riposo). Nel 2009 fu nominato Emerito dell’Ateneo bolognese.
I principali ambiti di ricerca sono stati:
- Negli anni ’70 collaborò alla selezione clonale dei vitigni romagnoli. Poi ne guidò la successiva omologazione fino a disciplinari di produzione. Sviluppò anche attività di miglioramento genetico con la costituzione di una nuova varietà ad uva da vino (Merlese) e di due portinnesti (STAR 50 e STAR 74).
- A seguito della creazione e diffusione in Europa di nuovi vitigni ibridi resistenti, si levò alla difesa e tutela dell’identità genetica dei vitigni tradizionali, base dei vini DOC italiani, per evitarne la concorrenza.
- Meccanizzazione della coltura della vite e realizzazione di prototipi di macchine potatrici e vendemmiatrici in collaborazione con industrie private (anni ‘70-‘80).
- Messa a punto di nuovi sistemi di allevamento della vite integralmente meccanizzati.
- Ottimizzazione gestione della chioma con la potatura verde e qualità delle uve (anni ‘80-‘90).
- Fisiologia fogliare e fotosintesi, mobilità dei carboidrati e maturazione dell’uva (1990/2000).
- Densità degli impianti, governo vite, resa e qualità del prodotto, risvolti economici.
- Gestione del suolo, inerbimento e produttività dei vigneti.
La vitalità e la progettualità scientifica del prof. Intrieri sono proseguite dopo il pensionamento: non voleva demordere. Intrieri lascia una serie di progetti e studi incompiuti o solo ideati, che saranno materia per le attività future dei suoi ex collaboratori.
Il prof. era membro dell’Accademia Nazionale di Agricoltura di Bologna, dell’Accademia dei Georgofili e dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino. Ha fatto parte del Comitato Scientifico della “Rivista di Frutticoltura” per molti anni, dedicandole attenzione e contribuendo, anche nei mesi scorsi, il suo autorevole punto di vista circa l’uso di TEA in frutti-viticoltura.
Aveva ricevuto importanti riconoscimenti internazionali.
Rimarrà nella storia quale protagonista della rivoluzione tecnologica della viticoltura e per il lascito dottrinario e di prestigio dell’Ateneo Bolognese.