Selezionare e piantare alberi avvenenti e utili nelle zone antropizzate è materia ingegnosa, un astratto aristocratico ma non un lusso. Nemmeno sia l’Eldorado per appalti orientati al solo profitto; tanto più che col semplice gesto di sollevare una pietra e smuovere la terra, con modalità poco invasive, si può piantare l’albero che serve senza sottostare alle lunghe attese delle ristrutturazioni urbane.
Le piante, nelle dimensioni giuste per impianti tecnologici, gravano poco sull’economia della Pubblica Amministrazione e i cittadini devono avvalersi del fresco e del decoro senza attese interminabili. Se poi capita davvero che si proceda alla ristrutturazione globale, le immissioni, anche poco recenti, possono essere ricuperate per altre utili destinazioni.
Gli alberi destinati a una lunga carriera, naturalmente, devono disporre di una fertilità “inesauribile”. Ma gli altri, opportuni alla dignità estetica e ad una appagante vivibilità, si pianteranno dove occorre, come meglio si può, consapevoli che la permanenza potrà essere temporanea.
I giardinieri comunali, a mio avviso, sono i più abilitati a sostenere l’efficienza delle piante della città. Sono loro che possono provvedere alle sostituzioni, con prontezza e sufficiente autonomia, senza attendere le tante esitazioni e i preamboli burocratici che rallentano le rispondenze ambientali della città. Ma non dovrebbero essere distratti dagli impegni del giardinaggio effimero. L’arredo floreale dovrebbe essere riservato a stilisti della decorazione, abili e fantasiosi nelle creazioni di scene in colori e profumi come altri sono negli addobbi e nelle luminarie delle feste. Il budget più o meno consistente, per effetti più o meno importanti a rallegrare l’ambiente in semplici, gentili, composizioni o mirabili “coordinati in Sanderson”. Nel caso vengano commesse improprietà non restano danni alla struttura paesaggistica della città.
Penso che nemmeno ci dobbiamo sprecare a impreziosire le circolatorie che non possiamo ammirare. Le rotonde devono offrire atmosfere da percepire, che invitano a rallentare. Ma niente deve distrarre il conducente in quei momenti impegnativi.
I giardinieri comunali, addetti al coordinamento o operativi, personalmente, li vedo Pubblici Ufficiali. Custodi del patrimonio arboreo della città. Capaci di accudire con rigore la loro esistenza e accertare la buona qualità dei nuovi inserimenti. Piantare piante sbagliate significa sprecare lavoro, ingannare le attese, dover rifare tutto da capo, proprio quando si può essere appagati dal risultato.
Sono sempre i giardinieri a verificare la validità delle applicazioni tecniche all’impianto, secondo le necessità e in base alle dotazioni del suolo. A curare le ferite e le abrasioni, che possono dare accesso alle infezioni che innescano la carie, con la stessa premura che meritano i denti della masticazione e del sorriso. Certo giardinieri, pubblici ufficiali, in divisa da sceriffo, sarebbe un paradosso. Ma un distintivo sulla salopette potrebbe giovare al loro impegno e aumentare il rispetto per il Verde Pubblico.
L’ufficio tecnico formulerà i piani strategici, rapportandosi con le istituzioni comunali. La Soprintendenza, accreditata nella conoscenza dei valori storici e paesaggistici, darà pareri attendibili e partecipi. Ma i garanti del Verde Pubblico saranno sempre i giardinieri. Solo loro, per l’appassionata frequentazione, possono conoscere, una ad una, le piante della loro città.
Gli architetti, ufficialmente abilitati alla progettazione del Verde Urbano, sono molto interessati alle piante, per tanti apporti che aggiungono alle urbanizzazioni, ma tanti di loro non le conoscono, le considerano oggetti. Le usano per immagini, ideali negli effetti dei rendering, e per aggiungere l’attrazione estetico naturalistica che serve. Sulla carta si “vendono” meglio gli immobili disegnati arredati di piante e di giardini. Addirittura sono gli architetti a coniare il verbo “piantumare”, brutto termine, forse per distinguere una progettazione intellettuale dalla confessione agraria, per loro insufficiente al prestigio del momento.
Il senso della vita delle piante deve essere avvertito, perché possano aggiustarsi e evolversi nello spazio, offerto da noi alla loro esistenza, fino a strutturare l’arredo della città, il paesaggio, e passare alla storia. Per questo vanno semplificate le burocrazie, valutati i termini di “potenziale vegetale in stazione ambientale” per le piante destinate alla carriera. Facilitati i rapporti concreti con loro. Per la scelta e la collocazione delle piante nelle città, nelle nuove urbanizzazioni e nei giardini vanno evitate modalità improprie come gli appalti. Come sono congegnati da noi, gli appalti non possono che serbare deludenti sorprese. Non sta a me suggerirlo, ma ci sono ben altre modalità che consentono migliori risultati, spese più contenute e maggiore soddisfazione alle attese degli utenti del verde pubblico. Nella professionalità, oltre alla qualità del materiale vegetale, entrano in ballo maestrie, cultura botanica, conoscenze ambientali, geologiche, agrotecniche, idrauliche e chimiche; etologia vegetale e mestiere del personale. Insomma una conoscenza naturalistica inconcepibile nel concetto degli appalti vigenti da noi, in fondo gare e competizioni al ribasso, vantaggiose solo se si potessero analizzare provini, testare resistenze, collaudare le funzionalità. Per le opere dove è preminente l’esistenza di esseri viventi le valutazioni devono essere di ben altro tipo. Le pubbliche amministrazioni hanno gli strumenti per evitare i micidiali appalti generici. Se proprio ritengono inderogabile il sistema degli appalti, allora si attivino per ottenerne di specifici. Il Verde Pubblico non può subire le vessazioni che lo degradano e minano nelle basi come sta avvenendo. Le Amministrazioni devono raggiungere gli intenti con sistemi pratici e concreti; avere la certezza della qualità dei prodotti e garanzie reali, “assicurazioni” vere e proprie, per il danno che include il cattivo attecchimento anche di pochi soggetti di un impianto. Cercare che gli importi per le opere arboree rientrino nella trattativa privata. Insomma va trovato il modo di poter beneficiare delle organizzazioni di indiscussa capacità e sensibilità naturalistica.
Per l’impiego nelle zone “aggiustate” dall’uomo occorrono piante educate e avviate al compito, predisposte al trasferimento che consente la migliore ripresa vegetativa. Saranno piantate a distanze rapportate al futuro svolgimento vegetativo. Dopo l’impianto, nella sede stabilita, avranno solo bisogno di pochi controlli vegetativi, di potature ordinarie, normalmente eseguite dai giardinieri comunali che, nel periodo che si richiede, dispongono del tempo necessario e possono avviare e seguire le piante nell’impostazione più confacente alle esigenze estetiche e funzionali. Le potature straordinarie, è più opportuno che vengano eseguite da imprese specializzate, su indicazione dei giardinieri. Tutto va eseguito con le tecnologie più avanzate e senza inibizioni; nel senso che le piante devono adattarsi alle necessità urbane, solo poco viceversa.
Plants in cities
To select and plant beautiful and beneficial trees in anthropic areas is an ingenious matter, an aristocratic abstract but not a luxury. Right-sized plants for technological implantations pose little burden on public administrations’ budgets and citizens can take advantage of the fresh air and décor without having to wait a long time. Trees with long-term expectations must naturally have an “endless” fertility. However, all the others, aesthetically suitable and with a satisfying quality of life, will be planted where needed, as well as possible, aware that they may just be temporary. Municipal gardeners are the most qualified in supporting plant efficiency in cities. They are the ones who promptly oversee replacements with a certain degree of autonomy, without awaiting the many hesitations and bureaucratic ado that slow a city’s environmental effects. However, the gardeners should not be diverted from the commitments of short-lived gardening. Flowers should be reserved for decoration designers. Nor should time be wasted embellishing roundabouts that we cannot admire. Roundabouts must be perceived as an invitation to slow down. Nevertheless, nothing must distract the drivers in those demanding moments. I personally consider municipal gardeners, either as coordinators or workers, to be government officials. They are the guardians of the city’s tree heritage, seriously looking after their existence and ascertaining the good quality of new plantations.