Le materie prime rappresentano il fattore della produzione biologica conosciuto e studiato ormai da tempo. Un approfondimento della loro conoscenza è possibile considerando la composizione immediata del vivente, visto come rapporto quantitativo fra costituenti caratterizzati da analogia di struttura e comportamento chimico-fisico. Tra i costituenti immediati, oltre all’acqua, ai carboidrati, alle proteine e ai sali minerali, vi sono anche i lipidi. È il gruppo di composti più eterogeneo sotto il profilo chimico-fisico, sono solubili in solventi organici e insolubili in acqua. I lipidi hanno la funzione biologica di riserva energetica e di veicolo di ormoni e vitamine, ma la loro funzione più importante resta tuttavia quella di natura strutturale. La cellula e le membrane, infatti, senza i lipidi non esisterebbero sotto forma differenziata, bensì indifferenziata. Il gruppo dei lipidi include oli e grassi, fosfolipidi, glicolipidi ed esteri. Il binomio coltura-fabbrica è oggi più che mai imprescindibile per poter parlare di sostenibilità. Il processo produttivo in una fabbrica è sostenuto da materie prime, energia, tecnologia e organizzazione. Il ruolo di ciascuno di questi fattori è ben evidente e stabilire il peso relativo di ciascun fattore in relazione all’efficienza produttiva di questa particolare “bio-fabbrica” appare dunque molto interessante. Accanto agli oli naturali si collocano quelli minerali di derivazione fossile molto usati nella lubrificazione ad esempio.
L'impatto sulla catena alimentare della contaminazione da lubrificanti a base di oli minerali, carburanti e prodotti tecnici vari diventa ogni giorno più evidente. In letteratura sono disponibili numerosi studi sulla contaminazione di numerose filiere agro alimentari.
La tossicologia correlata a queste sostanze non è omogenea: sostanzialmente gli oli minerali (MOH – Mineral Oil Hydrocarbons) possono essere suddivisi in due sottocategorie aventi tossicità estremamente differenziata: idrocarburi saturi alifatici e ciclici (MOSH – Mineral Oil Saturated Hydrocarbons) e idrocarburi aromatici (MOAH – Mineral Oil Aromatic Hydrocarbons). Sulla base delle più recenti pubblicazioni, anche dell’EFSA, gli appartenenti alla prima categoria non pare possano dar luogo a particolari problemi, mentre per i secondi sono in corso di valutazione le potenziali proprietà carcinogeniche per numerosi costituenti della famiglia.
In attesa del Parere EFSA, il Comitato Permanente per la Sicurezza Alimentare della Commissione Europea (cd Scopaff) nel 2022, dal punto di vista regolatorio, ha pubblicato uno Statement in cui gli Stati membri dell’UE hanno concordato dei limiti massimi per i MOAH per differenti prodotti alimentari e che, di fatto, ha valore cogente. La Comunità Europea, alcuni anni fa, ha dato mandato all’EFSA di realizzare un’indagine relativa all'attuale presenza di oli minerali negli alimenti e di valutarne, conseguentemente, la tossicità. Nello scorso mese di aprile, EFSA ha pubblicato una bozza di Parere Scientifico la cui versione finale è attesa per il prossimo mese di luglio.
Questa indagine dovrebbe consentire un’analisi dell’esposizione potenziale, cui farà seguito una normativa Europea recante limiti specifici per le varie tipologie di prodotto alimentare.
La contaminazione può derivare da gas di scarico di automobili, fuoriuscite di olio da dispositivi idraulici di macchine agricole, aerosol prodotti da motori a due tempi in uso durante l'attività in campo (soffianti ad aria, tagliaerba, scuotitori, ecc.). Può verificarsi contaminazione anche lungo la parte di filiera relativa al trasporto, stoccaggio e trasformazione dei prodotti alimentari.
Nel settore primario una delle dispersioni di olio più impattanti è stata identificata nei sistemi di lubrificazione a perdere (lost lubrication) legati all'uso di motoseghe in silvicoltura e nella pratica agricola per le fasi di manutenzione e potatura. L'uso di un lubrificante a perdere si rende necessario per garantire la corretta lubrificazione e il raffreddamento della catena e di altri dispositivi durante l'uso. L'olio lubrificante entra nell'ambiente sotto forma di aerosol generato, olii adsorbiti su residui di legno e segatura e direttamente sul terreno sottoforma di gocce.
Una possibile soluzione a questo problema può essere l’introduzione nella catena produttiva di fluidi definiti come biolubrificanti. I biolubrificanti sono prodotti organici che contengono almeno un legame estere tra uno o più acidi carbossilici di origine naturale ed un alcol, sia esso mono-, di- o polifunzionale, di origine naturale o sintetica. In ogni caso questi lubrificanti sono caratterizzati da biodegradabilità, ridotta volatilità, assenza di tossicità e di idrocarburi di origine minerale. Sono in toto o in parte di natura rinnovabile e possono trovare altri impieghi a fine vita.
Per sua natura l'agricoltura svolge un ruolo centrale come fonte di materie prime e per l’attuazione di un continuo sviluppo di pratiche agricole sostenibili alla base di un'economia circolare. Tra le numerose coltivazioni le oleaginose sono una fonte rinnovabile di bioprodotti come oli vegetali e biomasse ricche di molecole bioattive e proteine. Il potenziale utilizzo degli oli vegetali in diversi settori della chimica verde assume oggi particolare importanza in termini di sostenibilità ambientale, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo, grazie alla loro bassa tossicità ed eco-compatibilità. Gli oli vegetali sono noti per le loro potenziali applicazioni come fluidi idraulici, grazie alla loro elevata capacità di lubrificazione, ridotte perdite per evaporazione, elevati indici di viscosità e punto di infiammabilità, che ne consentono un uso, trasporto e stoccaggio in condizioni di maggiore sicurezza. Non va dimenticato anche il contributo fornito alla sicurezza degli operatori i quali, utilizzando biolubrificanti non saranno più esposti al contatto con vapori ed aerosol di discussa salubrità.
Di conseguenza, dopo un lungo periodo di ricerca e sperimentazione, sono state attuate una serie di iniziative aventi come oggetto i biolubrificanti, con lo scopo di:
• Promuovere l'impiego di oli vegetali quali possibili sostituti degli oli minerali, quando possibile con l’uso di additivi anch’essi biodegradabili o idonei all’uso alimentare in concentrazione la più bassa possibile, come lubrificanti lungo la catena alimentare;
• Contribuire alla riduzione della contaminazione da olio minerale negli alimenti e nei campi coltivati.
Nel corso di questi ultimi anni è stato sviluppato un solido background mediante diversi progetti di ricerca avviati sin dalla fine del secolo scorso, l'ultimo dei quali è stato il progetto AGROENER, promosso dal Ministero dell'Agricoltura Italiano e che ha portato alla progettazione e al test con fluidi idraulici a base di oli di Crambe abyssinica e Carthamus tinctorius minimamente raffinati e coltivati in regime di basso input agronomico. In un’ulteriore ricerca, quasi contemporanea, è stato preparato un fluido idraulico a base di olio di sansa di oliva raffinato. Anche per questo fluido sono stati realizzati test finali di valutazione.
La ridotta stabilità ossidativa rappresenta la principale barriera all’impiego degli oli vegetali ed è correlata alla loro natura chimica. Tuttavia è possibile ovviare a questo problema con una appropriata additivazione o al limite aumentando il turnover dei fluidi impiegati. Ovviamente questa caratteristica non ha impatto sulle applicazioni a perdere, ove vengono premiati altri fattori, quali la capacità di trasferimento del calore, la riduzione dell’attrito tra due parti in movimento, il consumo specifico delle macchine utilizzate ad esempio per il taglio.
Per quanto riguarda i problemi legati all’industria di trasformazione degli alimenti esistono lubrificanti di natura idrocarburica e di bassa tossicità, che negli Stati Uniti sono da tempo classificati secondo FDA/NSF, classificazione normalmente recepita anche in Europa.
Le diverse categorie catalogate da FDA/NSF per i lubrificanti idonei all’impiego alimentare sono:
• H1 - lubrificanti autorizzati per il contatto accidentale con gli alimenti
• H2 - lubrificanti che non devono entrare in contatto con gli alimenti
• H3 - coadiuvanti tecnologici utilizzati a diretto contatto con gli alimenti: lubrificanti per alluminio, agenti distaccanti per prodotti da forno, ecc.
Tutte le categorie elencate possono in qualche modo contribuire alla contaminazione degli alimenti da parte degli idrocarburi, anche se si tratta di oli bianchi esenti da idrocarburi aromatici o di oli di sintesi (polialfaolefine, polialchilenglicoli) per i quali è stata ipotizzata la possibilità di accumulo nei tessuti epatici.
Anche per la sostituzione di questa categoria di prodotti è possibile ipotizzare l’impiego di biolubrificanti a base di oli vegetali. Deve essere infine ricordato che oltre agli oli vegetali raffinati è possibile utilizzare una serie di derivati a base di acidi grassi e sostituenti alcolici diversi dal glicerolo, mediante i quali è possibile andare a soddisfare un’ampia gamma di applicazioni per le quali le caratteristiche di viscosità e stabilità al freddo degli oli vegetali non sono sufficienti a soddisfare le prestazioni richieste.