Le notizie di bambini ricoverati in ospedale con gravi forme di malnutrizione dovute alla dieta vegana imposta dai genitori, iniziano a moltiplicarsi. L’ideologia vegana, con la sua variante più intransigente (fruttariana), sta interessando fasce sempre più vaste della popolazione, di solito appartenente a classi culturalmente elevate. Se tali scelte alimentari sono comprensibili, ma non giustificabili, negli adulti, costringere i bambini ad assumere diete prive di prodotti di origine animale può esporli a gravi rischi per la salute e per il loro sviluppo psico-fisico. Parliamo di ideologia perché in natura gli erbivori, dopo lo svezzamento, sono anatomicamente e fisiologicamente attrezzati per digerire la fibra e le proteine vegetali con il supporto di batteri e protozoi che producono sia proteine di alto valore biologico, come quelle contenute nella carne, che soprattutto le indispensabili vitamine del gruppo B. L’Uomo, essendo un onnivoro evolutosi su una nicchia alimentare nella quale la carne ha avuto un ruolo fondamentale (è stato cacciatore-raccoglitore per milioni di anni), non ha la possibilità di sintetizzare questi nutrienti essenziali, per cui se consuma esclusivamente vegetali deve forzatamente utilizzare integratori artificiali, la cui efficienza in termini di biodisponibilità dei nutrienti non è paragonabile a quella degli alimenti. Inoltre, appare evidente la forzatura, anche di tipo psicologico, che si ingenera sui bambini nel costringerli, in epoca molto precoce, a dipendere dall’industria degli integratori. Quindi, se si sceglie di seguire una dieta vegetariana o vegana, è richiesto un impegno maggiore nelle opzioni alimentari. L’alimentazione deve prevedere l’ingestione di maggiori quantità di alimenti (cosa questa non sempre realizzabile) per consentire l’assunzione adeguata di tutti i nutrienti, bilanciata dal punto di vista energetico e per assicurare all’organismo energia a sufficienza per il metabolismo e il lavoro muscolare. Per quanto riguarda i neonati, l'OMS ha pubblicato le linee guida per l'alimentazione dei bambini che raccomandano l'assunzione giornaliera di alimenti di origine animale, a partire dai sei mesi di età, evidenziando come le diete a base di vegetali non siano in grado di soddisfare i fabbisogni nutrizionali del bambino (in particolare per gli apporti di Fe, Zn e vit. B12) a meno che non si ricorra all’impiego di integratori o prodotti fortificati. E’ come dire, sostituite la natura con prodotti di sintesi! Secondo l’OMS, oltre alla vitamina B12, anche la carenza di ferro potrebbe essere un problema: “per cui è particolarmente importante che la dieta dei bambini contenga ferro derivato da alimenti di origine animale come carne, pollame o pesce. I legumi (piselli, fagioli, lenticchie, noci) abbinati con alimenti ricchi di vitamina C per aiutare l'assorbimento del ferro potrebbero essere un'alternativa, anche se va considerato che non possono, comunque, sostituire completamente gli alimenti di origine animale” e che se ne dovrebbe assumere quantità altissime. Un’estensiva rassegna della letteratura esistente sull’argomento (Van Winckel et al., Europ. J Ped., 2011) si rivolge ai pediatri mettendoli in guardia sia sulle diete meno restrittive, le ovo-latto-vegetariane, sia soprattutto su quelle più intransigenti, le vegane, le quali, per garantire livelli nutrizionali comparabili con quelli dei bambini onnivori, devono essere attentamente formulate e valutate (gli autori riconoscono poi che i bambini vegani hanno spesso gravi ritardi nell’accrescimento). Dunque, i genitori vegani (e in minor misura quelli vegetariani), prima di applicare la loro ideologia dietistica ai propri figli, devono pensarci bene: eliminare i prodotti di origine animale quali latte, carne, pesce e uova può comportare effetti molto gravi nei bambini, come dimostrato appunto dai fatti di cronaca ricordati all’inizio di questo commento.