Nell’ottobre del 1764 Giovanni Targioni Tozzetti, uno dei soci fondatori dell’Accademia dei Georgofili, riceveva dal collega medico ed amico Placido Dei una lunga lettera sulla
Istoria Naturale della Valdinieveole.
Come è noto il Targioni Tozzetti aveva compiuto a partire dagli anni quaranta lunghi viaggi nel territorio toscano nel corso dei quali aveva raccolto una cospicua selva di notizie concernenti la storia, l’arte, la conformazione geologica, le ricchezze naturali di singole parti della Toscana che erano poi confluite nelle sue
Relazioni d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana per osservare le produzioni naturali, e gli antichi monumenti di essa (prima edizione Firenze, 1751-1754). L’opera che godè immediatamente di largo successo ebbe numerose edizioni successive con ampie aggiunte.
Il tomo 5. della seconda edizione (pubblicato a Firenze nel 1773) reca la trascrizione completa della lettera di Dei al Targioni. La sua parte conclusiva è riservata ad una dettagliata descrizione dell’arte dell’uccellagione.
“In riguardo poi alla Caccia, siccome in questa Valle quasi nulla vi è di terreno che non sia coltivato, così non vi sono animali di permanenza: vi è però qualche
Lepre, e qualche
Volpe, che per il solito è fatale alle Lepri lattonzole. Di quando in quando vi comparsice qualche brigata di
Starne, e
Pernici, ma rare volte. Quando però vi sono animali di passo, sono assai questi Uccellatori industriosi nel prendergli, poichè oltre alle solite arti dell’Aucupio, come
Boschetti, o Uccellari, Paretai, Aioli, Ragne, Archetti, o Lacci ec. hanno di più una certa maniera di andare a
Frugnuolo, che non ho sentito consumarsi altrove; ma è però una Caccia molto incomoda, perchè fa duopo camminare ne’ Prati dove è l’acqua, e ne’ fossi. Per far dunque la Caccia suddetta, si scelgono le notti più oscure, e due persone con un campanaccio, col Frugnuolo, e con una pertica nella cui cima è raccomandato un cerchio, nel quale è tirata una rete piuttosto sottile ma forte, con sommo silenzio si và in traccia per i Prati, specialmente palustri, et ancora per i campi sodi, dove sogliono albergare o frequentare gli Uccelli di qualunque specie, suonando il Campanaccio. Colui che tiene il cerchio, tiene anche il Frugnuolo, e veduto che ha l’animale, il quale abbagliato dal lume non si suol muovere, lo cuopre sollecitamente con il cerchio armato di Rete, e lo prende, e con questo mezzo in serate felici prendono vive molte
Beccaccie, Beccaccini, Pespole, Lodole, Gallinelle ec. Nel Padule poi, et in que’ luoghi dove è molta acqua, i Pescatori prendono con più comodo un’infinità di Uccelli palustri co’ Lacciuoli, chiudendo con una piccola Siepe di sarmenti, o Cannicci, le Fosse, i canali o qualunque altra più estesa superficie di acqua, dove sono soliti passeggiar notando a fior d’acqua gli Uccelli, e lasciano di quando in quando aperta nella suddetta Siepe una finestrella, nella quale è teso il Laccio, per cui tentando di passare i medesimi, vi restano appiccati. Non dirò poi nulla della quantità che ammazzano, quando è il passo, nel Padule suddetto coll’Archibuso, di
Germani, Germanelli, Morette, Folaghe, Scarze, ed anche
Oche, perché è ben noto a V.S. Ecc.”