Viviamo in un mondo globalizzato postmoderno nel quale processi di frammentazione, decentramento e flussi migratori hanno portato a cambiamenti e fusione di culture, tradizioni, modelli comportamentali e mentali che riguardano anche il cibo e l’alimentazione e in questa una particolare attenzione è posta all'identità culinaria, percepita come uno dei punti di riferimento più importanti della stabilità individuale e collettiva, citando anche il detto “l’uomo è quel che mangia”. Questo spiega anche come oggi la letteratura riguardante il cibo e il suo ruolo nello sviluppo della società umana ha sempre più importanza, in quanto può offrire risposte alle principali questioni di identità individuale o nazionale riguardando il ruolo di conciliazione che il cibo può svolgere nei conflitti etnici, la prevenzione degli incidenti di sicurezza alimentare, la lotta contro la carestia in alcune parti del mondo, l'impatto ambientale della produzione e del consumo alimentare, la spiegazione di alcuni fenomeni patologici che hanno accompagnato la globalizzazione, come l'obesità, la bulimia, l'anoressia.
L’attenzione all’identità alimentare non è nuova e in un frammento di Alexandrides di Delfi, 1.400 circa a. C., questo antico storico greco ci dice che ogni cultura hai suoi cibi permessi e preferiti o vietati e abborriti: il greco disse all’egiziano tu adori il bue, noi lo sacrifichiamo agli dei e lo mangiamo; tu fai dell’anguilla un gran dio noi una grandissima pietanza; tu non mangi il maiale io lo gusto più di ogni altra cosa; se tu vedi il gatto stare male piangi io invece lo ammazzo. Una rinnovata e dettagliata attenzione sulla identità culinaria è relativamente più recente e si sviluppa nella seconda metà degli anni novanta del XX secolo per opera degli storici e antropologi e in seguito degli scrittori di libri di cucina, sociologi, psicologi. Inizialmente nel mondo accademico gli argomenti relativi al cibo, alimentazione o gastronomia sono generalmente considerati banali se non frivoli e privi di valore scientifico. Poi si è scoperto che nel corso del tempo, la ricerca di modi migliori per ottenere cibo ha portato a importanti cambiamenti della società e nelle comunità locali agendo come catalizzatore della trasformazione e organizzazione sociale, divenendo elemento di competizione geopolitica, sviluppo industriale, intervenendo nei conflitti militari e nell'espansione economica e soprattutto che le dinamiche delle popolazioni e delle civiltà sono determinate dalla necessità di determinati alimenti e anche da modelli alimentari.
Il cibo come un prodotto e specchio dell'organizzazione di una società dai livelli ampi nazionale e di gruppo a quelli minimi familiari e individuali influenza la formazione della comunità, della personalità e della famiglia divenendo un significativo indicatore di identità. Lo studio delle pratiche alimentari di un individuo o di una comunità fornisce significative informazioni sull'identità economica, etnica, religiosa e culturale o di genere. Di conseguenza oggi si ritiene che l'identità culinaria faccia parte di un costrutto che rappresenta una totalità di scelte, preferenze e comportamenti di consumo trasmessi all'interno di un gruppo nazionale, regionale, etnico, sociale, religioso in un particolare contesto spaziale e temporale. Allo stesso tempo, l'identità culinaria riflette un'esperienza culturale che definisce valori e tradizioni specifici di grande interesse soprattutto nell’attuale periodo di mondializzazione dei consumi anche alimentari, quando le persone cercano modi per affermare un certo controllo sulle loro vite e le abitudini culinarie divengono un punto di riferimento per un’identità personale e sociale, d’altra parte potendo anche contribuire a una migliore comprensione dell'altro nelle società multietniche di oggi.
Nell'Europa settentrionale Regno Unito, Irlanda, Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia e Islanda condividono molte caratteristiche nel clima, nella storia e nella cultura alimentare. Nonostante le differenze tra queste nazioni nella lingua, nella nazionalità e negli stili di vita l’identità nordica correlata al cibo è caratterizzata da una percezione della qualità del cibo che si riferisce alla salute, al benessere degli animali, alla nutrizione e all'igiene. Nell’Europa meridionale della Italia, Francia Spagna e Grecia la qualità del cibo è legata alla cultura, all'origine, al gusto e alla tradizione. Queste due interpretazioni della qualità degli alimenti sono un fattore che distingue i paesi nordici da quelli meridionali dell'Europa e ha anche condizionato il tipo di ricerche. L'emergere di una cultura alimentare nordica, e studi che dalla fine del XX secolo hanno rafforzato due diversi concetti e identità di "cultura alimentare" dando inoltre origine a dibattiti anche accesi. In modo molto schematico (gli schemi non sono la verità ma aiutano a comprenderla) le popolazioni settentrionali e meridionali nordiche sono diverse per cultura alimentare, significato dato al mangiare bene, caratteristiche e valori degli alimenti e loro trasformazioni cibi, significato dei riti alimentari in ciascun paese e loro evoluzione.
Al nord mangiare è una necessità e si attribuisce importanza alla ricerca scientifica e a una dieta nutrizionalmente equilibrata tendendo anche a una freschezza degli alimenti come garanzia di qualità, il che significa che i prodotti non devono contengono alcuna manipolazione genetica, ormoni, pesticidi, fertilizzanti, raffinazione e additivi.
Al sud mangiare è l'espressione di un'appartenenza sociale e culturale, la razionalità dell'origine alimentare è legata alla tradizione e alle competenze locali e nazionali, avere un rapporto più stretto e autentico con il cibo è legata al loro desiderio di guardare alle loro radici culturali e le tradizioni culinarie sono una garanzia di fiducia, mettendo in relazione la freschezza con le tradizioni locali e il cibo naturale della campagna chiamato anche terroir. Pertanto il cibo è un concetto molto ampio che ha diverse interpretazioni, se è una necessità al nord è l'espressione dell'attaccamento sociale e culturale al sud dell’Europa.
Consumatori “economici” tendono a concentrarsi sulle virtù private del cibo come il prezzo, il gusto e la salubrità del cibo, mentre quelli “politici” sempre più considerano le virtù pubbliche degli alimenti, legate a più ampie preoccupazioni sociali di produzione e consumo alimentare di cui fa parte la sua sostenibilità coinvolgendo preoccupazioni sociali, culturali, legate agli animali e ambientali che vanno oltre gli interessi personali immediati del singolo consumatore o della famiglia. A differenza dei consumatori "economici", i consumatori "politici" scelgono prodotti, produttori e servizi più sulla base della politica del prodotto e le loro scelte sono informate da valori politici, virtù ed etica. Per diventare un consumatore politico, la persona deve avere le informazioni adeguate sulle ripercussioni sociali e ambientali dei prodotti e l'istruzione, la salute, lo sport e la cultura sono fattori che possono indurre gli acquirenti a diventare consumatori politici.
La frase Le due Culture è usata per la prima volta da Charles Percy Snow (1905 – 1980) in una Lettura all’Università di Cambridge nel maggio del 1959 distinguendo tra cultura scientifica e cultura letteraria, ma quest’ultimo concetto si è esteso rapidamente. Oggi è divenuto chiaro che le due culture hanno differenze intrinseche: la cultura scientifica è obiettiva e richiede verifica, l’altra cultura è soggettiva e non la richiede e si esprime con narrazioni. Inoltre la cultura scientifica progredisce, mentre il concetto di progresso è estraneo all’altra cultura. Da qui i problemi connessi alla comunicazione sugli alimenti che in una cultura scientifica prevalente nell’Europa settentrionale si basa su dati precisi, statistiche e tabelle, mentre in una cultura meridionale si basa su narrazioni. Due comunicazioni spesso contrastanti con esempi che oggi, tra gli altri, vediamo nel vino e in nuovi alimenti come gli insetti e loro derivati e la loro etichettatura. L'etichettatura serve a informare il consumatore in modo corretto e trasparente e ha un ruolo strategico nel mercato perché consente alle imprese di comunicare ai futuri acquirenti e utilizzatori precise caratteristiche dei propri prodotti in modo che possano effettuare scelte consapevoli e adatte alle loro esigenze. Una buona etichettatura è un importante strumento di circolazione perché eliminando le ambiguità sugli alimenti elimina anche gli ostacoli alla libera circolazione delle merci, ma al tempo stesso non bisogna dimenticare la diversa cultura di chi legge un’etichetta scientifica o narrativa, con la forse inevitabile conseguenza di avere due diverse etichettature o, forse meglio, fare silenzio perché “Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere” come dice l'aforisma conclusivo del Tractatus logico-philosophicus di Ludwig di Wittgenstein (1889 – 1951).