Una recente notizia apparsa su notiziari, tv e stampa, ha provocato sconcerto e preoccupazione tra produttori e consumatori d’olio vergine di oliva italiano. Il parlamento europeo per il prossimo biennio ha approvato una legge per l’importazione dalla Tunisia di 35.000 tonnellate di olio d’oliva esente dal pagamento di dazi e imposte. Tali sconcertanti sentimenti sono giustificati dalla minaccia che questo nuovo importante flusso di olio tunisino, che andrà ad aggiungersi alle 56.700 tonnellate già accordate dal 1995, potrà essere utilizzato, senza appropriati controlli, per “inquinare” la riconosciuta “qualità” dei nostri prodotti “tipici”, che sono protetti da specifici protocolli analitici di certificazione europea e/o per “confezionare” miscele industriali di oli di “dubbie caratteristiche merceologiche” che, destinate prevalentemente ai mercati esteri, provocheranno perdita d’immagine ad un prodotto di eccellenza della nostra agricoltura.
Le riflessioni scaturite da tali notizie rischiano di perdere efficacia se provassimo a chiarire le motivazioni politiche/economiche di questo provvedimento legislativo con soluzioni “generiche”. E’ noto, infatti, che la nostra industria olearia ha necessità di importare ogni anno quote rilevanti di questo prodotto (circa 600.000 t.) da Spagna e da altri Paesi del Mediterraneo per far fronte al fabbisogno interno e al flusso consolidato di esportazioni. La bilancia commerciale del settore è mantenuta in sostanziale pareggio grazie all’esportazione di oli stranieri che sono stati confezionati in Italia.
Il nostro commento sarà indirizzato nell’evidenziare che l’aumento in Italia di flussi di oli tunisini, potrebbero “accrescere le truffe agroalimentari”. Tali convinzioni nascono da esperienze acquisite con distinti studi condotti nel settore olivicolo; riscontri da consegnare e da ricollocare nel dibattito costruttivo di un settore che mostra sempre più necessità di approfondimenti, conoscenze e fruibilità di risultati scaturiti da rigorose ricerche scientifiche.
Ed è proprio da una recente truffa denunciata in Toscana dove era “sequestrata una grossa partita di olio extra vergine di oliva venduto come IGP toscano [...] ottenuto da olive pugliesi o di origine diversa […]”, che prendiamo spunto con questa nota nel dimostrare che occorrono chiarimenti e conoscenze per ricomporre le legittime preoccupazioni di produttori e consumatori italiani scaturite con l’ingresso nel nostro Paese nel biennio in corso delle rilevanti quantità di olio di oliva tunisino. La notizia sulla truffa denunciata in Toscana è stata riportata con grande enfasi dalla stampa dove la scoperta delle contraffazioni è, a nostro parere, erronea perché conseguita impiegando il “metodo del DNA”. Il comunicato, infatti, non è completo di particolari che specificano le procedure metodologiche condotte che sono in grado di accertare il “profilo genetico” delle cultivar e giammai l'origine dell’olio extravergine di oliva sequestrato. Chi scrive ha fatto parte di un gruppo di esperti internazionali che già nel 1996 ha pubblicato una prima nota informativa sulla possibilità di accertare l'origine dell'olio extravergine di oliva esaminando il profilo genetico estratto da morchie di un campione “monovarietale” e confrontato con altri campioni provenienti da foglie d’olivo della stessa cultivar.
A nostro parere, sulla base dell’attuale letteratura, è molto improbabile che l’applicazione del “metodo del DNA”, su campioni di oli “multivarietali” e d’incerta provenienza geografica, possa dare risultati attendibili e credibili. Tra l’altro è accertato che fino a oggi i nostri oliveti sono stati realizzati con piante che afferiscono a “popolazioni di varietà” per cui è ammissibile verificare che, olivi indicati con lo stesso nome abbiano caratteristiche morfologiche abbastanza vicini ma profili genetici differenti. Da ciò deduciamo che queste notizie, piuttosto che aiutare il settore oleicolo-oleario e la ricerca scientifica, finiscono per “illudere” produttori e consumatori che tra l’altro percepiscono i metodi scientifici, come un ulteriore e nuovo salasso per la lievitazione dei costi del prodotto.
Sarebbe invece auspicabile un maggior rigore nel condurre i controlli e nell’utilizzazione di protocolli e metodi di certificazione degli alimenti riconosciuti dall’UE e dal Consiglio Oleicolo Internazionale anche per evitare che il lavoro degli organi preposti sia poi inficiato da interventi della magistratura.
Se poi come riportate dagli organi di stampa, chi ha condotto le indagini sull’olio extravergine toscano è in grado di dimostrare scientificamente che i metodi perseguiti sussistono e sono ripetibili, una migliore divulgazione e partecipazione della comunità nazionale e internazionale mediante pubblicazioni scientifiche certificherebbe l’importante scoperta degna di più alte e ampie considerazioni.
In defense of extra virgin olive oil
Recently, some news has appeared on TV and in the press that has caused bewilderment and worries among the producers and consumers of Italian extra virgin olive oil. The European parliament has passed a law for the next two-years for 35,000 tons of olive oil to be imported from Tunisia free of custom duties and taxes. The worries are justified by the menace that is posed by this new large flow of Tunisian oil that will be added to the 56,700 tons already granted since 1995. Without suitable controls it may “contaminate” the acknowledged “quality” of our “typical” products that are protected by specific analytical protocols for European certification and/or be used to “prepare” industrial mixtures of oils with “dubious product characteristics” that, intended mainly for foreign markets, will cause a loss of image of one of our outstanding agricultural products. Greater rigor would be desirable in conducting inspections and in the use of protocols and certification methods for the foods approved by the EU and the International Olive Oil Council.