La frutticoltura europea è prevalentemente concentrata nei paesi mediterranei e la maggior parte delle cultivar attualmente coltivate ha un fabbisogno in freddo invernale che varia da 6-700 a 1000-1200 ore (calcolate convenzionalmente da ottobre a febbraio al di sotto di 7,2°C), in linea con il normale andamento climatico. Il progressivo innalzamento delle temperature invernali, che ha avuto un’accelerazione negli ultimi anni, fa registrare, con sempre maggiore frequenza, un accumulo di freddo che non supera le 500-600 ore, riportando di attualità un problema che sembrava risolto.
Negli anni '50 e inizi anni '60 del secolo scorso, diverse cultivar di pesco, introdotte principalmente dagli Stati Uniti (Georgia, Michigan, New Jersey), avevano, nell’Italia meridionale, problemi di soddisfacimento del fabbisogno in freddo con conseguente cascola di gemme a fiore. Il problema, per questa specie, è stato superato grazie alla successiva prevalente importazione di cultivar dalla California e, per le aree a clima più mite delle regioni meridionali, dalla Florida, due stati con un clima molto simile a quello dell’Italia del Sud. Il cambiamento climatico in atto e l’attuale diffusione della frutticoltura, soprattutto dell’albicocco e in parte del ciliegio al Sud (Basilicata e Sicilia, in particolare), sta concretamente ponendo il problema della adattabilità ambientale di diverse cultivar di queste specie. Più cultivar di albicocco e alcune di ciliegio, nelle aree più miti di queste regioni, anche quest’anno, hanno fatto registrare una anomala cascola di gemme a fiore che si tradurrà in una fruttificazione inferiore rispetto alla potenzialità del frutteto. L’origine del fenomeno è dovuta all’area di provenienza della maggior parte delle nuove cultivar di albicocco e di ciliegio. Quasi tutte le nuove ciliegie, infatti, sono state selezionate in British Columbia (Canada) e nell’Europa Centrale o derivano da genitori ottenuti in quelle regioni, mentre la quasi totalità delle albicocche di nuova generazione è stata selezionata in Francia; il clima di tali territori è ben diverso da quello dell’Italia più meridionale.
Se il riscaldamento del clima continuerà all’attuale ritmo, aree sempre più ampie dell’Europa mediterranea avranno lo stesso problema di adattabilità che oggi registriamo per le regioni più meridionali e il miglioramento genetico è chiamato da subito ad affrontare il problema per selezionare cultivar a basso fabbisogno in freddo delle diverse specie, così come è stato fatto con successo per il pesco.
Climate change and fruit-bearing trees in temperate climates
European fruit-farming is mainly concentrated in Mediterranean countries, with most of the cultivars currently grown needing between 600-700 and 1000-1200 hours of winter cold (conventionally computed from October to February below 7.2°C), in line with the normal climate trend. With the progressive rise in winter temperatures that has accelerated in the last few years cold weather is more and more frequently registered as not more than 500-600 hours. If climate warming goes on at the current pace, ever larger areas in Mediterranean Europe will have the same adaptability problem that we are seeing today in the southernmost regions. There is an immediate need for genetic improvement to face the problem by selecting various species of cultivars that do not require cold weather, as it was done successfully for the peach tree.