La Strategia nazionale per la biodiversità 2020-2030 dedica un Obiettivo specifico alla conservazione delle foreste.
Parte significativa del tema forestale è rappresentata dalla forestazione in ambito urbano, periurbano ed extraurbano, in particolare nelle aree vaste metropolitane.
Insieme alle soluzioni basate sulla natura (Nature Based Solutions - NBS), come infrastrutture e corridoi verdi, tetti e pareti verdi, fitodepurazioni, alberature, parchi e orti urbani, canali e fossi inerbiti di drenaggio, l’importanza delle foreste urbane è riconosciuta come essenziale per consentire alle città di rafforzare la resilienza e l’adattamento ai cambiamenti climatici, migliorando la qualità dell’aria, contrastando le ondate di calore e le alluvioni.
Questa esigenza è riconosciuta anche nella Strategia Forestale Europea che riprende l’obiettivo di mettere a dimora 3 miliardi di alberi entro il 2030 utilizzando principalmente le aree urbane e periurbane dove si dovrà piantare “l’albero giusto al posto giusto” (albero coerente con le caratteristiche biogeografiche e ecologiche dei luoghi).
Ne abbiamo parlato con Alberto Giuntoli, paesaggista, accademico de Georgofili, docente presso l'Università di Firenze e membro del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
Come si gestisce la scelta dell'albero giusto al posto giusto anche a seguito dei cambiamenti climatici?
La scelta della specie è cruciale per ogni progetto di paesaggio, ancor più adesso che il clima sta cambiando e che quindi non è più possibile fare affidamento sulle scelte fatte nei decenni passati. Fino a qualche decennio fa si insegnava a studiare la vegetazione esistente nella zona di intervento per avere degli spunti per la scelta delle piante per un nuovo giardino in quell’area, confidando sul fatto che, se quelle piante erano lì da molti anni, erano sicuramente le specie più adatte. Adesso questa regola non vale più, la letteratura scientifica ci aveva da molto tempo anticipato quello che ora stiamo vivendo, abbiamo infatti già sperimentato anni di siccità estiva e invernale (peraltro più pericolosa per le specie mediterranee e in generale per le sempreverdi), molti eventi estremi per intensità di vento e pioggia e il riscaldamento globale che nelle città diventa ancor più estremo proprio per la carenza di verde. La scelta della vegetazione deve essere compiuta quindi conoscendo bene la dinamica di questi fenomeni e le esigenze delle singole specie oltre che delle caratteristiche del suolo.
In Italia questo criterio viene rispettato dalle amministrazioni?
In Italia purtroppo moltissime amministrazioni comunali hanno dimensioni talmente ridotte e quindi bilanci così limitati che non riescono ad assumere specialisti e questo ha per decenni ridotto la qualità del ns. verde pubblico. Negli ultimi anni anche grazie a fondi europei i comuni stanno assumendo tecnici e/o incaricando dei professionisti esterni che sono in grado di indirizzare correttamente la pianificazione/progettazione anche nella scelta della specie. Inoltre, le città adesso si stanno cominciando a dotare del Piano del Verde uno strumento molto importante istituito per guidare le scelte dell’ecosistema urbano del futuro. E’ in questo modo che si possono infatti cambiare le modalità per proteggere, conservare, migliorare ed aumentare il capitale naturale urbano.
Quali sono le principali criticità che attualmente si riscontrano in ambito verde urbano pubblico?
In città c’è bisogno di più natura, l’abbiamo capito tutti durante la pandemia quando chiunque poteva godere di uno spazio verde, per quanto piccolo, ha sopportato meglio la segregazione in casa. D’altra parte ci sono ormai centinaia di studi scientifici che invitano al recupero del rapporto con la natura per migliorare la ns. salute sotto ogni aspetto, anche psicologico. Anche negli interventi di riequilibrio della natura urbana il concetto che deve guidarci è quello di One Health: miglioriamo la salute dell’ambiente nel quale viviamo per migliorare la salute di tutte le specie viventi, compreso la nostra. Anche per questo la biodiversità è importante, ad es. venire a contatto sin da piccoli con microrganismi e specie domestiche ci aiuta a sviluppare un sistema immunitario in grado di riconoscere i microorganismi nocivi e non sviluppare malattie autoimmuni ed allergie. Per fare questo le amministrazioni comunali devono conciliare la vivibilità degli spazi, la
funzionalità e non ultimo la sicurezza. Quest’ultimo è infatti un argomento che deve essere affrontato correttamente nella gestione delle alberate urbane che per la loro collocazione, in spazi molto frequentati, e per lo stress alle quali sono sottoposte devono essere monitorate con attenzione e se necessario essere oggetto di piani pluriennali di sostituzione.
L'obiettivo dei 3 miliardi di alberi entro il 2030 è raggiungibile?
Credo sia un obiettivo importante e come tale deve essere tenuto come riferimento ma temo molto ambizioso e poco realistico. In realtà piantare alberi è un tema soprattutto per le città dove è necessario intervenire anche in piccole porzioni per migliorarne il microclima, aumentare la biodiversità e fornire tutti quegli altri servizi ecosistemici che le piante offrono anche quando si tratta di un solo albero. Ad es. il piano del verde di Firenze, del quale io sto coordinando il comitato tecnico scientifico, sta proprio andando nella direzione di recuperare al verde ogni spazio urbano marginale e poco utile ad altre funzioni al fine di ospitare anche piccole porzioni di verde. Anche questi piccoli spazi infatti possono fare la differenza in un ecosistema urbano che ha bisogno di recuperare quantità e qualità degli habitat anche minuscoli, come potrebbe essere un piccolo rain garden (accumulo temporaneo dell’acqua piovana per ridurre il carico delle fognature durante eventi piovosi intensi) a lato di una strada.
Qual è l'importanza rivestita dal verde privato nel contesto generale del verde urbano?
Il verde privato, soprattutto nelle città ad elevata densità abitativa, costituisce una porzione consistente del capitale naturale complessivo. In alcuni centri storici, ad es. Firenze, il verde privato è anche più esteso di quello pubblico per una ragione ben precisa: in epoca medievale la speculazione edilizia guidata dalla crescita economica stratosferica della città stava saturando ogni spazio libero all’interno delle mura, ma poi arrivò la peste del 1348 che dimezzò la popolazione e che quindi rese inutile edificare ancora per molto decenni. Questi spazi vuoti diventarono quindi giardini o addirittura parchi a servizio dei palazzi cittadini. Nel XX secolo l’espansione del tessuto urbanizzato a ritmi frenetici che inseguiva il boom economico e di natalità ha sacrificato molto il verde sia pubblico che privato, lasciando spesso quest’ultimo relegato a poche aiuole intorno ai condomini. E’ importante quindi invertire questa tendenza aumentando lo spazio verde privato nelle città e favorendo la tutela dell’esistente.
Come si procede nella scelta delle piante per realizzare un giardino che rispetti i criteri della biodiversità e non soltanto quelli estetici?
La scelta delle specie vegetali in ogni progetto di paesaggio deve avere riguardo anche delle specie animali (insetti, uccelli, in primis) che possono trovare sostentamento e rifugio anche nella vegetazione urbana. Ad es. le api a fine estate hanno bisogno urgente di fiori dopo un periodo di secco e quindi sono ben felici di trovare in città la fioritura dell’edera, oppure gli uccelli che trovano bacche e spazi per la nidificazione nei parchi cittadini. Bisogna quindi progettare habitat e non solo spazi verdi.
C'è sensibilità verso questa esigenza nei suoi committenti?
A livello privato gli investimenti nel giardino di qualità avvengono soprattutto nella fascia alta degli immobili dove prevale la ricerca del bello. Purtroppo infatti nel nostro paese si continua a percepire il verde come un costo, sebbene, come accennavo, abbiamo avuto tutti la prova di quanto sia necessario. In altri paesi europei invece, sia a livello pubblico che privato la consapevolezza della sua importanza è maggiore e quindi anche gli investimenti sono più elevati anche nella ricerca della sostenibilità e della biodiversità.