La crisi di alcune colture frutticole maggiori che negli ultimi anni ha colpito l’Italia meridionale, come nel caso degli agrumi, dell’uva da tavola, del pesco e la contemporanea crescita mondiale della domanda e dei relativi prezzi della frutta secca, hanno destato interesse dei frutticoltori italiani nei confronti delle specie tradizionali a frutto secco, in primo luogo il mandorlo, il nocciolo e il noce, ma, anche il pistacchio, non solo nelle aree tradizionali della Sicilia ma, in generale in tutto il Sud. Il pistacchio si presta meglio delle altre specie da frutto per valorizzare terreni poveri, siccitosi, alcalini, salsi e l’esperienza storica siciliana, ma anche alcune esperienze sperimentali condotte nell’ambito del progetto “Frutta secca” del Ministero delle Politiche Agricole, coordinato una ventina di anni fa dall’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura di Roma, dimostrano che la coltivazione del pistacchio in Italia è possibile e può essere competitiva con altre colture, soprattutto in contesti agronomici difficili e puntando su cultivar pregiate come è la Bianca coltivata a Bronte, sulle pendici dell’Etna.
Non per smorzare gli attuali entusiasmi ma per inquadrare con realismo il problema è opportuno ricordare che la produzione mondiale del pistacchio, di circa 1 milione di tonnellate annue, è concentrata in 3 paesi, Iran, Stati Uniti e Turchia che, da soli, coprono oltre l’85% del totale, Sui buoni prezzi attuali ha influenzato la bassa produzione californiana del 2015 (60% della produzione “normale”), produzione che nel 2016 dovrebbe salire del 20% rispetto alla produzione media degli ultimi anni. Tenuto conto che la superficie investita a pistacchio in California, dal 2000 ad oggi, è più che raddoppiata (da 55.000 ha a 120.000), l’offerta di prodotto americano è destinata ad aumentare ulteriormente. Altro elemento che invita alla prudenza per quanto riguarda il prezzo di mercato nei prossimi anni è la fine delle sanzioni nei confronti dell’Iran che, come primo produttore mondiale, è in grado di influenzare in misura determinante il mercato mondiale.
Prospects for pistachio crops in Italy
In the last few years, southern Italy has experienced a crisis in some important fruit crops, e.g., citrus fruit, table grapes and peaches. The contemporary growth worldwide in the demand and price of nuts, together with this crisis have aroused the interest of Italian fruit farmers in the traditional nut species, primarily in almonds, hazelnuts and walnuts, but also the pistachios not only in the traditional areas in Sicily, but generally throughout southern Italy. The pistachio is better suited than the other species to taking advantage of poor, drought-stricken, alkaline, and salty soils. The well-known Sicilian experience, as well as some experiments carried out for the Ministry of Agriculture’s “nuts” project, coordinated some twenty years ago by Rome’s Istituto Sperimentale per la Frutticoltura, have shown that that pistachios may be grown in Italy and can be competitive with other crops, especially under difficult agronomic circumstances, focusing on such valuable cultivars as the Bianca grown in Bronte on the slopes of Etna.