La comunità internazionale ha riconosciuto da tempo la funzione che le foreste svolgono per la protezione dell’ambiente globale ed ha assegnato loro un ruolo chiave nelle strategie di implementazione delle politiche ambientali, dalla mitigazione dei cambiamenti climatici alla conservazione della biodiversità, dalla lotta alla desertificazione al risanamento ambientale. In tale ottica il 2011 è stato dichiarato dall’ONU l’“Anno delle Foreste”.
Le foreste svolgono un ruolo molto importante nel mitigare il cambiamento climatico, immagazzinando un enorme ammontare di carbonio (pari a circa 289 gigatonnellate). Quando una foresta viene tagliata e convertita ad altro uso, il carbonio viene di nuovo rilasciato nell'atmosfera. Risulta inoltre fondamentale il ruolo del carbonio immagazzinato nel suolo sotto forma di sostanza organica e che viene liberato in atmosfera in seguito all’abbattimento delle foreste. Il suolo costituisce infatti una delle più grandi riserve di carbonio: ad esempio i suoli europei contengono circa 75 miliardi di tonnellate di questo importantissimo elemento.
Un quadro incoraggiante viene offerto dall’ultimo rapporto della FAO, secondo il quale le foreste coprono ancora il 31% della superficie terrestre, con evidenti segnali di aumento in alcune zone dove la deforestazione sta lasciando lentamente il passo alla riforestazione. In effetti, nei paesi in via di sviluppo, che maggiormente sono coinvolti nei processi di deforestazione, la grande pressione mediatica e politica ha indotto una parziale riduzione del taglio delle foreste naturali. A livello mondiale, nel decennio 2000-2010, ogni anno circa 13 milioni di ettari di foreste sono stati convertiti ad altro uso, o sono andati perduti per cause naturali, rispetto ai circa 16 milioni di ettari l'anno perduti nel decennio precedente.
Se fino a pochi anni fa l’abbattimento delle foreste era finalizzato quasi esclusivamente alla creazione superfici agricole per impiantare nuove coltivazioni necessarie per soddisfare il fabbisogno alimentare, oggi altri interessi si stanno manifestando. Sempre più frequentemente, infatti, si deforesta per realizzare colture finalizzate alla produzione di biocarburanti (bioetanolo, biodiesel), il cui impiego appare sempre meno ecologico se vengono attentamente valutati i bilanci ambientali (emissione di gas serra, consumi idrici, etc.). A tal proposito, recentemente la Unione Europea ha emesso un direttiva che introduce il criterio della sostenibilità (mediante analisi del carbon foot print) per regolare l’ammissibilità agli aiuti per la produzione delle energie rinnovabili.
Da rilevare infine che mentre molta attenzione viene rivolta alle foreste sudamericane, poco risalto viene dato alla situazione africana, in cui il taglio di legname pregiato o per la produzione di carbone sta determinando una drammatica riduzione delle superfici boscate. Nel decennio 2000-2010 in Africa si è registrata una perdita netta di foreste pari a circa 3.4 milioni di ettari, molto prossima ai 4 milioni registrati nel Sud America.
Perplessità ben fondate vengono espresse anche nei confronti della riforestazione e della crescita spontanea di alcune foreste che si stanno manifestando sempre più frequentemente nei paesi sviluppati (in particolare Europa, Oceania, Nord America). I nuovi impianti presentano una bassa ricchezza floristica e pertanto non sono in grado di compensare la perdita di ecosistemi complessi quali sono le foreste tropicali, nelle quali vegetano centinaia di specie diverse e che sono capaci di fissare un quantitativo di CO2 molto più elevato.
Appare quindi preferibile la prospettiva di favorire la conservazione del patrimonio forestale attuale, ma questa potrà essere ottenuta solo mediante interventi integrati, che prevedano anche la responsabilizzazione degli stati interessati e facendo in modo che le azioni intraprese diventino una fonte di reddito per le popolazioni locali (ad esempio mediante la vendita dei crediti di carbonio).
(Foto di Francesco Ferrini)
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