Per stabilire a posteriori se in un campione di olio sono state operate contraffazioni con oli di oliva di minor pregio (es. olio italiano in cui sia stato aggiunto in tutto o in parte olio di altri paesi europei o extra-europei) o con oli di altre specie (nocciolo, girasole, colza, mais, o soia), sono state sviluppate tecniche di analisi basate sul test del DNA estratto dall’olio.
Questo tipo di analisi rappresenta l’unico metodo in grado di accertare l’identità delle varietà da cui l’olio è stato estratto e di verificare la presenza di oli di altre specie oleaginose diverse dall’olivo. L’analisi molecolare delle tracce di DNA nell’olio rappresenta un utile complemento alle analisi chimiche e alla tracciabilità documentale di filiera.
La rintracciabilità genetica dell’olio ha superato ormai la fase sperimentale e può essere applicata con successo agli oli in commercio.
Pur se non riconosciuta ancora tra i metodi ufficiali di analisi, essa trova utile applicazione per chi vuole certificare il proprio prodotto o capire meglio l’identità delle partite che compra e che vende, con particolare riferimento alle industrie olearie, alle ditte imbottigliatrici e alla grande distribuzione.
Il test del DNA può essere applicato a tutte le tipologie di olio di oliva: extra vergine, vergine, DOP, IGP, monovarietale, blend, rettificato, miscela tra oli vergini e rettificati.
L’efficacia del metodo si basa su alcuni importanti presupposti:
- il DNA caratterizza in maniera inequivocabile ciascun individuo, varietà o specie diversa, e le differenze possono essere messe in evidenza attraverso l’analisi di marcatori molecolari;
- il DNA è l’unica molecola che può essere moltiplicata in vitro tramite la PCR (Polymerase Chain Reaction) quindi, anche partendo da poche copie di un piccolo frammento, se ne possono ottenere milioni di copie, analiticamente rilevabili;
- i frammenti di DNA, anche se non liposolubili, rimangono in sospensione nel mezzo oleoso e si conservano per lungo tempo (oltre i 3 anni), anche se vanno incontro ad un progressivo processo di degradazione in frammenti sempre più corti;
- la rettificazione o altri trattamenti chimico-fisici dell’olio non allontanano o distruggono completamente questa molecola, che può essere comunque estratta, amplificata ed analizzata;
- ad ogni paese/regione/territorio di coltivazione corrispondono varietà locali specifiche e ben diverse da quelle coltivate altrove (allo stato attuale le superfici dedicate a varietà alloctone sono così esigue da non condizionare il mercato nazionale dell’olio);
- grazie alla forte strutturazione geografica delle varietà, la loro identificazione consente di risalire indirettamente al luogo di origine dell’olio;
- poiché gli oli possono essere costituiti da miscele di più varietà, per poter identificare ciascuna di esse, è necessario disporre di marcatori varietà-specifici o comunque caratteristici di poche varietà;
- un altro elemento indispensabile è la disponibilità di una banca dati dei profili DNA delle principali varietà di olivo coltivate nel mondo, per confrontare e trovare la corrispondenza dei profili ottenuti dall’analisi degli oli.
I marcatori molecolari correntemente usati per l’identificazione delle cultivar, quali gli SSR (Simple Sequence Repeats) di prima generazione, attualmente a disposizione, sono poco adatti per la rintracciabilità degli oli, sia perché se ne dovrebbero usare tantissimi per discernere varietà miscelate insieme, sia per le difficoltà di amplificazione e di match con i picchi attesi.
A seguito delle numerose richieste pervenute da ditte imbottigliatrici, distributrici, di import/export e agenzie nazionali per il controllo degli alimenti, presso il CNR-IBBR di Perugia si è aperta una attività di servizio per analisi DNA di oli di oliva commerciali e di olive da mensa.
Da: Teatro Naturale, 5/02/2016