La pesca, nel corso dei secoli, ha acquisito sempre maggiore importanza nei sistemi di sussistenza delle culture umane. A tal proposito, considerando l’incontrollabile crescita demografica registrata negli ultimi anni, si stima che il consumo di prodotti ittici potrà arrivare addirittura a raddoppiare nel corso dei prossimi 30 anni. Aumentando l'offerta globale della pesca, aumenteranno di conseguenza anche gli scarti da essa prodotti (es: ossa, pelle, squame, ecc.). Al fine di incrementare la sostenibilità della pesca, risulta dunque necessario provare a limitare la produzione di questi scarti, trovandogli, ad esempio, una possibile funzione alternativa. Tra gli scarti ottenibili, la pelle rimane senza dubbio uno dei più significativi in termini quantitativi. Essa, infatti, insieme a squame ed ossa, rappresenta il 30% degli scarti derivanti dalla lavorazione del pesce.
Tra i possibili campi di applicazione della pelle di pesce vi rientra quello terapeutico. A tal proposito, esistono numerosi studi che evidenziano, ad esempio, la sua utilità nella cura delle ustioni. Sembra infatti che la pelle di pesce riesca ad interagire direttamente con l'ustione, controllando efficacemente sia il dolore che lo stato dell’infiammazione. In Irlanda invece, le pelli di anguilla sono state utilizzate in passato come prevenzione contro i reumatismi e la febbre. Inoltre, la pelle è fonte di collagene, e dunque può essere sfruttata dalle industrie farmaceutiche come vettore di farmaci grazie alle sue proprietà bioattive (es: biodegradabile).
Oltre al suo ruolo nel mondo terapeutico, la pelle potrebbe avere un ulteriore ruolo anche nell’abbigliamento. Quale materiale ecologico, compatto, inodore e resistente, potrebbe dunque dimostrarsi una grande conquista per il mondo della moda. Considerando infatti l’enorme impatto ambientale di questo settore (essa rappresenta un quinto dei 300 Mt di plastica prodotte a livello globale ogni anno (www.bloomberg.com), la possibilità di poter creare capi d’abbigliamento utilizzando materiali naturali rappresenta senza dubbio una svolta positiva per il futuro. In realtà, la pelle di pesce è stata già utilizzata per secoli dalle popolazioni indigene del Nord Europa e dell'Asia in indumenti e accessori, per essere poi sostituita dai nuovi materiali (es: plastiche). Oggi, tuttavia, i principi dell’economia circolare abbinati alle nuove tecnologie e ai mutevoli gusti dei consumatori possono far pensare nuovamente alla fattibilità della pelle di pesce nella moda. Finora però, solo marchi di lusso hanno utilizzato la pelle di pesce (es: BMW e Prada).
Ulteriore funzione della pelle di pesce potrebbe essere quella nutrizionale. Recentemente, infatti, sono stati identificati e isolati da sottoprodotti di lavorazione marina diversi composti bioattivi per uso umano, tra cui: proteine, lipidi, chitina e minerali. Tra le varie bioattività mostrate da peptidi derivati da sottoprodotti marini si ritrovano, ad esempio, quella antiossidante, antitumorale e antimicrobica. Essa in realtà è già stata usata come alimento nel corso della storia e rimane ancora oggi uno spuntino popolare in molti paesi e culture. L'esatto profilo nutrizionale varia notevolmente a seconda del tipo di pesce ma, vi sono comunque dei nutrienti chiave comuni alle varie specie, tra cui: proteine e acidi grassi omega-3. Infine, la pelle di pesce è una buona fonte di collagene e vitamina E, i quali contribuiscono, entrambi, alla salute della pelle umana. A tal proposito, infatti, diversi studi hanno evidenziato come il collagene possa migliorare l'idratazione e l'elasticità della pelle e inoltre agire su altri segni distintivi dell'invecchiamento come le rughe.
In conclusione, si può quindi sostenere che, attraverso un utilizzo più efficiente delle risorse dell’acquacoltura, si può evitare che un materiale come la pelle venga sprecato. Essa, infatti, ha dimostrato di possedere peculiari caratteristiche, utili da sfruttare in svariati campi d’applicazione. La pelle di pesce si presenta dunque come un'ottima opportunità futura per l’acquacoltura sia di incrementare la propria sostenibilità che di diversificare al tempo stesso i propri prodotti.
Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino (Collodi, 1881-1883)
Pinocchio ha fame, ma Geppetto dispone solamente di bucce e torsoli di pera.
— Pazienza! — disse Pinocchio — se non c’è altro, mangerò una buccia.
E cominciò a masticare. Da principio storse un po’ la bocca: ma poi, una dietro l’altra, spolverò in un soffio tutte le bucce; e dopo le bucce, anche i torsoli, e quand’ebbe finito di mangiare ogni cosa, si batté tutto contento le mani sul corpo, e disse gongolando:
— Ora sì, che sto bene!
— Vedi, dunque, — osservò Geppetto — che avevo ragione io quando ti dicevo che non bisogna avvezzarsi né troppo sofistici né troppo delicati di palato. Caro mio, non si sa mai quel che ci può capitare in questo mondo. I casi son tanti!”