La Commissione Europea ha tolto il tema dell’etichettatura fronte pacco (FOP) dall’agenda per i prossimi mesi, ogni decisione rinviata al 2024.
La guerra europea tra i differenti schemi di etichettatura proposti dalle nazioni, in particolare il Nutriscore francese e il Nutrinform Battery italiano, è partita con le migliori intenzioni per il benessere e la salute dei cittadini europei ed è naufragata sulla minaccia che il modello Nutriscore possa impropriamente essere utilizzato per modificare il paniere d’acquisto alimentare boicottando i prodotti emblema del Made in Italy.
In questa guerra non bisogna trascurare il fattore “tempo”, la risorsa più scarsa per i cittadini europei e certamente una risorsa non rinnovabile, variabile chiave nella definizione delle azioni politiche che fissano al 2030 la scadenza per gli obiettivi della strategia Farm to Fork che mira ad un approccio innovativo e più sostenibile per i nostri sistemi alimentari, inclusa l’armonizzazione dell’etichettatura fronte pacco (FOP).
Il fattore tempo, dunque, coinvolto nel processo di valutazione a cui è chiamata la Commissione Europea che si esprimerà su diverse proposte di etichettatura FOP, se trascurato, costituirà il principale ostacolo all’arresto dell’epidemia di obesità, fattore di rischio per le malattie metaboliche, cardiovascolari, neurologiche e neoplastiche, che riducono l’aspettativa e la qualità di vita della popolazione europea. Proprio il fattore tempo, però, non può trovare un affidabile alleato nel modello del Nutriscore, inadatto a raggiungere in maniera efficiente ed efficace l’obiettivo di modelli dietetici più sani e sostenibili per le nazioni europee.
Il Nutri‐Score, infatti, si basa su un algoritmo che analizzando gli elementi ritenuti positivi per l’alimentazione dai suoi progettisti (le fibre, le proteine e il contenuto di frutta e verdura) e quelli reputati, al contrario, negativi (il sale, lo zucchero, i grassi saturi e le calorie) in 100 grammi di alimento, assegna la valutazione complessiva in cinque colori, dal verde al rosso, e in cinque lettere, dalla A (salutare) alla E (non salutare), in base al risultato.
L'algoritmo alla base dell'etichetta Nutri‐Score deriva dal modello di profilo nutrizionale della Food Standard Agency (FSA), originariamente un modello binario sviluppato per regolamentare la commercializzazione di alimenti per i bambini nel Regno Unito.
Il primo mito da sfatare è l’errata fiducia che l’uomo comune ripone nell’infallibilità dei sistemi basati su un approccio matematico. Comunemente, infatti, di fronte alla complessità degli algoritmi subentra un atto di fede, che porta, spesso, a credere, a priori, che una procedura matematica rappresenti uno strumento efficace ed efficiente per guidare i consumatori dimenticando che la fallacia dell’algoritmo risiede proprio nella fragilità delle premesse sui quali è progettato.
La principale fragilità dell’algoritmo usato per determinare il Nutri‐Score è nella sua scarsa robustezza. In termini generali, la robustezza di un algoritmo è la sua capacità (o meglio la capacità del programmatore) di comportarsi in modo ragionevole in situazioni impreviste, non contemplate dalle specifiche di progettazione. L’algoritmo Nutri‐Score non è robusto in quanto non riesce a risolvere correttamente tutti i problemi compresi tra le specifiche considerate e quindi merita considerazioni di valore sugli effetti dannosi che il sistema agro-alimentare o gli utenti, cioè i cittadini, subiscono se il sistema di calcolo reagisce in modo "irragionevole" a situazioni impreviste. Per molti alimenti, infatti, sono nati, e perdurano, scontri basati sull’irragionevolezza della valutazione ricevuta in contrasto con le evidenze scientifiche consolidate, per cui l’olio extravergine di oliva veniva penalizzato e i soft-drink erano premiati dal Nutri‐Score.
La robustezza di un algoritmo dipende dalla definizione opportuna dell’ampiezza del dominio del problema, in questo caso la relazione tra cibo e salute.
Cibo e salute sono intimamente intrecciati: ciò che mangiamo influisce simultaneamente sulla nostra esposizione a patogeni di origine alimentare, allergeni e contaminanti ambientali, sul nostro stato nutrizionale, sulla composizione corporea, sulla salute mentale, e sui rischi di insorgenza e progressione di malattie croniche come le patologie metaboliche, cardiovascolari, neoplastiche e neurodegenerative. Molto spesso ciò che ci nutre non sono direttamente gli alimenti ma i prodotti del metabolismo del microbiota intestinale che elabora i principi nutritivi prima che questi siano assorbiti esplicando un’azione positiva o negativa.
Considerata l’ampiezza del problema che lega il cibo alla salute, davvero possiamo semplificare la complessità della nutrizione, a cui oggi si affiancano altre scienze come la nutrigenomica e la nutrigenetica, con un algoritmo che a fronte di centinaia di migliaia di molecole differenti che gli alimenti veicolano nel nostro corpo si riduce a misurare 7 fattori, 3 positivi e 4 negativi?
La domanda principale a cui rispondere è dunque: C’è un “bias”nell’algoritmo Nutriscore?
Partiamo dalla definizione di “bias”. Un bias è un errore sistematico di giudizio o di interpretazione, tale da causare valutazioni fuorvianti che possono portare alla formulazione di giudizi non oggettivi, influenzando opinioni e comportamenti.
A ritenere che il rischio di bias dell’algoritmo fosse estremamente elevato sono gli stessi ricercatori che, all’atto della progettazione, hanno ammesso la necessità di prevedere correzioni periodiche dell’algoritmo, addirittura ipotizzando di modificarlo almeno ogni tre anni per porre rimedio agli errori generati dall’applicazione dello stesso in ambiente reale.
Questa asserzione degli stessi inventori è una evidenza della debolezza delle premesse logiche su cui l’algoritmo è stato progettato, e tale circostanza è dimostrata dalle recenti proposte, non esaustive, di modifiche avanzate dai suoi ideatori.
La formulazione di giudizi non oggettivi formulati dai cittadini in risposta al Nutri-Score è evidente da alcuni fenomeni misurati nel comportamento dei consumatori. Il Nutri-Score attualmente valuta nella classe dei fattori positivi la quantità di proteine contenute nell’alimento. La versione iniziale dell’algoritmo ha lanciato pertanto un messaggio equivoco di incoraggiamento, contro ogni evidenza scientifica e raccomandazione dell’OMS, al consumo di carni, soprattutto rosse. Secondo i ricercatori del Nutri-Score, nella revisione imminente dell’algoritmo, dopo oltre sei anni, il consumo di carni rosse sarà scoraggiato, anche per motivi ambientali.
Le modifiche dell’algoritmo porteranno poi a promuovere di un gradino l’olio di oliva (vergine? Extravergine? Non si sa) che insieme a quello di colza e quello di noce (vergine? Estratto con solvente? Rettificato? Non si sa) passeranno dalla lettera C alla B.
Eccezioni e modifiche anche per latte e derivati che saranno meglio differenziati: per esempio, alcuni formaggi come l’emmental, finora etichettati con la D, avendo poco sale, potranno meritare una C. Grana Padano e Parmigiano Reggiano saranno beneficiari dello stesso privilegio? Non è ancora dato di saperlo.
Secondo uno dei suoi ideatori, Serge Hercberg, è probabile, poi, che alcuni cibi iper-processati come le pizze surgelate potranno passare dalle categorie A/B alla D.
Rassicurati da queste ipotesi di miglioramento che raggiungeranno l’optimum delle revisioni in decine di anni, non certo entro il 2030, attenderemo di vedere traviata la dieta di generazioni di giovani cittadini che pagheranno in aspettativa di vita l’indeterminatezza e la scarsa robustezza dell’algoritmo francese del Nutri-Score?
Il rischio più grande che corre l’Italia è quello di perdere la memoria e la pratica della Dieta Mediterranea, conoscenze tramandate da generazioni che oggi ci rendono una delle nazioni più longeve d’Europa e con il paniere di prodotti con certificazione d’origine e di alta qualità più ampio tra gli stati membri. Una ricchezza identitaria che non solo investe la nostra dieta, la celebre gastronomia e lo stile di vita, ma rappresenta anche una delle porzioni più ampie del PIL nazionale e fonte di milioni di posti di lavoro.
I sistemi Nutriscore e Nutrinform Battery sono stati sviluppati prima delle trasformazioni epocali determinate dalla pandemia e dalla presa di consapevolezza innescata da Greta Thunberg, la ragazzina terribile che ha risvegliato le coscienze e scatenato la "rivoluzione climatica" e che oggi devono condurci a riprogettare i sistemi agroalimentari puntando a produrre alimenti sani sia per l’uomo sia per il pianeta. L’Università di Bari, in collaborazione con la Sima, ha sviluppato un innovativo modello di etichetta, il Med Index (https://www.youtube.com/watch?v=grzNqLFoMs0), basato sulla Dieta Mediterranea, il regime migliore per:
- la salute dei cittadini, infatti la Dieta mediterranea è riconosciuta dall’OMS come uno dei modelli più sani;
- la salute del pianeta, infatti la Dieta mediterranea è riconosciuta dalla FAO come uno dei modelli più sostenibili;
- la salute delle comunità legata alle competenze, conoscenze e tradizioni, infatti la Dieta mediterranea è riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità.
Il Med Index incoraggia l’acquisto di alimenti sani e sostenibili, tenendo conto non solo della composizione in macronutrienti (unico elemento che caratterizza i sistemi Nutriscore e Nutrinform Battery) ma anche di altri fattori nutrizionali, come la presenza di prebiotici e probiotici, claim nutrizionali e salutistici. Non solo, il Med index premia le certificazioni di origine, l’impiego di energie rinnovabili, la misura dell’impronta di acqua e di carbonio del prodotto, le azioni sociali a favore dei dipendenti e dei cittadini, le iniziative di educazione alimentare, le attività per la riduzione del gap di genere e generazionale. Inoltre, supera il concetto calorie inteso in senso stretto come densità energetica della porzione e, indicando l’intensità di attività fisica necessaria a bilanciare l’apporto calorico di una porzione, incoraggia la pratica dell’attività sportiva, concretizzando il principio di “dieta” che non si limita al regime alimentare ma riguarda lo stile di vita.
Il Med Index non si basa su un algoritmo come il Nutriscore, ma misura la sostenibilità di un prodotto alimentare sotto il profilo nutrizionale, ambientale e sociale attraverso una check-list. Per ciascuno dei tre pilastri della sostenibilità sono stati individuati 9 criteri, 27 in tutto, che corrispondono a certificazioni volontarie e/o cogenti già in possesso delle aziende o implementabili. Lo score migliora all’aumentare delle certificazioni possedute dalle aziende. Il Med Index, quindi, premia le aziende virtuose che hanno già intrapreso la transizione verso modelli produttivi sostenibili ed incoraggia le altre a migliorare gli standard per veder migliorare il valore dell’Med Index stesso.
I criteri del Med Index sono scaturiti dall’analisi rigorosa della letteratura scientifica e degli obiettivi del Green Deal europeo e sono in grado di rispondere anche a bisogni emergenti ed inespressi dei consumatori, come, ad esempio, i criteri di sostenibilità sociale, aspetto non ancora contemplato da alcuno dei modelli FOP proposti a livello internazionale.