La relazione tra impronta ambientale e produzione alimentare (e consumo umano) è al centro dei dibattiti attuali. In effetti, lo sforzo mondiale per ridurre l'impronta ambientale di qualsiasi attività economica, industriale e agricola è oggigiorno obbligatorio, dati i crescenti e indesiderati effetti di riscaldamento associati all'antropizzazione del pianeta.
Le scelte dietetiche sono un fattore importante che determina il riscaldamento globale. La produzione alimentare rappresenta circa il 25-30% del totale di GHGE (Green House Gas Emission) in Europa.
Un concetto comunemente accettato è che l'impronta ambientale associata alla produzione di alimenti per animali sia di molte volte maggiore rispetto a quella di alimenti di origine vegetale. Pertanto, la scelta tra diete animali e vegetariane può avere un impatto ambientale rilevante. In tali confronti, tuttavia, il valore nutrizionale degli alimenti non è sufficientemente considerato e/o preso in considerazione. Inoltre, le stime tradizionali dell'impronta ambientale dei nutrienti si basavano prevalentemente sul peso degli alimenti crudi o sul loro contenuto calorico, senza considerare i fabbisogni umani.
I substrati essenziali sono per definizione elementi nutritivi chiave da considerare nella pianificazione della dieta. Tra questi, i requisiti di tutti gli amminoacidi essenziali (EAA) devono essere garantiti nell'approvvigionamento alimentare e quindi dovrebbero costituire fattori chiave nella valutazione della qualità. Recentemente, abbiamo analizzato l'impronta ambientale, espressa sia come terreno utilizzato per la produzione sia come emissione di gas serra (GHGE) associata, di alcuni alimenti di base di origine animale e vegetale, riferita a quantità che forniscono le Razioni Giornaliere Raccomandate (RDA) di tutti gli EAA nell'uomo. È stata effettuata un'ampia ricerca di dati su riviste peer-reviewed, per ricavare le stime dell'impronta ambientale della produzione alimentare. L'uso da parte degli autori della metodologia di valutazione del ciclo di vita (LCA: Life Cycle Assesment) è stato accuratamente verificato prima della selezione delle fonti letterarie.
I nostri risultati mostrano che la produzione di proteine animali di alta qualità, in quantità sufficienti a rispettare le dosi giornaliere raccomandate di tutti i CEA, richiederebbe un uso del suolo e un GHGE approssimativamente uguale, maggiore (comunque di solo ≈1 volte) o ancora più piccolo, di quello necessario per produrre proteine vegetali. Un'eccezione è quella rappresentata dai semi di soia, che hanno mostrato l'impronta minore essendo ricchi anche di EAA in proporzione sufficientemente equilibrata.
Inoltre, il contenuto energetico delle quantità di cibo calcolate era molto inferiore se associato ad alimenti di origine animale rispetto a quelli vegetali (ad eccezione sempre della soia).
In sintesi quando i requisiti umani degli AAE vengono utilizzati come riferimento, questa nuova analisi colloca in una prospettiva più ampia e critica il concetto comune di un grande vantaggio, rispetto all'impronta ambientale, delle colture rispetto alla produzione alimentare animale. Inoltre, il minor contenuto calorico degli alimenti animali rispetto a quelli vegetali potrebbe essere considerato durante la progettazione di una dieta volta a ridurre il sovrappeso e l'obesità.