Mai come in questo momento l’agricoltura è al centro di un dibattito che ha una dimensione globale ed è diventata sempre più materia complessa, chiamando in causa competenze agronomiche, tecnologiche, economiche, organizzative, ambientali, politiche e sociali, le più articolate.
Non è la prima volta che la centralità dell’agricoltura è evocata, soprattutto nei momenti di crisi generale, senza però arrivare a delle conclusioni idonee a dare una prospettiva di lungo periodo a un settore che ha sempre dimostrato di saper svolgere il proprio ruolo nell’interesse della collettività.
Per esempio, ricordo la crisi italiana degli anni ‘70 imputata anche ai deficit alimentare ed energetico ritenuti concausa della pesante inflazione di quel periodo. In tale circostanza, in un momento in cui le eccedenze dilagavano in Europa, il Piano Agricolo Nazionale del Ministro Marcora (1977) si pose l’obiettivo di aumentare le produzioni di cui eravamo importatori netti e quelle che avrebbero potuto incidere sulla crescita delle esportazioni. Controcorrente rispetto agli orientamenti comunitari che, già dal Memorandum Mansholt (1968), si ponevano l’obiettivo di ridurre le produzioni eccedentarie. E mentre, sempre nel citato Memorandum, si prefigurava la riduzione delle superfici coltivate, in Italia fu varata una legge che si poneva l’obiettivo di utilizzare le terre incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate (1978).
Oggi il quadro è totalmente cambiato e la centralità dell’agricoltura è da attribuire a ben altri motivi. Le successive riforme della politica agricola comunitaria e l’evolversi degli accordi sul commercio internazionale hanno posto le imprese agricole di fronte all’esigenza di dare risposte in termini di innovazione, efficienza e di competitività sul mercato, di produrre di più, di puntare alla qualità delle produzioni e di contribuire alla sostenibilità e alla compatibilità ambientale dei processi produttivi. Proprio in questi ultimi mesi l’agricoltura è l’osservata speciale. Alcune circostanze che richiamo lo dimostrano.
La Carta di Milano nel sollecitare le responsabilità collettive per garantire alle generazioni future il diritto al cibo e un futuro più sostenibile, trasferisce alle imprese agricole il compito, sicuramente il più gravoso, di comportamenti idonei allo scopo. Basta leggere l’impegno preso dalle imprese, riportato nella Carta, per capire che al centro del complesso sistema su cui ruotano la sicurezza e la soddisfazione alimentare, in una prospettiva di sostenibilità e compatibilità ambientale, sta un’agricoltura che si deve far carico di molteplici compiti. Ma a questi corrispondono costi che il mercato non sempre remunera in modo adeguato, né trovano facilmente altre forme di compensazione. Tuttavia, il ruolo demandato all’agricoltura e alle imprese agricole sembra costituire quasi un presupposto “naturale” per gli obiettivi della Carta. I negoziati in corso dal 2013 per il Partenariato Transatlantico per gli Scambi e gli Investimenti (TTIP), nel porsi l’obiettivo di ampliare e facilitare i rapporti commerciali tra UE e USA, incontrano le maggiori difficoltà proprio per il commercio dei prodotti agricoli, che peraltro rappresentano una quota stimata intorno a un quarto degli scambi prevedibili con l’attuazione del Partenariato. Nella risoluzione del Parlamento europeo dell’8 luglio 2015 recante le raccomandazioni del Parlamento stesso alla Commissione sui negoziati riguardanti il TTIP, si legge testualmente "l’importanza per l’agricoltura europea della conclusione di un accordo commerciale con gli USA che sia vantaggioso per entrambe le parti, allo scopo di rafforzare la posizione dell’Europa quale attore di primo piano nel mercato globale senza compromettere le attuali norme di qualità dei prodotti agricoli europei né il miglioramento di tali norme in futuro, preservando allo stesso tempo il modello agricolo europeo e garantendone la sostenibilità economica e sociale”. Si tratta ora di capire come questo punto possa trovare convergenza di interpretazioni nell’ambito del Partenariato, ma ancor più all’interno dell’UE.
Nello scenario del commercio internazionale si collocano anche le decisioni prese in occasione della decima Conferenza Ministeriale del WTO svoltasi a Nairobi dal 15 al 19 dicembre2015. Per l’agricoltura, la decisione più importante assunta nella dichiarazione finale riguarda l’eliminazione definitiva dei sussidi all’export dei propri prodotti. Questa decisione è stata facilitata da un trend crescente dei prezzi mondiali delle commodities. Inoltre, in Europa, la graduale estensione del disaccoppiamento ha reso pressoché inutilizzate le restituzioni all’export che fino all’inizio degli anni ‘90 avevano utilizzato fino a un terzo del bilancio della PAC.
La riforma della PAC 2014-2020, con approvazione da parte della Commissione dei PSR degli Stati membri (nel caso dell’Italia i PSR delle Regioni), apre una fase fondamentale per il futuro dell’agricoltura nazionale e europea. Molte sono le novità di merito e di metodo, rispetto al periodo precedente, e non c’è dubbio che i risultati attesi dipendano dalla capacità delle Regioni di velocizzare la spesa e delle imprese agricole di progettare bene. Senza dimenticare che è in gioco più di un terzo di risorse del bilancio europeo, che è già avviata la discussione per un aggiornamento in itinere e che si cominciano a prefigurare gli scenari per il dopo 2020. Come sempre, le politiche europee sono cantieri aperti, e occorre saper guardare al futuro con capacità di cogliere le direzioni capaci di innalzare le imprese e l’intero sistema (burocrazia inclusa) ai livelli che l’aspettativa sociale ha chiaramente formulato.
La recente indagine di EUROBAROMETRO sulla percezione che i cittadini hanno dell’agricoltura e della PAC -svolta dal 17 al 26 ottobre 2015 (durante EXPO) attraverso l’effettuazione di 27.822 interviste in Europa, di cui 1.015 in Italia - dimostra talune omogeneità e anche discordanze di valutazione tra l’Italia e il resto dell’Europa. Emerge con chiarezza una generale condivisione dell’importanza dell’agricoltura, ma, in particolare in Italia anche di una scarsa conoscenza dell’esistenza di una politica specifica per il settore. Si tratta di risultati che meritano attenzione con l’adozione di strumenti di comunicazione più efficaci sul significato del modello europeo di agricoltura e del suo ruolo multifunzionale che giustifica ancora una politica dedicata.
La trasformazione del MIPAAF in Ministero dell’agroalimentare apre nuovi scenari nel governo dell’agricoltura e non si tratta di un passaggio soltanto nominalistico. Nella sostanza, sotto lo stesso tetto convergeranno gli interessi e le prospettive dell’agricoltura, dell’industria e della distribuzione alimentare, con l’auspicio che si possano concretizzare reali processi di integrazione nelle diverse filiere dell’agro-alimentare tra gli operatori interessati. La forza d’urto dell’agroalimentare, che rappresenta oltre il 15% del PIL, quattro volte quello dell’agricoltura in senso stretto, potrà crescere non di poco. In particolare se alimentata da una condivisione di obiettivi volti a valorizzare i primati del made in Italy espressi dalla tutela della qualità e dell’origine, dalla tracciabilità degli alimenti a difesa del consumatore, dalla promozione unitaria sui mercati esteri. Auspico sia la premessa, anche e finalmente, per trovare soluzioni organizzative delle filiere finora latenti nel nostro paese quali la cooperazione e l’associazionismo, la contrattazione e l’inter-professione.
Da questi brevi spunti credo che emergano numerosi interrogativi per la ricerca nel campo dell’economia agraria e del diritto agrario, interpellando economisti e giuristi che nel corso degli anni hanno enormemente divaricato e integrato le proprie competenze. È l’occasione per alimentare un confronto tra ricercatori della disciplina che consenta approfondire i temi emergenti, di creare occasioni di ricerca, discussione e proposta. Di proseguire il dialogo con la società civile che EXPO ha aperto e che tanta attenzione ha trovato.
Con queste finalità l’Accademia dei Georgofili, fedele alla sua storica missione di “contribuire al progresso delle scienze e della loro applicazione all’agricoltura in senso lato, alla tutela dell’ambiente, del territorio agricolo e allo sviluppo del mondo rurale“, ha preso l’iniziativa di costituire al proprio interno un “gruppo di riflessione” tra economisti e giuristi agrari, provenienti da Università di diverse Regioni, in grado di coprire spaccati diversi e molteplici della ricerca e di contribuire a dare spessore e contenuti alla nuova centralità dell’agricoltura.
The centrality of agriculture: it is time to define prospects. The agrarian economist’s role.
Never before has agriculture been in the centre of a global-level debate becoming an increasingly complex matter, calling into question the most multifaceted agronomic, technological, economic, organizational, environmental, political, and social skills.
This is not the first time that agriculture’s centrality has been raised, especially in times of general crises, without however reaching conclusions likely to give a long-term perspective to a sector that has always proved able to carry out its role in the interest of community. In urging the collective responsibility to ensure future generations the right to food and a more sustainable future, the Milan Charter has assigned to agricultural enterprises surely the most demanding task of having behaviors fit for this purpose.
In progress since 2013, the Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) negotiations, whose objective is to broaden and favor business relations between the EU and the USA, have encountered the greatest difficulties precisely in the trade of agricultural products that, however, account for a share estimated at around one-quarter of the expected trade once the partnership is implemented.
The decisions made at the 10th WTO Ministerial Conference, held 15-19 December 2015 in Nairobi, are also found within this international trade scenario. In the final declaration, the most important decision regarding agriculture refers to the permanent elimination of subsidies to the export of one’s own products.
With the approval by the Regional Development Planning (RDP) Commission of the member states, the 2014-2020 CAP reform opens a critical phase for the future of national and European agriculture. There are many changes as regards method and merit compared to the previous period and the results will unquestionably depend on the regions’ ability to accelerate expenses and on agricultural businesses to plan well.