In Europa, l’intensa meccanizzazione in agricoltura ha sottratto all’asino il suo impiego quale animale da lavoro ed ha portato molte razze alla scomparsa o prossime alla estinzione; rappresenta tuttavia ancora un’importante risorsa nell’economia di numerosi Paesi in via di sviluppo e non solo. Anche il loro valore culturale è considerato uno dei tratti più importanti; la necessità di preservare le razze autoctone è stata, infatti, associata al valore storico che rivestono e che riflettono la lunga simbiosi con l’umanità e contribuiscono a ricordare antiche tradizioni.
L’asino è stato addomesticato prima del cavallo, nel VI - V millennio a.C., dall'asino selvatico africano (
Equus asinus africanus), forse in Africa orientale (Egitto); nel Neolitico si è diffuso nel Mediterraneo e nell'Europa del Sud, utilizzato dalla società pastorale come animale da lavoro (per tirare l’aratro, far girare il frantoio ed il mulino, sollevare l’acqua, ecc) e per il trasporto di merci e, meno, di persone ma anche per dare carne e latte. E’ rimasto simile all’antenato selvatico che viveva in ambienti difficili, con pascoli poveri e modeste disponibilità di acqua. Inoltre può essere utilizzato per la sua resistenza e agilità sui difficili terreni di montagna. Nel mondo esistono numerose razze anche selvatiche (asino del Tibet) o rinselvatichite (i burro degli Stati Uniti dopo la loro introduzione ad opera dei colonizzatori). Allo stato selvatico vive ancora nelle tre specie di asino africano (
E. asinus africanus), onagro (
E. onager) ed emione (
Equus hemionus) ed abita le località steppose o pietrose di Africa settentrionale, Medio Oriente, Russia asiatica, Asia meridionale e Mongolia.
Nell'antichità l'asino era considerato animale di grandi pregi ed è stato oggetto di culto presso popoli orientali e africani (onolatria); Gesù lo sceglie come cavalcatura per andare a Gerusalemme. Nella cultura romana Fedro racconta di Asinarius che si toglie la pelle d’asino e si trasforma in un bel giovane e più tardi Boezio scrive che un asino vede una lira abbandonata in un prato e cerca di suonarla; non riuscendoci riconosce che gli manca l’istruzione. Nasce da qui l’idea di rappresentare l’asino con la lira che si ritrova nell'iconografia medievale (Chiese di Chartres, di Digione, Nevers, di Settime di Asti, Abbazia di Issoire). Nell’arte gotica l’asino con la lira si trova spesso nelle scuole per ricordare l’opportunità di riconoscere la propria incompetenza. Nel Graffito di Alessameno di epoca paleocristiana (conservato presso l'Antiquarium del Palatino di Roma) è invece discriminatorio verso la nuova religione cristiana e nel medioevo l’asino conserva un significato negativo (l’ignoranza) e la lascivia. Noto per la sua ostinazione, oggi è considerato spesso simbolo di modesta intelligenza: ai giovani poco preparati vengono attribuite le orecchie di asino e l'appellativo di somaro.
Più piccolo (altezza al garrese 0,75-1,60 m.) e mansueto del cavallo, ne differisce per la testa più grande, le orecchie più lunghe, la criniera breve, la coda con peli solo nella parte terminale, lo zoccolo più stretto. Il mantello è generalmente grigio ma ventre, muso e contorno degli occhi sono bianchi; nelle razze domestiche è prevalente il colore nero. I contadini più poveri lo preferivano al cavallo perché meno costoso e meno esigente dal punto di vista alimentare (cavallo del povero) per l’elevata capacità di utilizzare l’energia di alimenti ad elevato contenuto di fibra grezza.
Secondo l’Istat in Italia, terminata la necessità di allevare asini da lavoro o per la produzione di muli per l’esercito, dai 640.000 capi nel 1941 la popolazione asinina nel 1981 era scesa a 125.000 unità e nel 1998 a meno di 25.000 riconducibili, secondo la Save Foundation, alle razze Amiatina, Asinara, Grigia Siciliana, Martina Franca, Pantelleria, Ragusana, Romagnola, Sarda. Lo stesso studio segnale in Italia sei razze già estinte: Cariovilli, Castelmorone, Emiliano, Grigio Viterbese, Irpinia, S. Alberto. Anche la FAO, elenca le razze asinine, soprattutto italiane e spagnole, per le quali ritiene urgente un intervento di conservazione attraverso la qualificazione produttiva ed il ricupero della variabilità genetico alterata dall’abuso di consanguineità e da interventi (incroci) mirati al ripristino dell’eterozigosi.
Le popolazioni asinine rappresentano perciò risorse insostituibili per la biodiversità quali serbatoi di pool genici cui attingere per trasformarle in una fonte di reddito orientando la loro utilizzazione verso altri obbiettivi produttivi o alla difesa da nuove patologie. E dagli inizi del 2000 l’asino risale a circa 30.000 capi per l’uso nella pet-therapy (onoterapia), nell’onoturismo e per la produzione della carne utilizzata nell'alimentazione umana soprattutto come componente di salumi e di piatti tradizionali (tapulon e stufato d'asino); ma soprattutto è stato riscoperto il latte d’asina per l'alimentazione dei bambini (e non solo) perché le sue proprietà nutrizionali sono considerate le più simili a quello della donna.
The donkey and its history
In Europe, the intense mechanization in agriculture has made the donkey’s use as a work animal pointless and has led to many breeds disappearing or being in danger of extinction. However, donkeys are still an important resource in the economies of many countries in the developing world and beyond. Even their cultural value is considered one of the most important assets. In fact, the need to preserve indigenous breeds has been associated with their historical value that they have taken on and which reflects their long symbiosis with humankind and contributes to recalling ancient traditions.
The donkey was domesticated before the horse in the 6th-5th millennia B.C. from the African wild donkey (Equus asinus africanus
), perhaps in eastern Africa (Egypt). During the Neolithic, it spread through the Mediterranean and southern Europe. Pastoral societies used it as a work animal (to pull the plough, to turn the oil and grist mills, to raise water, etc.) and to transport goods and, less frequently, people as well as also for its meat and milk. In antiquity, the donkey was highly esteemed and was worshipped by Eastern and African peoples (onolatry). Jesus chose it as his mount to go to Jerusalem.