Potrà sembrare paradossale ma per molto tempo pronunciare la parola Bellezza ha suscitato una sensazione strana, un po’ desueta, talvolta addirittura fastidiosa. Sembra, infatti, che nell’epoca dell’esteriorità, stiamo sottovalutando il suo significato più nobile e profondo. Dobbiamo avere il coraggio, l’impegno e la forza per restituire alla bellezza una “B” maiuscola perché aspirare al Bello fa bene ai rapporti sociali e persino all’economia del Paese. Un binomio valido ovunque ma in particolare per l’Italia, ed è senz’altro una questione morale oltre che cruciale per il nostro futuro.
I dati parlano chiaro: l’economia sulla Bellezza vale il 16,5 % del PIL (in Germania supera il 20%, Francia e Inghilterra intorno al 19%) ma questi dati dovrebbero assolutamente migliorare perché la Bellezza può cambiare la nostra realtà in quanto agli occhi del mondo, l’Italia è uno dei pochi Paesi associati d’obbligo all’immagine della Bellezza, la “Grande Bellezza”. Nel film di Sorrentino, premiato con l’Oscar, è data un’immagine dell’Italia esteticamente sublime ma condannata a navigare sulla superficialità, ad alimentarsi di frivolezze, a essere relegata nei bassifondi dell’etica e del vivere civile. Bisogna ribellarsi a questa equazione che forse offre benevolenza da parte dei visitatori stranieri affascinati dalle nostre contraddizioni ma che agisce come una zavorra sul nostro Paese, sulla nostra storia, la nostra vita.
Potremmo continuare con altri esempi e analisi e ciò sarebbe utile per introdurre il tema dei prodotti tipici legati all’agrifood e collegati alla cultura popolare (Bellezza), che hanno profonde radici sul nostro territorio. Molti marchi dei nostri prodotti hanno avuto buoni riconoscimenti a livello internazionale ma la domanda che mi pongo è questa: abbiamo una strategia per la difesa e tutela delle nostre Bellezze e produzioni locali? Le contraffazioni, imitazioni e alterazioni sono all’ordine del giorno sia in Italia, sia all’estero con danni forse irreversibili per le filiere di produzione, ma soprattutto creano una crescente sfiducia e confusione nei Consumatori. Le produzioni tipiche locali sono una Bellezza perché questo settore è una miniera nascosta che i media esplorano poco, se non in sporadiche e tipiche sagre paesane dove all’indomani finita la festa tutto torna alla “normalità”. Negli ultimi anni ad esempio l’offerta televisiva sembra incentrata sulla cucina. Un tempo le trasmissioni di cucina erano visibili solo verso l’ora di pranzo, ora sono ovunque e tutti cucinano. Anche i conduttori televisivi che un tempo parlavano di politica, sport, costume, oggi vanno alle trasmissioni televisive dove mentre si taglia un agnolotto in brodo, cercano di parlare di cinema o di una coppia sposata che si fa reciprocamente le corna. Per non parlare di premi e medaglie assegnate ai concorrenti cuochi da una giuria che frequentemente a malapena parla la nostra lingua. In questo clima di crisi nessuno parla dell’origine dei cibi, dei vantaggi della filiera corta che prevede un rapporto diretto tra produttori e consumatori, della valorizzazione della nostra agricoltura, della deriva dei sapori e dei riti della condivisione del cibo, delle tradizioni della cultura contadina, dei cibi perduti per insipienza o trascuratezza, oblio o dimenticanza, o di quelli rimasti miracolosamente vivi con il loro inconfondibile gusto e mondo che li circonda da divulgare e tramandare perché inimitabile. La Bellezza è una cosa seria e solo la serietà ci potrà far guardare al futuro con un po’ di ottimismo.
Probabilmente prima che sia troppo tardi è arrivato il momento di concretizzare una profonda riflessione su tale tema, avendo poi per obbiettivo una proposta di alta formazione di assoluta qualità che veda la partecipazione di Università, Ministero, Regione e Associazioni di categoria. Infine chi meglio della Toscana può avere le carte in regola per affrontare questo argomento?
Termino con una frase di Emily Dickinson:
“La Bellezza – non si crea – E’ – La insegui, e si dilegua – Non la insegui, e rimane”.
The beauty of Italy
It may seem paradoxical, but, for a long time, uttering the word “Beauty” caused a strange sensation, a bit old-fashioned and at times even annoying. In fact, it seems that in this age of external appearances, we are underestimating its deeper and nobler meaning. We must have the courage, commitment, and strength to return to beauty with a capital “B” because it is good for social relationships and even for our country’s economy to aspire to Beauty. This combination is true everywhere, but especially for Italy, and it is undoubtedly a moral question as well as being one crucial to our future.
Many of our products have had good international brand recognition, but the question I ask myself is: do we have a strategy for safeguarding our Beauties and local products when counterfeits, imitations, and falsifications are the order of the day?