Una crescita della domanda rispetto all’offerta sta creando squilibri sul mercato mondiale di alcuni prodotti alimentari primari e provoca imprevisti aumenti dei prezzi. Ciò dipende da molti fattori straordinari e disordinati, che sono però aderenti a quel filo conduttore legato alla continua crescita numerica della popolazione mondiale complessiva, nonché alle migliorate condizioni di vita ed alle accresciute esigenze alimentari in importanti aree del pianeta, finora povere ed in via di sviluppo, ma oggi produttrici ed esportatrici fortemente competitive.
Anche il nostro Paese è importatore di prodotti alimentari primari, si calcola per circa il 50% del proprio fabbisogno. Questo comprende non solo quanto necessario ai nostri consumatori, ma anche ciò che serve alle nostre industrie alimentari che poi riesportano, come Made in Italy, una parte dei prodotti da loro elaborati.
Si stanno così verificando alcuni paradossi, innanzitutto perché nella nostra penisola rimane attualmente incolta una superficie agraria “arabile”, per oltre un milione di ettari. Il reddito dei nostri agricoltori nel 2010 si è ridotto di oltre il 3%, mentre quello medio europeo è aumentato del 12%. I nostri addetti all’agricoltura continuano a trasferire le proprie attività ad altri settori (commerciale, industriale, turistico, artigianale, di servizi, ecc.), raddoppiando così il proprio reddito e rimanendo anche nello stesso Comune.
Manca una chiara visione della situazione e mancano precisi indirizzi politici, sostenuti con altrettanta convinzione. Manca soprattutto una coerenza con quanto il nostro Paese ha espresso condividendo le conclusioni raggiunte nei vari Summit mondiali su vari temi (quali la tutela ambientale, la sicurezza alimentare, le risorse energetiche rinnovabili), che si sono sempre conclusi con unanime riconoscimento del ruolo strategico centrale dell’agricoltura nella generalità delle possibili soluzioni condivise.
Non si può neppure continuare, come se nulla fosse, ad ignorare la necessità evidenziata dalla FAO di raddoppiare l’attuale produzione complessiva mondiale di alimenti, senza cercare anche di gravare meno con le nostre importazioni sul già carente mercato globale. Né si può rimanere inerti di fronte alla progressiva riduzione della nostra SAU (superficie agraria utilizzabile) ed all’insostenibile basso livello dei redditi dei nostri agricoltori, mentre va evidenziandosi la necessità di aumentare il potenziale produttivo della nostra agricoltura, anche attraverso maggiori investimenti per accrescere le possibilità operative delle nostre aziende agricole.
Esistono concrete proposte per uscire con successo da queste paradossali incoerenze e per dare alla nostra agricoltura una lungimirante impostazione. Abbiamo un Ministro dell’Agricoltura che le valuta positivamente, riconoscendo la necessità di agire con coraggio, decisione ed impegno. Bisogna che anche il Governo lo sostenga innanzitutto per evitare le improvvide difficoltà derivanti dalle plurime competenze di troppi Ministeri su materie riguardanti le filiere che producono partendo da materie prime fornite unicamente dall’agricoltura. Bisogna rispettare l’importanza fondamentale del settore primario riconoscendone le esigenze e la centralità delle sue valenze strategiche, nazionali e globali.
Cfr. “La Nazione”, 09/01/11
scarica PDF