Tra i problemi di rilevante interesse che riguardano l’acquacoltura (si veda: Georgofili INFO, 2 set 2015 e 28 ott 2015) vi è certamente la sua azione sull’ambiente. L’acquacoltura, invocata come alternativa sostenibile allo sfruttamento delle specie ittiche marine, non dovrebbe infatti inquinare, ma salvaguardare l’ambiente e gli ecosistemi per produrre alimenti sani e rispettosi del consumatore. Rappresenta un’attività legata alla utilizzazione delle acque (dolci, salmastre o marine) e delle aree rurali costiere e il suo sviluppo richiede la qualificazione del prodotto e le indicazioni dei parametri fisici, chimici e biologici dell'ambiente di produzione.
L’acquacoltura più sostenibile è quella estensiva perché sfrutta le risorse ambientali, senza integrare artificialmente l’alimentazione e garantisce di più il benessere degli animali con la più bassa densità di allevamento e le migliori condizioni igieniche delle acque. Un basso impatto ambientale hanno le specie erbivore o onnivore (carpa, tilapia, tinca, cefalo) che si nutrono soprattutto di alimenti vegetali. Anche la maricoltura negli ultimi anni ha assunto un ruolo importante non solo per la produzione ittica ma anche per la salvaguardia e la conservazione dell'ambiente. Un allevamento sostenibile è la molluschicoltura, cioè l’allevamento di cozze, vongole e ostriche che si nutrono di microrganismi presenti nell’acqua e non abbisognano di aggiunte di mangimi. Il loro ambiente di allevamento deve però essere sicuro per evitare che sostanze nocive alla salute del consumatore si accumulino nel loro organismo.
Molta parte dell’acquacoltura è però ancora lontana dalla sostenibilità ambientale. L’allevamento intensivo di pesci carnivori (soprattutto tonno, ma anche salmone, orate o spigole) ha infatti un forte impatto ambientale perché queste specie per nutrirsi consumano grandi quantità di altro pesce: 20 kg di pesce trasformati in mangime per ottenere 1 kg di tonno, 5 per 1 kg di salmone. La pesca di specie non commerciali mette a rischio le colonie di delfini che se ne nutrono. Vicino alle gabbie dei salmoni è stata accertata inoltre la riduzione della biodiversità e la crescita eccessiva di alghe planctoniche che rilasciano tossine nocive. Negli allevamenti intensivi è sacrificato il benessere animale perché è difficile garantire basse densità di allevamento e favorire adeguati ricambi. Per fare spazio ai bacini artificiali vengono talora distrutte aree naturali con la scomparsa delle specie autoctone (non solo di pesci e crostacei, ma anche di mammiferi e uccelli). Una pratica non sostenibile è la cattura di giovani esemplari selvatici per trasferirli negli allevamenti; si danneggiano così molte altre specie perché per catturare il novellame vengono uccisi moltissimi avannotti di altre specie ed altri organismi di macro zooplancton.
Spesso i reflui prodotti negli impianti intensivi (deiezioni, avanzi di alimenti, residui di farmaci) hanno un impatto ambientale negativo (cambiamenti nella composizione chimica per cataboliti azotati ed anidride carbonica, produzione di batteri e di tossine) che possono comportare anche gravi danni alle comunità bentoniche e nectoniche negli ecosistemi circostanti. Il problema può essere ridotto con sistemi di decantazione e depurazione che consentano alle acque reflue di tornare ad avere caratteristiche chimico-fisiche simili a quelle di entrata, oppure recuperandole per riutilizzarle come terreno di coltura per alghe e altri organismi vegetali. In Italia si usa immettere novellame di pesci detritivori (cefali) nei bacini di decantazione delle acque reflue.
Gli obiettivi dell'acquacoltura devono tenere conto perciò dell'impatto ambientale derivante dall'uso scorretto degli impianti; l’eco-sostenibilità può essere promossa con interventi gestionali (con minori costi energetici) che ne garantiscano la compatibilità dei prodotti ecofriendly (eticamente sostenibili) con le aree protette. Scienziati e organizzazioni no-profit (Slowfood e Greenpeace) contestano all'acquacoltura iperintensiva i danni ambientali che può comportare e il rispetto dei diritti degli animali. Oggi si pone il problema di proporre al mondo operativo tecnologie che possano ridurre l'impatto sull'ecosistema suolo-acqua-aria e favorirne la sopravvivenza. Tuttavia la FAO indica l'acquacoltura come una opportunità per offrire alle popolazioni dei Paesi poveri risorse alimentari e la diversificazione della dieta, nonché per sostenere i consumi dei Paesi ricchi, senza incidere sulle popolazioni ittiche naturali. Il Regolamento europeo 710/2009 stabilisce le modalità di applicazione delle norme fondamentali contenute nel Reg. CE 834/2007 per la produzione biologica di alghe marine e di animali di acquacoltura i cui tratti caratteristici riguardano l’attenzione agli aspetti etici di salvaguardia dell’ambiente e del benessere animale, alla qualità e naturalità come elemento centrale della produzione, nonché agli spazi in vasca, ai parametri fisico-chimici dell’acqua, agli scarichi.
Un inquinamento genetico può essere determinato dalle frequenti fughe di pesce allevato, soprattutto spigole e orate, e dalla loro interazione con il selvatico. Nonostante il limite dato dalle minori capacità riproduttive dei pesci di allevamento è possibile una influenza dal punto di vista ecologico (competizione per l’accaparramento delle risorse) che da quello genetico (introduzione nella popolazione naturale di geni selezionati nell’allevamento con riduzione delle diversità genetiche nella specie e la perdita di geni selezionati naturalmente.
Aquaculture and the environment
Among the important problems regarding aquaculture (see Georgofili INFO, 2 Sept. 2015 and 28 Oct. 2015) is its influence on the environment. Invoked as a sustainable alternative to the exploita-tion of marine fish species, aquaculture should indeed not pollute but safeguard the environment and the ecosystems to produce healthy and consumer-friendly foodstuffs. It is an activity linked to the utilization of fresh, brackish, or salt waters and rural coastal areas whose development requires the product qualification and the information on the physical, chemical and biological parameters of production. A large part of aquaculture is still far from being environmentally sustainable. However, the FAO has identified aquaculture as an opportunity to offer to people in poor countries as well as to support consumption in rich countries without drawing on natural fish populations.