“La campagna del futuro? Avrà un ruolo centrale, da protagonista. Ci sarà più attenzione alla vita rurale e agli spazi rurali, anche l’Europa passa dal sostegno alla produzione all’attenzione al territorio. Ci saranno più giovani, in un’ottica multifunzionale che vedrà crescere le fattorie didattiche e l’agriturismo come vero turismo di qualità. Si produrrà cibo, ma non solo, e si venderà grazie all’e-commerce. Segnali di una nuova civiltà.” Parola di Giampiero Maracchi, Presidente dell’Accademia dei Georgofili, la massima e più antica autorità in campo agricolo: è il quadro disegnato all’Università di Pisa, al convegno su: “L’agricoltura nel 2050: vecchi e nuovi paradigmi di fronte alla sfida ecologica. Dai precetti agro ecologici di Pietro Cuppari all’agricoltura del futuro”.
Chi sarà per lei, Professore, il “contadino 2.0”?
“Io preferisco parlare di agricoltore, coltivatore, un po’ il farmer inglese. Senza quell’alone di vecchio che evocano certe parole. Il coltivatore del futuro è un imprenditore, vive più felice di chi sta in città e migliora l’ambiente”.
Sbagliato dunque chiamare “Scuola per contadini” quella rilanciata dai comuni del Chianti con la Regione?
“Togliamo quella parola che in italiano suona dispregiativa. I giovani non hanno più nel DNA l’idea che solo l’industria possa produrre felicità e sollevare dalla miseria, e tornano volentieri nei campi”.
Un ritorno che sa di moda?
No, tutto sta alla sensibilità dei giovani rispetto a un mondo alle prese con tante crisi: il clima, il sistema produttivo, l’economia, l’ambiente, le megalopoli. L’agricoltura può dare risposte non solo nel food ma per le fibre tessili, l’energia, i cosmetici”.
Ma non è tutto rose e fiori …
“Anzi: è difficile, malgrado i progetti come quello della Regione Toscana. I finanziamenti sono pochi, la terra costa ancora cara. Ma ci sono attività che possono dare un buon reddito subito, come l’apicoltura. O come le cooperative di raccoglitori di olive, utili per tanti che hanno oliveti di 1-3 ettari”.
Fantasia, insomma. Ma basta?
Eh no. Ci volgiono le competenze. In Italia in questi 50 anni si è più distrutto che creato. C’erano gli Ispettorati agrari, ora non ci sono più. Manca una voce tecnica, salvo pochi servizi regionali. Come Accademia stiamo pensando a un portale tecnico serio. In rete c’è tanto che però non dà nulla, spesso esperienze personali declinate in blog campati per aria. Non cose serie per informarsi su terreni, fertilizzanti, piante come invece sono gli extension services in USA, servizi pubblici che collaborano con l’Università”.
Cosa consiglia?
“L’agricoltore 2.0 deve avviarsi all’impresa e rivitalizzare le aree rurali. L’impresa agricola deve produrre reddito, non regalarlo tutto ai commercianti. I georgofili cercano di farsi sentire, ma la politica è in ritardo. O non ascolta.”