L'utilizzo del suolo da parte dell'uomo, con le sue opere infrastrutturali, l'edilizia, ma anche per l’abbandono di tanti terreni agricoli prima coltivati, resta un problema grave e per ora insoluto. Un problema che sempre più spesso, anche se in parte compensato da un aumento delle superfici boschive e forestali, combinato agli effetti del cambiamento climatico e a un uso delle risorse idriche non sempre attente provoca dissesti idrogeologici, con enormi danni economici e rischi per le popolazioni nei territori più fragili.
Da qui il giusto richiamo alle istituzioni, nazionali e comunitarie, affinché intervengano in modo coordinato e puntuale per mettere cittadini, imprese e agricoltori, nelle condizioni di operare in via preventiva con una corretta gestione delle superfici a uso civico e delle aree rurali.
A Bruxelles, dove nel corso degli anni ho maturato esperienza in Consiglio, Commissione e Parlamento europeo, ci sono diverse novità sul piano normativo che possono contribuire ad affrontare questi annosi problemi. Tra queste, l’utilizzo di fertilizzanti organici: prodotti innovativi ampiamente conosciuti, e sicuri, finalizzati a rendere i terreni agricoli più fertili e produttivi con l’impiego di meno acqua e a minori costi. Un input, questo, reso ancora più urgente dalla guerra in Ucraina e dalla conseguente inferiore disponibilità sui mercati di mezzi tecnici come i concimi.
Un’altra novità arriva dalla proposta di nuovo regolamento Ue sul Carbon farming presentato dalla Commissione; un atto legislativo che si lega al consumo di suolo, ma soprattutto a una grande opportunità per gli agricoltori che potrebbero sfruttare i cosiddetti crediti di carbonio. La stessa norma non entra tuttavia nel merito, in particolare sui criteri di calcolo di questi crediti, rimandando il tutto a futuri atti delegati e lasciando di fatto gli agricoltori senza strumenti di valutazione per procedere correttamente.
Va da sé che tra noi del Parlamento, e al Consiglio, ci sarà un dibattito con la Commissione, perché il futuro mercato dei crediti di carbonio dovrà comunque essere regolamentato con chiarezza per mettere i produttori agricoli nelle migliori condizioni di agire.
Intanto, alla luce di quanto l’Unione sta portando avanti nell’interesse comune di 27 Paesi, l’Italia fa i conti con una situazione di continua emergenza. Il 94% dei comuni del nostro Paese ha almeno una parte del proprio territorio a rischio idrogeologico, soggetto com’è sempre più spesso a frane e alluvioni provocate anche dalla tendenza alla tropicalizzazione del clima, con precipitazioni brevi ma intense.
E questa è una situazione che si collega anche alla riduzione di terreni agricoli coltivati, sia pure a vantaggio delle superfici forestali. Le stime indicano che nell’ultimo mezzo secolo la Superficie agricola utilizzabile si è gradualmente ridotta fino agli attuali 12,8 milioni di ettari: a causa dell’abbandono di circa un 30% dei terreni agricoli e di una cementificazione che ha reso i suoli sempre più impermeabili.
La riduzione della presenza dell’uomo, oltre ai danni idrogeologici, ha comportato nel frattempo la perdita di produzione agricola necessarie per l’alimentazione umana e degli animali, aumentando il deficit produttivo e la dipendenza di derrate dall’estero.
Ora il governo italiano ha deciso di investire attraverso la legge di Bilancio su un ‘Fondo per il contrasto al consumo di suolo’, con un finanziamento di 10 milioni di euro nel 2023, 20 milioni nel 2024, 30 nel 2025 e 50 milioni l’anno per il 2026 e 2027. Misure utili che comunque dovranno essere associate ad altri interventi messi già in pista dall’Unione europea, come la possibilità di sospendere l’obbligo della messa a riposo per due anni di circa 4 milioni di ettari, di cui 200mila in Italia, alla coltivazione di seminativi. Superfici finora destinate a riposo permanente e che, a seguito dell’emergenza della guerra in corso, l’Ue ha deciso di mettere a coltura.