Marc Bloch (1886 – 1944) nel 1935 scrive a Lucien Febvre (1878 – 1956) dicendo che si sta interessando della storia dell’alimentazione e delle conserve in particolare, aggiungendo “Hai mai pensato al problema della marmellata?”. Questo illustre storico, militare e partigiano francese, rifiuta lo studio di una storia dal solo punto di vista politico e biografico e di un "laborioso culto dei dati". Bloch è ricordato soprattutto per aver introdotto il concetto di una analisi storica antropologica contrapposta alla semplice descrizione di fatti e avvenimenti, una idea concretizzata nel 1929 con la rivista Annales d'histoire économique et sociale di rottura con la storia storicizzante. Una idea non completamente nuova, anzi antichissima, perché già il “padre della storia” Erodoto di Alicarnasso (484 a. C. – 425 a. C.) nelle sue storie si occupa anche di alimentazione e ci dice che gli egiziani mangiano la pasta lavorata con i piedi, e non con le mani come fanno i greci. Bloch nella sua lettera a Febvre ricorda che per fare la marmellata bisogna che ci sia lo zucchero a buon mercato, e da quand’è che c’è lo zucchero a buon mercato in Francia? Da quando c’è la barbabietola, perché prima era un genere coloniale e costosissimo. Quindi la marmellata della nonna sì, ma la bisnonna la faceva la marmellata o no? Ed è il più grande storico del Novecento che discute di questo.
Cosa è una marmellata? Antica è l’origine della marmellata e come riporta Apicio (IV-V secolo d. C) già i Greci cuociono a fuoco lento le mele cotogne con il miele per conservarle a lungo. A Roma antica la frutta è conservata in una mistura di vino passito, vino cotto, mosto o miele. Con le crociate aumenta l’importazione dello zucchero in Europa e nel Medioevo la marmellata è prodotta con metodi simili a quelli delle nostre nonne. Diverse sono le storie più o meno leggendarie sull’origine inglesi della marmellata di arance che sarebbe stata inventata dalla principessa spagnola Caterina D’Aragona (1485 – 1536) andata in sposa al re d’Inghilterra Enrico VIII (1491 – 1547) e che per gustare i frutti della sua terra trova il modo per far conservare a lungo le arance e trasportale dalla Spagna all’Inghilterra. Altra fantasiosa se non impossibile leggenda è che il nome marmellata deriverebbe da Maria de Medici (1575 – 1642) che, dopo essersi trasferita in Francia assieme al marito Enrico IV (1553 – 1610), si ammala e è curata con gli agrumi di Sicilia che le sono inviati con la dicitura “per Maria Ammalata”, che alcuni lessero por marimalde e quindi marmalade. Ragionevolmente la parola marmellata deriva dal portoghese marmelada che indica una preparazione a base di mele cotogne (marmelo) termine a sua volta derivato dal latino melimēlu(m), a sua volta dal greco melímēlon, composto di méli (miele) e mêlon (mela), per cui il termine marmellata in origine indicava la cotognata e è stato poi applicato in modo estensivo alle miscele gelatinose fatte con ogni tipo di frutta. Con il passare degli anni, la marmellata inizia a diffondersi anche nei paesi Europei, grazie all’importazione dello zucchero di canna dalle colonie. Con un’ampia disponibilità dello zucchero, prima di canna e poi di barbabietola, si diffonde il suo uso per conservare la frutta e da qui deriva il termine confiture, che proviene dal verbo confettare, usato nell’antichità per indicare una preparazione di frutta destinata ad essere conservata. In latino conficere significa eseguire, compiere e quindi, riferito alla frutta, anche conservare.
Scorrendo gli scaffali del supermercato oggi non si trovano le marmellate di pesche, albicocche, prugne e tanti altri frutti come facevano le nostre madri e nonne, ma solo confetture. Le marmellate sono solo di agrumi (arance soprattutto). Entrambe le preparazioni hanno bisogno degli stessi ingredienti, l’unica differenza, sta nel tipo e percentuale di frutta impiegata: le marmellate devono avere almeno il venti per cento di agrumi, mentre le confetture almeno il trentacinque percento di frutta. La maggior parte delle persone confonde la marmellata con la confettura perché nella cultura popolare, si pensa che queste due parole siano dei sinonimi di prodotti commercialmente ben distinti, anche se apparentemente simili.
Una volta in Italia vi erano solo marmellate, fino a quando la direttiva europea n.79/693 del 1979, inclusa dall’ordinamento italiano nel 1982 con il D.P.R 8 giugno 1982, n.401 le ha divise in categorie: confetture, marmellate, gelatine di frutta e crema di marroni. Tutta colpa degli Inglesi quando il Regno Unito 1º gennaio 1973 entra nelle Comunità Europee. Negli anni successivi si discute sulla denominazione di alcuni alimenti che con le loro diversità nazionali ostacolano la loro libera circolazione con disparità nelle condizioni di concorrenza, per cui è necessario stabilire norme comunitarie in osservanza delle quali i prodotti possono circolare liberamente. In particolare gli inglesi sostengono che in lingua inglese il termine marmalade indica solo la marmellata di agrumi e jam sono le conserve di ogni altro frutto e alla fine riescono a imporre la distinzione tra marmellata (solo di agrumi), confettura e confettura extra (altra frutta) e crema di marroni. Una distinzione solo di parole? Certamente no, ma di interessi economici, perché il Regno Unito non produce frutta e zucchero, ma la sua marmalade da agrumi e zucchero che importa dal Commonwealth. E nelle discussioni preparatorie i paesi mediterranei come l’Italia e la Francia riescono ad ottenere la definizione di crema di marroni, prodotta industrialmente per la prima volta dall'industriale francese Clément Faugier nel 1885. Nonostante che il Regno Unito sia uscito dall’Unione Europea, oggi la marmellata è fatta di ed esclusivamente da agrumi, la confettura zucchero e polpa (o purea) di tutti gli altri tipi di frutta, la confettura extra una miscela gelificata di zuccheri e polpa di una sola specie di frutta o di due o più specie di frutta escluse mele, prugne a nocciolo aderente, meloni, angurie, uve, zucche, cetrioli e pomodori. Nonostante questo gli italiani continuano a chiamare marmellata anche le confetture non solo di frutta, ma anche di pomodoro, in questo seguendo un’antica tradizione codificata a fine Milleottocento da Pellegrino Artusi nella Ricetta n° 733 del suo ricettario La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene.
La lavorazione e gli zuccheri aggiunti modificano la frutta e il suo valore nutrizionale, aumenta il contenuto zuccherino e energetico, le vitamine risultano quasi inattive a causa del trattamento termico e i sali minerali e gli acidi, in particolar modo il potassio, restano intatti. Un alimento così elaborato non sostituisce assolutamente la frutta fresca. Il momento migliore per consumare la marmellata e le confetture è durante la prima colazione o la merenda quando l’organismo ha bisogno dell’energia prontamente disponibile degli zuccheri. Molte marmellate contengono salicilati, delle sostanze che in alcune persone possono provocare delle reazioni allergiche.