Chi ha molti o pochi libri, sa come ordinarli per poter trovare a colpo sicuro quello che gli interessa e lo stesso avviene nelle grandi e piccole biblioteche e librerie. Se spesso i libri di storia, cultura e arte sono nel soggiorno o dove più si vive, quelli sul cibo hanno un luogo privilegiato in cucina. Lo stesso avviene per la raccolta delle immagini e per gli album fotografici. Anche il nostro cervello è una immensa biblioteca di ricordi e spesso abbiamo qualche difficoltà a trovarne uno, che sappiamo di avere ma non troviamo subito, pensando “ma dove si sarà cacciato?” Come il cervello ordina i nostri ricordi e tra questi del cibo con le sue immagini? Una domanda non indifferente, se si pensa quanto il cibo sia importante ricordando non solo dove trovarlo, ma anche le sue caratteristiche piacevoli o sgradite e che vi sono molti animali (lupi e canidi, scoiattoli, uccelli quali nocciolaia, ghiandaia, cince ecc.) di specie che non migrano e che devono affrontare periodi di scarsità alimentare e che hanno una grande memoria ricordando dove hanno nascosto cibi per l’inverno. La domanda dove il nostro cervello colloca e ordina le memorie dei cibi inizia ad avere una risposta nei risultati di recenti ricerche che vedono neuroni che si illuminano alla vista di un cibo (Meenakshi Khosla, N. Apurva Ratan Murty, Nancy Kanwisher - A highly selective response to food in human visual cortex revealed by hypothesis-free voxel decomposition - Curr Biol S0960-9822 (22), 1286-6, 2022.
Vecchia e certamente superata è l’idea del medico tedesco Franz Joseph Gall (1758-1828) che le singole funzioni psichiche dipenderebbero da determinate zone o regioni del cervello, quasi cassetti nei quali raccogliere le idee, dando origine alla teoria di una frenologia. Dalle particolarità morfologiche del cervello e del cranio di una persona si sarebbero potute conoscere le qualità psichiche dell'individuo, tanto da congetturare l’esistenza di rigonfiamenti nel caso di particolari attitudini e da qui la frase giunta fino a noi di persone che hanno il “bernoccolo” per la matematica, la musica e, perché no? anche della cucina. Questa teoria è da tempo abbandonata, ma l’intuizione di Gall trova posto nelle neuroscienze per quanto riguarda la localizzazione delle funzioni cognitive in una particolare area cerebrale. Meenakshi Khosla e collaboratori, studiando il cervello umano con moderne tecniche, hanno infatti identificato le regioni della corteccia visiva selettivamente reattive a specifiche categorie di stimoli visivi e dove in un certo senso sono depositate le immagini, quasi in un album fotografico. Le ricerche dimostrano inoltre che le immagini sono identificate in modo selettivo per volti, scene, corpi e parole e inaspettatamente vi è anche la categoria visivamente eterogenea del cibo. Questo è possibile perché nella stessa parete del cervello vi sono neuroni specializzati sensibili al cibo, insieme alle altre quattro popolazioni di neuroni che rispondono specificamente a volti, corpi, luoghi e parole.
Il cibo non è una categoria visivamente omogenea e mele, mais, pasta e bistecche hanno immagini diverse l'una dall'altra, ma solamente in quanto cibo entrano far parte di una singola popolazione che i ricercatori chiamano componente alimentare ventrale (Ventral Food Component o VFC) che come tale è riconosciuta da due gruppi di neuroni. Non riusciamo ancora immaginare come il cervello identifica la diversità visive degli alimenti per raggrupparli e memorizzarli in un’unica categoria, ma questo deve far riflettere quanto il cibo sia importante e che significato speciale ha nella cultura umano, fondamentale per la nutrizione, ma anche identità, pratica religiosa e interazioni sociali, e molte altre cose che gli esseri umani fanno. Non è certamente un caso che il cervello conservi le immagini degli alimenti in neuroni della stessa parte del cervello assieme ai neuroni che memorizzano volti, corpi, scene di vita e parole. Una vicinanza che potrebbe anche spiegare come tra queste diverse entità siano facile relazioni, rapporti e ricordi.