Un antico proverbio, forse cinese, dice che la saggezza inizia con il dare alle cose il loro nome preciso e un’antica norma latina dice che nomina sunt consequentia rerum (Giustiniano, "Institutiones", libro II, 7, 3) e cioè che il nome delle cose dovrebbe essere appropriata al loro entità, il che non sempre avviene. Il prosciutto così si chiama perché la coscia di maiale, ma anche di altri animali, trattata con il sale si prosciuga nel corso di mesi e stagioni giungendo a maturazione. Circa il 70% della carne è composto da acqua, il prosciutto crudo ha circa il 50% di acqua. Con maggiori dettagli la denominazione di prosciutto deriva dalla particella pro che indica un’anteriorità e dal verbo latino exsuctus, participio passato di exsugere (spremere, asciugare, inaridire), ma anche prae-suctus (succhiato) o per-exsuctum, tutte denominazioni che indicano una lavorazione di prosciugamento ottenuto nel tempo con la salagione in ambiente opportuno.
La produzione di prosciutti è molto antica, risale certamente agli Etruschi, probabilmente anche prima e è ben descritta dal romano Marco Porcio Catone il Censore (234 a. C. – 149 a. C.) che descrive la salagione dei prosciutti (pernae) alla maniera di Pozzuoli e da Marco Terenzio Varrone (116 a. C. – 27 a. C.) per le pernae comacinae, cioè i prosciutti alla maniera di Como. La conservazione delle cosce di maiale tramite salagione è un procedimento generalizzato e da Polibio (206 a. C. – 118 a. C. e Strabone (63 a. C. – 23 d. C.) sappiamo che si producono prosciutti in Gallia Cisalpina, Frigia, Licia, Spagna e in altri territori.
Gli antichi romani denominano i prosciutti pernae (gambe) e petasones le spalle salate e pernarius il prosciuttaio, confezionatore e mercante di prosciutti. Il termine “gamba”, dal greco καμπή che vuol dire curvatura o articolazione, indica la coscia conservata con il sale e lo troviamo ancora oggi in lingue neolatine quali lo spagnolo Jamon, il francese Jambon l’inglese ham derivazione del protogermanico hamma che significa "gambo" e nel tedesco Schinken discende dall’antico tedesco dove significa coscia, parte del corpo storta.
In italiano la coscia di maiale conservata e stagionata con il sale, quindi prosciugata, prende il nome di prosciutto e questo avviene nel basso Medioevo quando nasce la lingua italiana. Se la coscia di maiale conservata con il sale rimane un cibo prevalentemente se non esclusivamente popolare in tutta Europa, in Italia diviene anche un cibo di pregio che interessa anche furti e da qui scritture e soprattutto citazioni letterarie in lingua volgare nelle quali compare il nuovo termine inventato non si sa da chi, ma d’origine latina di presciutto, in quanto coscia di carne prosciugata. Il termine è documentato a datare dal Milletrecento, epoca in cui gli scrittori d’agricoltura parlano in termini specifici delle sue tecniche di trasformazione degli alimenti. Da qui in avanti e fino a oggi, per le sue eccezionali qualità alle quali è arrivato, il prosciutto anche in letteratura assume un significato simbolico. Inoltre rappresentando il cuoco come maestro e signore della cucina diviene Mastro Prosciutto.
Come in tante altre cose e alimenti anche il prosciutto è un nome generico che accoglie una grande varietà e soprattutto qualità differenti che si differenziano nel nome con il luogo di origine e che hanno diverso valore che deriva dalla loro preparazione che va dal maiale al tipo di lavorazione e stagionatura, risentendo in modo determinante dal clima e dall’ambiente. Nella gastronomia italiana il termine prosciutto è anche passato a indicare la coscia fresca del maiale preparata in varî modi, intera o a pezzi (prosciutto brasato, prosciutto al marsala, ecc.) e in modo analogo è avvenuto per le varianti arrosto e affumicate, quando abbiamo denominato Prosciutto di Praga il Prazka sunka messo in commercio intorno al 1860 da Antonín Chmel (1850 – 1893). In tempi vicini abbiamo anche denominato Prosciutto Cotto la coscia di maiale fresca, con o senza osso, che dopo essere stata schiacciata e salata con una salamoia contenente sale, aromi, emulsionantisi, conservanti e additivi di diverso tipo è massaggiata in una zangola, pressata in uno stampo e cotta a vapore. Un Prosciutto Cotto che può però essere anche preparato con carni di tagli diversi da quelli della coscia, non prosciugato e soprattutto più o meno idratato. Se la carne come si è detto ha circa il 70% di acqua e il prosciutto crudo (prosciugato) ne ha circa il 50% di acqua, nel Prosciutto Cotto di alta qualità l’acqua supera quello della carne e non deve superare il 75,5%, in quello scelto il 78,5% e può arrivare all’81% per il prosciutto cotto semplice.
Per una saggezza etimologica, il Prosciutto Cotto può quindi ancora chiamarsi prosciutto, quando fatto anche con carni non di coscia e soprattutto non prosciugato, ma idratato e con più acqua di quella della carne?