Digitalizzazione in agricoltura: indispensabili progetti mirati per uniformarne l’impiego

A colloquio con il Prof. Gianluca Brunori, ordinario di Food Policy all'Università di Pisa, accademico dei Georgofili e presidente del Comitato Consultivo dei Georgofili per la digitalizzazione in agricoltura.

di Giulia Bartalozzi
  • 26 October 2022

Professore, Lei è il coordinatore del progetto DESIRA (Digitisation: Economic and Social Impacts in Rural Areas), che - cito testuale dal sito https://desira2020.eu/ - ha come scopo quello di incrementare la capacità della società civile e della politica di rispondere alle sfide che la digitalizzazione porta in agricoltura, forestazione e aree rurali. Ci spiega meglio?
Il punto di partenza di DESIRA è che la digitalizzazione è un insieme di processi complessi, che generano trasformazioni profonde nella società. Poiché la tecnologia è solo una delle componenti della digitalizzazione, è importante capire come le tecnologie digitali siano in grado di cambiare l'organizzazione delle imprese, delle famiglie, delle amministrazioni, in modo da poter indirizzare il cambiamento attraverso tecnologie appropriate, formazione, riorganizzazione dei processi. Se lasciata al mercato, la digitalizzazione procede in modo difforme, generando disparità tra imprese, gruppi sociali e territori, e può generare conseguenze inattese e indesiderate. Le amministrazioni pubbliche hanno le risorse - si pensi alla Politica Agricola Comune - per orientare il cambiamento, ma devono imparare a mettere in atto strategie efficaci. 

Il progetto, che è stato finanziato dalla Ue con Horizon 2020, coinvolge 25 partner in tutta Europa e 20 laboratori. Come viene suddiviso ed organizzato il lavoro?
Ogni Living Lab ha definito una propria 'domanda-chiave' che fa leva su un problema sentito all'interno della comunità di riferimento, che la digitalizzazione può contribuire a risolvere. Ad esempio, in Italia abbiamo centrato l'attenzione sulla partecipazione dei cittadini e degli agricoltori alla gestione dei rischi idrogeologici nelle aree montane in collaborazione con il Consorzio di Bonifica Toscana Nord, e sulla lotta al commercio illegale di legname, mentre negli altri paesi abbiamo lavorato sui sistemi di irrigazione, gli allevamenti, il commercio online. Ciascuno dei problemi ha richiesto un'attenta analisi dei relativi sistemi, dello stato attuale dell'uso delle tecnologie digitali e l'identificazione di percorsi di adeguamento attraverso soluzioni digitali. I risultati del lavoro dei Living Labs consentiranno di identificare strumenti di intervento e priorità per le politiche pubbliche 

La digitalizzazione in agricoltura sta assumendo un ruolo di primo piano: nella sua opinione, stanno ottenendo risultati le varie iniziative che tentano di sensibilizzare le imprese all'uso intelligente delle tecnologie digitali, orientando gli interventi ad una loro maggiore diffusione e alla formazione per il miglioramento delle competenze digitali? In che tempi si raggiungeranno risultati uniformi sul territorio europeo?
Al momento si sta investendo molto su questi temi, ma temo che in assenza di strategie mirate, volte ad identificare e a sostenere le aree e i soggetti più deboli e ad adattare le soluzioni tecnologiche alla diversità dei contesti, i tempi di raggiungimento di risultati uniformi si allungheranno molto.  Se guardiamo i primi dati del censimento in Italia, si nota una forte divisione tra nord e sud, con le aziende del sud ancora pochissimo digitalizzate, mentre quelle del nord hanno raggiunto già dei buoni livelli. 

Ci sono settori della digitalizzazione in cui gli agricoltori europei sono più avanti?
Per rispondere a questa domanda bisogna premettere che digitalizzazione è un termine molto più ampio dell'agricoltura di precisione, in quanto riguarda tutti gli strumenti digitali di cui gli operatori agricoli dispongono per il proprio lavoro. Con il COVID, ad esempio, molti agricoltori si sono avvicinati alle piattaforme per la vendita online, e molte aziende hanno un proprio sito web. Inoltre, strumenti di larga diffusione come le previsioni meteo, la messaggistica e i social media hanno già cambiato il modo di vivere in campagna.
Per quello che riguarda i settori più avanti, la zootecnia già da tempo applica tecnologie avanzate, in particolare nell'ambito dell'automazione. Finora però l'automazione ha accompagnato una crescita dimensionale delle imprese, rafforzando il trend alla concentrazione, e non ha aiutato la zootecnia estensiva, che ha bisogno di soluzioni tecnologiche diverse.      

Oltre all'agricoltura di precisione, con quali altri mezzi l'agricoltura potrà affrontare le sfide di un futuro con più popolazione e in ambiente meno favorevole, a causa dei cambiamenti climatici?
La priorità ormai evidenziata in tutte le sedi è quella di sviluppare soluzioni 'nature-based', che cioè facciano leva sulla biodiversità funzionale e sul ridisegno dei sistemi agricoli e conseguentemente dei modelli di business, di filiera, e anche di consumo. L'agroecologia, per la quale partirà a breve un'importante partnership cofinanziata da Horizon Europe e dai paesi membri, è il paradigma su cui l'Europa ha scelto di investire. Un approccio agroecologico sostenuto dalle tecnologie digitali combinate con le scienze della vita, in grado di fornire una grande quantità di dati di varia natura, consentirà di lavorare per l'intensificazione di aree a bassa produttività (penso soprattutto alle aree collinari e montane, che stanno subendo processi di abbandono) e per la transizione delle aree con forte pressione sulle risorse naturali verso equilibri più resilienti. La disponibilità di dati è un fattore critico, che dipende innanzitutto dalla capacità delle amministrazioni pubbliche di creare 'spazi di dati' a cui tutti possano accedere con facilità.