Al momento attuale più dell’80% dello zolfo prodotto a livello mondiale proviene dalla desolforizzazione per raffinazione degli oli minerali e dei gas naturali fossili. Con la decarbonizzazione dell’economia globale, che sarà necessario attuare per mitigare il fenomeno del riscaldamento atmosferico, si ridurrà drasticamente e significativamente la produzione dei carburanti fossili e, di conseguenza, la disponibilità di zolfo.
Il prof. Maslin dell’University College di Londra, in un articolo comparso qualche giorno fa su “Geographical Journal”, osserva come lo zolfo non si possa più considerare un abbondante prodotto di scarto della raffinazione degli oli e dei gas combustibili, oggi ampiamente disponibile. La domanda per questo prodotto è destinata ad aumentare enormemente nell’immediato futuro e ciò porterà inevitabilmente all’estrazione dello zolfo elementare dalle miniere, pratica tossica, distruttiva, inquinante ed economicamente costosa. Ciò perché avremo la necessità di ricorrere in maggior misura alla agricoltura intensiva per far fronte alle aumentate necessità alimentari della popolazione mondiale che cresce esponenzialmente, e lo zolfo è alla base della produzione dei fertilizzanti, sotto forma di acido solforico.
Il co-autore dell’articolo, il Dr. Simon Day, esprime la sua preoccupazione che tutto ciò porti ad un periodo di transizione caratterizzato da problemi di produzioni alimentari limitate, specie nei paesi più poveri.
Fatta questa premessa, limitiamoci a fare qualche considerazione sull’importanza della disponibilità dello zolfo in alimentazione animale, in aggiunta alla possibile carenza di foraggi e mangimi per mancanza di adeguate quantità di fertilizzanti ed a prescindere da altri impieghi concorrenziali dello zolfo come, ad esempio, nella produzione industriale di batterie di ultima generazione al litio-zolfo, destinate a sostituire le batterie agli ioni litio, che saranno sempre più richieste per le automobili elettriche perché a più elevata densità energetica.
Il corpo animale contiene in media intorno allo 0.15% di zolfo. I monogastrici non sono in grado di sintetizzare alcuni metaboliti solforati come la metionina, la tiamina, la biotina, a partire dallo zolfo inorganico. Pertanto è necessario che questi nutrienti essenziali siano già presenti negli alimenti di questi animali. Le diete dei ruminanti devono, invece, contenere mediamente 2000 – 3000 ppm di zolfo per kg di sostanza secca per rifornire i batteri ruminali di questo elemento per la sintesi delle vitamine e degli aminoacidi solforati. Non si tratta di quantità rilevanti ma le carenze di zolfo sono comunque da evitare.
Per ricapitolare e mettere ordine al ragionamento:
- il riscaldamento globale impone politiche di limitazione dell’impiego dei combustibili fossili per limitare i danni, anche sull’agricoltura;
- la popolazione mondiale arriverà presto ai 9 – 10 miliardi;
- ci sarà sempre maggior richiesta di derrate alimentari, ovvero sempre maggiore richiesta di prodotti della agricoltura, sia di origine vegetale che animale;
- i paesi poveri saranno ancora più poveri, con tutto ciò che consegue sul piano sociale e sui fenomeni migratori;
- il modificato andamento climatico porterà alla ridotta disponibilità delle aree coltivabili, rendendo necessario un aumento della produttività in agricoltura e zootecnia;
- l’impiego di fertilizzanti efficaci sarà determinante a questo scopo;
- per produrre più fertilizzanti saranno necessarie elevate quantità di zolfo;
- ma le disponibilità di zolfo saranno scarse come conseguenza del limitato uso delle fonti energetiche non rinnovabili per contrastare l’effetto devastante dei gas serra;
- e si torna al primo punto.
Sono un inguaribile ottimista: troveremo una via di uscita. Quello che è certo è che, oltretutto, le guerre non aiutano, da qualunque parte si voglia considerare il problema.