Prima di procedere di rispondere a questa domanda, alcuni termini devono essere definiti. In primo luogo, anche se negli articoli vengono spesso sottolineate le sfide specifiche che i centri città si trovano ad affrontare, il termine “città” generalmente si riferisce a un'area metropolitana più ampia. Ad esempio, "Milano" rappresenta la grande area metropolitana che circonda la città non solo la città compresa nei confini comunali. Lo stesso vale per altre grandi città nelle diverse parti del mondo, come Chicago, Londra, Tokjo, San Paolo, ecc.
Un’area metropolitana è costituita da una zona centrale contenente un consistente nucleo di popolazione, insieme con le comunità adiacenti aventi un elevato grado di integrazione economica e sociale con quel nucleo. Le aree metropolitane possono dunque comprendere diverse città/agglomerati urbani. Concentrarsi sulle aree metropolitane ha senso, perché la maggioranza delle persone e dei posti di lavoro si trova concentrata nelle aree metropolitane (oltre il 50% a livello mondiale, 70% in Europa), ma al di fuori del “centro” propriamente detto.
Definire una metropoli “verde” è un compito più difficile. Molti di noi hanno un senso intuitivo di ciò che definisce una città verde, come Portland nell’Oregon, rispetto a centri urbani definiti “grigi”, come Città del Messico.
Oltre ad avere un’aria più pulita le città verdi stimolano anche “comportamenti verdi”, come l'uso del trasporto pubblico, e il loro impatto ambientale è relativamente basso fino, in alcuni casi, ad arrivare vicino allo zero. Può questa definizione di città verde tradursi in indicatori oggettivi della qualità dell'ambiente urbano?
In questo senso esistono diversi tipi di valutazione. Gli ecologisti sottolineano l'importanza del monitoraggio delle dimensioni dell’impronta ecologica di una città. Questo approccio si concentra su quanto le persone consumano e quanta anidride carbonica viene prodotta come sottoprodotto del consumo urbano e della produzione.
Esperti di salute pubblica si concentrano, invece, sulle conseguenze per la salute conseguenti all’esposizione agli inquinanti dell’aria, dell’acqua, e di altri fattori ambientali che favoriscono l’insorgenza di patologie. Sulla base di questo approccio, una città è considerata verde se l'incidenza di malattie legate a problematiche ambientali è relativamente bassa. Infine, molti economisti valutano l'ambiente urbano, esaminando le differenze di prezzi degli immobili nelle diverse città (con diverso grado di “verde”) in un punto nel tempo o per la stessa città nel corso del tempo, secondo un principio prettamente edonista (che parte dall'ipotesi che il prezzo degli immobili risente della presenza o meno di un determinato bene ambientale e si tratta, pertanto, di stabilire l’entità dell’effetto ambiente). In base a questo principio se i prezzi delle case sono molto più alti nella città X (verde) rispetto a Y (grigia), questo suggerisce che la gente preferisce vivere a X in parte per la sua qualità ambientale superiore. Ogni approccio ha i suoi vantaggi e svantaggi. Altrettanto importante, i tre approcci possono portare a conclusioni diverse circa la qualità dell'ambiente urbano. Ad esempio, alcune città vantano bassi livelli di inquinamento locale e un'alta qualità della vita, ma generano livelli relativamente elevati di gas serra.
Sono queste “città verdi”? La risposta a questa domanda dipende da quale priorità si dà alle sfide urbane locali, come lo smog, rispetto alle sfide globali a lungo termine, come i cambiamenti climatici. Questo problema può essere affrontato proponendo la combinazione di indicatori diversi per creare un indice di "città verde". Anche se al momento mancano i dati necessari per la costruzione di tale indice, questo esercizio aiuta a chiarire ciò che intendiamo quando diciamo che una città è “verde”. La mia opinione è che una città verde dovrebbe segnare un punteggio elevato a livello sia locale, sia globale. In altre parole, oltre a godere dei benefici di aria pulita e acqua, i suoi abitanti dovrebbero evitare di imporre le esternalità negative sulle persone che vivono oltre i confini della città.
Per correggere il danno ecologico causato dalla odierna città “grigia”, dobbiamo infatti cambiare le nostre percezioni. È impossibile uscire dalla crisi ecologica urbana con lo stesso tipo di pensiero che l’ha creata. Dobbiamo imparare a pensare “ecologicamente” e imparare a integrare nuovi, e talvolta apparentemente paradossali, modi di pensare e di percepire. Dobbiamo pensare e progettare le città come dei sistemi viventi che consumano, si trasformano e rilasciano materiali ed energia; si sviluppano e si adattano; interagiscono con gli esseri viventi e con altri ecosistemi. Esse devono quindi essere gestite e protette come qualsiasi altro ecosistema. Attraverso il ripensamento della progettazione urbana, dell’architettura e della pianificazione dei trasporti, possiamo trasformare le nostre città e i paesaggi urbani in “ecosistemi urbani”, in prima linea nella mitigazione dei cambiamenti climatici e nell’adattamento agli stessi. Si creano così anche nuove opportunità di lavoro, potenziando il mercato per le nuove tecnologie e l’architettura del paesaggio: una città è, quindi, un ecosistema umano in un paesaggio.
Dal punto di vista della funzione, inoltre, gli ecosistemi forniscono la maggior parte dei beni e dei servizi necessari per la nostra esistenza di base. Questi includono, tra le varie funzioni, la protezione dai raggi ultravioletti, la depurazione delle acque, l'apporto di ossigeno, la protezione dalle inondazioni, e il controllo del clima.
Questi servizi denominati, come detto, “ecosistemici” sono essenziali per la civiltà e sono sempre più messi in pericolo dalle attività umane su larga scala, quali l'espansione urbana, la distruzione delle zone umide, la deforestazione e l'inquinamento. A lungo andare, la società deve chiedersi: come dovremo costruire le città per preservare i servizi ecosistemici? Che aspetto avrebbe la città se la sua struttura fosse in parte una manifestazione di questi processi vitali? A queste domande non è facile dare risposte, anche perché molti di noi, per usare i termini di Wendell Berry (autore del famoso “Manifesto del contadino impazzito”), sono solo dei residenti (abitanti) mentre altri vivono il loro luogo (cittadini). Lo stesso si può dire per le città. La città verde non può rimanere solo un insieme di idee astratte, portatili, stereotipate. La città verde si trova in un luogo particolare, che costituisce il territorio di attività della nostra vita. La sua topografia e le caratteristiche naturali formano potenti contenitori percettivi per la nostra presa di coscienza.
(Da: www.aboutplants.eu)
What is a green city?
We must consider and plan cities as if they are living systems that use, transform, and release materials and energy, that grow and adapt, and that interact with living beings and other ecosystems. They must therefore be managed and protected like any other ecosystem. By rethinking urban design, architecture, and transport planning, we can transform our cities and urban landscapes into “urban ecosystems”, at the forefront of mitigating and adjusting to climate change. In this way, new job opportunities are created, developing the market for new technologies and landscape architecture: a city is, therefore, a human ecosystem in a landscape. Moreover, from a functional point of view, ecosystems supply most of the goods and services needed for our basic existence that, among the various functions, include UV protection, water purification, supplying oxygen, flood protection, and climate control.