La gestione sostenibile delle foreste finalizzata alla conservazione della loro multifunzionalità rappresenta attualmente componente dominante della Strategia Forestale Nazionale (art.6 c.1 d.lgs.3 aprile 2018, n.34) comprendente, tra gli obiettivi più urgenti, anche la riduzione della concentrazione atmosferica di CO2 il gas serra principale responsabile dell’innalzamento globale delle temperature.
La capacità del bosco di immagazzinare carbonio nelle piante e nei suoli per periodi temporali anche molto lunghi, può essere favorita da un'attenta politica di protezione del territorio attraverso efficaci interventi di prevenzione e difesa da fattori antropici devastanti tra i quali i più gravi sono gli incendi boschivi.
Secondo recenti dati NASA, dai primi anni del secolo scorso ad oggi, a causa degli incendi, è stata immessa annualmente una quantità stimata di CO2, tra i 9 ed i 10 miliardi di tonnellate, contro i 15 miliardi di tonnellate immessi dalla combustione di gas e carbone. Più in generale la combustione di biomassa contribuisce per il 40% all'immissione in atmosfera di CO2, contro il 60% causato dalla combustione di combustibili fossili. La biomassa bruciata deriva in gran parte dalle foreste aggredite dal fuoco su notevoli estensioni e con elevata frequenza. Ad esempio gli incendi delle foreste tropicali contribuiscono per 2.5 Gt annue. I valori della CO2 prodotta in prima approssimazione vengono stimati in base al contenuto di C per mc di legno, in particolare un metro cubo di legno secco contiene circa 260 kg di carbonio.
Anche nel nostro Paese il fenomeno degli incendi boschivi ha assunto ormai carattere di vera e propria catastrofe. Dal 1980 ad oggi oltre 100.000 ettari di superficie risultano percorsi annualmente.
Per comprendere meglio la sua magnitudo si evidenzia che solo nel 2021 la superficie totale percorsa è risultata pari a quasi 159.000 ettari (fonte EFFIS – European Forest Fire Information System). Ben 15 sono stati gli incendi avvenuti in Italia lo scorso anno che hanno superato i 1.000 ettari ed il più grande, in Sardegna, ha interessato oltre 13.000 ettari di superficie. E la siccità estrema che stiamo vivendo insieme agli incendi amplifica i problemi di desertificazione che interessano ormai direttamente alcune regioni del Sud Italia come Calabria e Puglia, oltre le grandi Isole, Sardegna e Sicilia.
Secondo le stime di EFFIS nel 2022 in Italia sono stati già colpiti dagli incendi 42.569 ettari e l’estate non è ancora terminata.
I dati forniti dai Vigili del fuoco fino al 21 luglio indicano che
il maggior numero di incendi si registra in Sicilia: 6.534. Le altre regioni maggiormente colpite dagli incendi sono state la Puglia (5.134), il Lazio (4.799), la Calabria (3.195), la Campania (2.730) e la Toscana (1.529). La raccolta sistematica di dati statistici sugli incendi boschivi consente di modellizzare, sotto il profilo spaziale e temporale, gli incendi e fornire indicazioni più precise sulle emissioni gassose ad essi connesse.
In Italia, attualmente, considerando le superfici percorse e le diverse formazioni forestali (tipi forestali) colpite, ivi compresi rimboschimenti e formazioni forestali in rinnovazione, il dato congruo delle emissioni medie annue di CO2 causate da incendi è stimato intorno a 1,58 Mt.
Il complesso delle attività di lotta e di prevenzione degli incendi persegue l’obiettivo primario di una decisa riduzione del loro numero e delle superfici forestali percorse dal fuoco. I loro risultati devono essere oggi valutati sempre di più non solo alla luce del contributo di CO2 risparmiata, ma anche al riguardo degli altri fondamentali aspetti di salvaguardia ecologica, di sicurezza e incolumità pubblica interessati. Per questo la tutela del patrimonio forestale dagli incendi, e non solo, non può prescindere da una più ampia valutazione della sua importanza collettiva, avendo ben chiara l’esigenza di un approccio integrato. L’insieme degli interventi di prevenzione non possono prescindere dall’applicazione della legge quadro sugli incendi boschivi 353/2000, dalla gestione dei territori agro-silvo-pastorali, sempre meno presidiati e per questo sempre più fragili e vulnerabili ai rischi naturali causati dai cambiamenti climatici ma neppure possono interessarsi solo del bene danneggiato risultando fondamentale incidere sulle cause di innesco e su chi cagiona il danno, in ciò a conferma della complessità e dell’assoluta gravità del fenomeno.